È un tema delicato, che coinvolge profondamente la coppia quando, presa la decisione di avere un figlio, lui e lei si trovano a dover affrontare i limiti biologici della fertilità. Ne hanno parlato esperti di tutto il mondo al recente congresso sulla Medicina Riproduttiva svoltosi a Milano, dove si sono ampiamente confrontati, nel panel dei lavori, sull’infertilità maschile.
Aspetto che, spesso, passa in secondo piano rispetto a quella femminile, problematica che raccoglie un’audience più attenta e partecipata, trend topic sui social e nei numerosi forum dedicati, vere e proprie community di donne che condividono terapie e aspettative. Invece è fondamentale che anche gli uomini siano più consapevoli e attenti alla propria salute riproduttiva.
Fin da giovani e in termini preventivi. Anche perché l’incidenza sull’infertilità di coppia è praticamente condivisa. Come sottolinea in questa intervista il professor Giovanni Colpi, specialista in urologia, andrologia ed endocrinologia e attualmente direttore scientifico del centro per la fertilità Procrea, di Lugano (Svizzera). Con la collaborazione della dottoressa Marina Bellavia, ginecologa, direttore sanitario della stessa clinica.
Professor Colpi, ma è vero che si pensa meno che sia “lui” il problema?
Succede spesso, anche nel sentire comune, mentre in realtà la corresponsabilità maschile nell’infertilità di coppia è molto più frequente di quanto si pensi. Secondo l’Oms, le cause sono da attribuire con la stessa quota parte: ne sono responsabili per 1/3 gli uomini, per 1/3 le donne e per il restante 1/3 entrambi. La letteratura scientifica rivede questo dato attribuendo le cause per il 40% all’infertilità femminile, per il 40% a quella maschile, per il 20% a entrambi.
E quali sono le cause “al maschile”?
Nell’uomo le ragioni dell’infertilità, temporanea o permanente, sono relative a disordini ormonali, malattie generali, traumi od ostruzioni delle strutture riproduttive, disfunzioni sessuali e, sempre più spesso, infezioni e processi infiammatori alle vie seminali. Queste ultime rimangono spesso occulte, non individuate. Anche chi soffre di problemi metabolici, come i diabetici e i soggetti in sovrappeso o addirittura obesi, è a rischio di infertilità.
L’eccesso ponderale infatti provoca disturbi ormonali con riduzione del testosterone e aumento degli estrogeni, a danno della spermatogenesi; va considerato anche l’aspetto anatomico: l’obeso ha praticamente i testicoli innicchiati tra il grasso delle cosce e del pube. Ci sono, poi, fattori come per esempio il caldo: molti lavori vengono svolti in ambienti ad alte temperature. Pensiamo a panettieri e pizzaioli, agli chef che lavorano in cucina.
In questo caso, con alcune cautele per proteggere preventivamente i testicoli, si recupera parte della fertilità. Da non sottovalutare anche il fumo e l’abuso di alcool; in questo caso parliamo di un consumo importante, non certo i due bicchieri di vino a pasto. Nella mia esperienza ho dovuto trattare pure pazienti vittime dell’inquinamento ambientale, in particolare provenienti da zone dove lo sversamento di rifiuti tossici ha gravemente compromesso terreni e falde acquifere.
Se ne deduce che la prevenzione è fondamentale...
Certamente e a partire dallo stile di vita. È importante però anche un cambio di mentalità che deve coinvolgere prima di tutto i giovani. La prima visita andrologica e il controllo del liquido seminale andrebbero fatti a partire dai 17 anni, sia per individuare precocemente quelle problematiche, come per esempio il varicocele, che in futuro potrebbero compromettere la fertilità, ma anche per intercettare i soggetti che, probabilmente per ragioni congenite, sono già poco fertili.
I ragazzi non sono abituati all’idea dello screening andrologico e nel delirio di onnipotenza della gioventù molti di loro hanno comportamenti sessuali a rischio, non prendono precauzioni: questo può portare a infezioni delle vie seminali non riconosciute perché asintomatiche e che possono appunto causare serie conseguenze a tutto l’apparato riproduttivo.
Inoltre, si sottovalutano i pericoli per esempio degli sport da contatto: gli organi genitali maschili, a differenza di quelli femminili, sono esposti a possibili traumi. Pensiamo alla classica pallonata sui testicoli. La via seminale, l’epididimo, l’equivalente della tuba nel maschio, è un organo delicatissimo e, quindi, i controlli sono quanto mai necessari.
Un cambio di mentalità che deve riguardare anche chi è in coppia?
