Esami del sangue: la guida completa alle analisi del sangue

Gli esami del sangue servono a monitorare il nostro stato di salute generale e a evitare problemi futuri. Ecco come prepararsi alle analisi e come interpretare i risultati



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Per monitorare il nostro stato di salute o per valutare l’efficacia dei trattamenti medici possiamo contare sui prelievi ematici di controllo, che guidano oltre il 70% delle decisioni cliniche e possono mettere in luce eventuali criticità. Con quale frequenza dobbiamo sopporci alle analisi del sangue, sorta di tagliando generale?


Ogni quanto tempo fare gli esami del sangue

«Non esiste una regola universale, che sia valida per tutti», commenta il dottor Marco Parodi, specialista in Medicina Interna presso Humanitas Medical Care e Humanitas San Pio X di Milano. «Deve essere il medico di fiducia a stabilire le giuste tempistiche, che variano in base alle condizioni cliniche e alla presenza di fattori di rischio».

A grandi linee, potrebbe essere buona regola dare una sbirciatina nel sangue ogni 18-24 mesi sotto i 50 anni, ogni 12-18 mesi sopra quell’età. «Ma questo vale solamente per i soggetti in buona salute, in assenza di patologie conclamate o di particolari fattori di rischio», tiene a precisare l’internista. «In caso contrario, gli screening devono essere più serrati, talvolta a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro».


A che cosa servono le analisi del sangue

Quelli del sangue sono gli esami più diffusi e, mediante un semplice prelievo venoso (solitamente a livello dell’avambraccio), consentono di dosare le principali sostanze che circolano nell’organismo, permettendo di valutare lo stato di salute generale e di verificare se il proprio stile di vita rappresenta un fattore di rischio per numerose malattie.

«Queste analisi di laboratorio sono utili per individuare condizioni pre-patologiche e asintomatiche, aiutando a prevenire problemi in futuro, ma anche per verificare la presenza di carenze nutrizionali, disfunzioni a carico di determinati organi o apparati, infezioni in atto», evidenzia il dottor Parodi. «Ciò significa che anche le “voci” da analizzare devono cambiare in base al singolo paziente: per esempio, è bene che una donna di 45-50 anni in pre o post-menopausa inserisca nel suo elenco i livelli di calcio e vitamina D, mentre un uomo di 50 anni che sia fumatore e abbia familiarità per patologie cardiovascolari dovrà certamente controllare colesterolo e creatinina».


Esami del sangue: la routine classica

Seppure con gli opportuni aggiustamenti individuali, un check-up standard dovrebbe prevedere un emocromo completo e la valutazione del buon funzionamento degli organi indagabili con gli esami ematochimici, per cui fegato e reni, oltre alla tiroide.

«Altrettanto importante è controllare l’assetto lipidico, determinando i valori di colesterolo e trigliceridi, in modo da prevenire le malattie cardiovascolari», suggerisce Parodi. «Non scordiamo la glicemia per monitorare la concentrazione degli zuccheri nel sangue, ma anche calcio e fosforo nelle donne in menopausa come indicatori prognostici di osteoporosi».

Inutile, invece, ricorrere al dosaggio dei cosiddetti marker tumorali: «Dosare queste sostanze è utile solo in fase di follow-up per diagnosticare eventuali recidive in soggetti già colpiti da una certa forma di cancro oppure per monitorare i pazienti con una particolare predisposizione alla malattia, mentre è del tutto vano per prevedere o valutare la presenza di una patologia tumorale nella popolazione generale», tiene a precisare il dottor Parodi.


Analisi del sangue, le precauzioni da adottare

Nei giorni precedenti al prelievo, è bene mantenere la dieta abituale ed evitare brusche variazioni dell’apporto calorico, perché un temporaneo “cambio di rotta” può falsare non soltanto i risultati di laboratorio, ma anche le considerazioni cliniche che ne derivano.

Tra l’altro, molti valori non sono così rapidamente influenzabili in positivo: per esempio, mangiare meno grassi la sera precedente non ha nessun effetto su un’eventuale riduzione dei valori di colesterolemia, che è invece influenzata dalle nostre abitudini alimentari consolidate, oltre che da fattori genetici.

