LA RIEDUCAZIONE DEVE ESSERE GRADUALE
«Chi soffre di fibromialgia è portato inconsapevolmente ad assumere delle posture antalgiche, che hanno una funzione compensatoria dei disturbi.
Così facendo, però, il corpo si irrigidisce in una corazza muscolare ed è spinto ad adottare certe posture (sempre le stesse) che finiscono per “accorciare” i muscoli ed esasperare, a lungo andare, tensioni e rigidità in un serpente che si morde la coda», spiega il professore.
Se decontrarre dev’essere lo scopo fondamentale, l’obiezione mossa dai pazienti è sempre la stessa: fare sport accentua il dolore. Ed è quindi difficile conciliare l’esigenza di “sciogliere” il corpo con la messa in tensione di muscoli, tendini e legamenti che l’esercizio fisico inevitabilmente comporta.
«L’errore è pretendere tutto e subito. Allenarsi pensando di poter fare le stesse cose e con gli stessi ritmi degli altri», dice Sarzi Puttini. «Invece no, occorre fare dell’attività fisica dolce con incremento graduale di carico, nel senso che il tempo dedicato all’inizio dev’essere brevissimo, due e o tre minuti al massimo.
La volta successiva si imposta il tempo del training in base alla risposta del proprio organismo: il dolore post-esercizio è stato intenso? Allora si prosegue con 2 minuti. Se, invece, è stato sopportabile o si è addirittura avvertito un lieve miglioramento, si può aumentare di 1-2 minuti.
E così, di volta in volta, fino ad arrivare a 30 minuti di esercizio fisico nel giro di 6-9 mesi o anche di più. L’importante è perseverare, se si vuole combattere i dolori cronici, mantenendo lo standard di 3 sessioni settimanali».