Consiglierei al partner all’interno di una coppia che ha un progetto di vita comune, anche se non con l’immediata intenzione di avere figli, di sottoporsi a controlli regolari dall’andrologo e un esame seminale. Secondo le nuove evidenze scientifiche, infatti, questo test è da considerare una sorta di biopsia liquida dello stato di salute maschile; è emerso infatti che i soggetti gravemente dispermici, quindi con una situazione seminale compromessa, pochi spermatozoi e poco mobili, hanno un aumentato rischio per tante altre problematiche metaboliche, cardiovascolari o addirittura neoplastiche.
Generalmente, invece, la salute riproduttiva maschile è meno monitorata rispetto a quella femminile; non solo, anche quando la coppia inizia ad affrontare il percorso di cure per cercare una gravidanza, spesso per l’uomo ci si limita allo spermiogramma, per valutare la qualità degli spermatozoi, il loro numero, la loro forma e motilità, esame che invece dovrebbe essere integrato dai test funzionali.
In primis il test di frammentazione del Dna spermatico. Situato nella testa dello spermatozoo, costituisce la sua integrità genetica: quanto maggiore è il numero di rotture o lesioni del Dna, tanto più difficile sarà ottenere una gravidanza. E qui si ritorna all’importanza della prevenzione e a uno stile di vita corretto, come dicevamo: infezioni e processi infiammatori non opportunamente curati, ma anche fumo, esposizione ad agenti inquinanti ambientali e un’elevata temperatura dei testicoli possono causare la frammentazione. Anche l’età avanzata ha la sua incidenza.
Quindi l’orologio biologico interessa anche lui?
Sì, anche se l’uomo perde fertilità molto più lentamente della donna. L’incidenza dell’età è un fattore che sta emergendo sempre di più oggi rispetto al passato, perché sono aumentate le paternità tardive. E i 40 anni sono il giro di boa. L’età biologica avanzata significa che anche il Dna è invecchiato, la qualità dello sperma peggiora e aumenta il rischio di gravi patologie per il nascituro, come per esempio l’acondroplasia, una forma particolare di nanismo; si ipotizza anche che possa essere causa di disturbi che rientrano nello spettro dell’autismo.
Più l’uomo invecchia maggiore è la probabilità che le vie seminali siano alterate, così come il rischio di avere una percentuale molto elevata di spermatozooi con frammentazione del Dna. Di conseguenza diminuiscono le possibilità di ottenere una gravidanza, sia per mancata fecondazione o successiva abortività. Un altro aspetto molto dibattuto sui social riguarda l’ascolto della coppia...
Il percorso di cure per l’infertilità, e anche questo è un aspetto spesso sottovalutato, apre una fase psicologicamente estremamente difficile per la coppia. Che può durare anche anni e rivelarsi molto travagliato. Dopo un insuccesso, poi, in molti cominciano una sorta di pellegrinaggio tra consulti e visite, stressante e costoso. Mi capita quindi, quando il rapporto medicopaziente evolve in una fase più informale, che le coppie si confidino, riferendo esperienze precedenti in cui è prevalso un approccio asettico, con poco tempo dedicato e limitate spiegazioni.
Invece è importante seguire la coppia con empatia, non solo informandola sull’iter terapeutico e le probabilità di successo, ma anche ascoltandone i dubbi e i timori.
Cure e percorsi personalizzati per la coppia
«Nell’approccio diagnostico e terapeutico è importante una visione a 360 gradi; è fondamentale, quindi, non sottovalutare aspetti della storia personale dei partner, anche non direttamente collegati ai problemi riproduttivi. Non dimentichiamo che gli apparati genitali, femminile e maschile, sono correlati alla corretta funzionalità di altri organi, come per esempio l’intestino. In particolare le disbiosi, cioè le alterazioni della flora batterica, sono la spia di uno stato infiammatorio che altera la qualità degli ovociti e degli spermatozoi», sottolinea la dottoressa Marina Bellavia, ginecologa, direttore sanitario della clinica della fertilità Procrea di Lugano.
«Inoltre, spesso, non ci sono grosse problematiche e quello che serve alla coppia, in realtà, è un percorso personalizzato, che tenga conto della loro storia clinica e di tutti quei piccoli disturbi che, concomitanti, possono poi ostacolare la ricerca della gravidanza. Per esempio nella poliabortività, non va sottovalutata la presenza di intolleranze alimentari, di fattori immunologici o lievi anomalie cardiocircolatorie. Così da arrivare a una diagnosi e a terapie più mirate che risultano, altresì, meglio tollerate ed efficaci».
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