Al contrario, i trigliceridi contenuti nel cibo impiegano circa dodici ore per essere metabolizzati, per cui l’eventuale misurazione risentirà di un pasto importante o troppo ricco di grassi e zuccheri a poca distanza dal prelievo. «Se vogliamo ottenere una fotografia attendibile del nostro stato di salute, i “fioretti” sono inutili, oltre che controproducenti», commenta il dottor Parodi. «L’unica accortezza è presentarsi al prelievo a digiuno da almeno 12 ore: in questo lasso di tempo, è possibile assumere piccole quantità di acqua, evitando invece bevande zuccherate, alcol, tè e caffè».


Ansalisi del sangue: farmaci, sì o no?

Il giorno del prelievo è importante rispettare l’abituale terapia farmacologica. «Molti pazienti, infatti, pensano che il digiuno implichi anche il divieto di assumere medicinali, ma è sbagliato», spiega l’esperto.

Anche antiaggreganti o anticoagulanti non vanno sospesi, ma va segnalata la loro assunzione a chi effettua il prelievo per limitare il rischio di ematoma in sede di puntura, per esempio effettuando una compressione più prolungata dopo l’esame.

Fa eccezione a questa regola solamente il diabete. Come sottolinea uno studio pubblicato nel 2018 sull’International Journal of Endocrinology, assumere i farmaci per il diabete senza mangiare nulla (per osservare il digiuno raccomandato per le analisi del sangue) può causare un evento ipoglicemico – con capogiri, sudorazione, stato confusionale, fino allo svenimento – durante la guida da o verso il laboratorio di analisi, mettendo a rischio la propria e altrui incolumità. La glicemia, quindi, va misurata al mattino, dopo almeno 8 ore di digiuno, senza aver assunto farmaci ipoglicemizzanti e, in particolare, l’insulina.


Esami del sangue, occhio all’esercizio fisico

Pochi sanno che anche l’attività fisica può influenzare alcuni valori ematochimici, per cui nei giorni precedenti al prelievo sarebbe bene evitare gli sforzi troppo intensi e protratti.

«Il principale parametro che può modificarsi a causa di un esercizio fisico vigoroso è la creatinfosfochinasi, abbreviata in Cpk, un enzima presente in vari tessuti e cellule del corpo, specie nelle fibre muscolari, ma anche nel cervello», spiega Parodi. Un suo rialzo nel sangue può essere legato a molteplici cause, come malattie muscolari o infarto del miocardio, oppure può essere secondario alla terapia con statine, i farmaci assunti per abbassare il colesterolo: dunque, affaticare la muscolatura nei giorni precedenti alle analisi può confondere le acque.

«Inoltre, qualora dovessimo svolgere attività fisica in un ambiente caldo oppure d’estate, potremmo alterare il valore dell’ematocrito, l’esame che esprime il rapporto fra la parte liquida del sangue e quella corpuscolata, come piastrine, globuli bianchi e globuli rossi», sottolinea l’internista. «Quando siamo disidratati, il sangue diventa più denso. Ma la maggiore viscosità può essere dovuta anche ad altre cause, come insufficienza renale acuta, patologie polmonari o malattie cardiovascolari». Allo stesso modo, potremmo alterare i valori di sodio e potassio.


Prima degli esami del sangue dobbiamo stare bene

A meno che i prelievi non siano indispensabili per verificare il mantenimento, la riduzione o la comparsa di malattie gravi, è bene rimandare i prelievi ematici in caso di patologie acute, come influenza, febbre alta oppure disturbi gastro-intestinali, come vomito o diarrea, ma anche a seguito di cadute o traumi. «Gli esami di controllo andrebbero fatti in un usuale e tranquillo momento di vita», raccomanda il dottor Parodi.

Un ultimo consiglio va ai fumatori: non bisogna sottovalutare le ripercussioni delle sigarette sui referti finali. Inalare fumo di tabacco produce entro 1-2 ore un incremento delle concentrazioni ematiche di glucosio, adrenalina e noradrenalina, acidi grassi liberi, glicerolo, cortisolo e aldosterone. Inoltre, fa aumentare i globuli bianchi (neutrofili, linfociti e monociti) e i metalli pesanti (piombo, cadmio, rame), mentre fa ridurre le lipoproteine, alcuni enzimi (Ace), alcuni ormoni (prolattina) e le vitamine, come i carotenoidi.


I principali esami del sangue e come interpretarli


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