La sigla PSA identifica l’antigene prostatico specifico, un particolare enzima che viene prodotto dalle cellule della prostata (una ghiandola presente solo negli uomini, posizionata di fronte al retto e grande come una noce) e che serve a fluidificare il liquido seminale. Piccole concentrazioni di questa sostanza sono normalmente presenti nel sangue di tutti gli uomini e si possono valutare tramite un semplice esame del sangue.
«Un eventuale rialzo non è per forza la spia di un tumore, perché può essere correlato anche a condizioni benigne, all’età avanzata o addirittura alla pratica di alcuni sport», spiega il dottor Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e dell’Oncologia Medica Genitourinaria del Dipartimento di Oncologia Medica della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
Quali sono le cause del PSA alto
In condizioni di normalità, il valore del PSA si attesta fra 2 e 4 nanogrammi per millilitro (ng/ml), che tendono ad aumentare con l’età a causa del naturale incremento del volume della prostata, tipico dell’invecchiamento.
«Ciò significa che l’interpretazione di questo valore nei referti di laboratorio va sempre messa in relazione con l’età anagrafica del singolo paziente, ma anche con particolari situazioni di vita», tiene a precisare il dottor Procopio. «Ad esempio, per ridurre il rischio di errore, è bene che gli uomini non si sottopongano alla misurazione del PSA in corso di infezione delle vie urinarie o se hanno svolto nelle 48 ore precedenti al test un’intensa attività fisica, soprattutto ciclismo».
Ma valori sopra la norma possono essere dovuti anche a un’esplorazione rettale eseguita dall’urologo nell’ultima settimana oppure a una biopsia della prostata nelle ultime sei. «Le patologie, invece, che possono giustificare un’alterazione del PSA sono l’ipertrofia prostatica benigna, caratterizzata da un aumento di volume della ghiandola, e il tumore della prostata».
Quando va misurato il PSA
«Il dosaggio del PSA non andrebbe mai fatto a caso, ma solamente dietro precisa richiesta dell’urologo, dell’oncologo o comunque su indicazione del medico», raccomanda il dottor Procopio.
Essendo poco specifico, infatti, questo esame porta spesso a un eccesso di diagnosi, a falsi positivi (oltre che qualche falso negativo) e anche al rischio di “sovra-trattamenti” che potrebbero essere evitati (molti tumori della prostata hanno un andamento clinico molto lento).
«Ecco perché la misurazione dell’antigene prostatico specifico andrebbe sempre preceduta dalla visita medica con l’esplorazione rettale digitale per palpare la prostata e valutarne consistenza, dimensioni ed eventuale presenza di noduli», commenta l’esperto. «Oppure potrebbe essere suggerita dalla presenza di sintomi sospetti, come la difficoltà nell’iniziare a urinare, il frequente o improvviso bisogno di urinare, la difficoltà nello svuotare completamente la vescica, la presenza di sangue nelle urine o la ritenzione acuta di urina, cioè un vero e proprio “blocco” della minzione».
La prostata, infatti, circonda l’uretra (il piccolo canale che convoglia l’urina dalla vescica all’esterno) e per questo motivo, con l’ingrossamento della ghiandola, la minzione può diventare difficoltosa, dolorosa o incompleta.
Cosa fare quando il PSA è alto
Se l’anamnesi del paziente oppure l’esplorazione rettale digitale hanno suggerito l’esame del PSA, che effettivamente risulta poi elevato, le indagini dovrebbero proseguire con un’ecografia prostatica transrettale, eseguita con una sottile sonda a ultrasuoni per visualizzare la ghiandola, e con una risonanza magnetica multiparametrica e un’eventuale biopsia, fatta in anestesia locale, con prelievo di frustoli di tessuto per permettere la diagnosi istologica.
«In base ai risultati di questo iter diagnostico, lo specialista di riferimento trarrà le sue conclusioni e indicherà la soluzione più idonea al problema», chiarisce il dottor Procopio.
Come si cura il PSA alto
L’eventualità più temuta dai pazienti con PSA alto è quella di aver sviluppato un tumore alla prostata, che rappresenta il 20 per cento dei tumori maschili con 41mila nuove diagnosi ogni anno in Italia e oltre due milioni di uomini che ci convivono in Europa.
La probabilità di ammalarsi aumenta con l’età, visto che questa patologia colpisce generalmente gli uomini dopo i 50 anni, mentre altri fattori di rischio sono la familiarità, alcune condizioni genetiche peraltro rare, elevati livelli di androgeni nel sangue, l’obesità, il consumo eccessivo di carni e formaggi.
«Rispetto ad altri tumori solidi, quello alla prostata ha un indice di letalità relativamente basso», evidenzia il dottor Procopio. «Per di più, oggi sono disponibili molti trattamenti, fra cui è possibile scegliere in base alle caratteristiche del paziente e della malattia».
Le soluzioni in caso di tumore alla prostata
In alcuni casi, soprattutto per i pazienti anziani o con altre malattie gravi, si può scegliere di attuare una sorveglianza attiva, che non prevede alcun trattamento fino alla comparsa di sintomi, ma solo controlli frequenti che permettono di monitorare l’evoluzione della malattia.
In altri casi, invece, si può scegliere la chirurgia – effettuata in maniera tradizionale “a cielo aperto”, in laparoscopia oppure in chirurgia robotica – che consente l’asportazione radicale della prostata oppure un trattamento farmacologico.
«Siccome questa ghiandola è molto sensibile all’azione degli ormoni maschili, come il testosterone, oggi sono disponibili farmaci che ne contrastano questa azione a vari livelli, ma è possibile anche adottare una medicina di precisione basata su test genetici per rilevare alcune alterazioni molecolari a cui “mirare” in maniera specifica», riferisce l’esperto.
Un ulteriore approccio innovativo rimane la teranostica, derivata dalle parole terapia e diagnostica, che sfrutta le scansioni PET per identificare dei bersagli e colpirli con degli isotopi radioattivi, ma si può scegliere anche la tradizionale chemioterapia.
PSA, c'è una novità
Fra le ultime novità c’è l’annuncio della rimborsabilità di un nuovo farmaco orale che consente di sopprimere il testosterone in maniera rapida, sostenuta nel tempo e senza flare, cioè senza l’esacerbazione dei sintomi legati al tumore alla prostata – come dolore e disturbi urinari – tipica delle prime settimane di trattamento standard usato per questo tipo di pazienti.
«Si chiama relugolix ed è il primo e unico farmaco di deprivazione androgenica in formulazione orale indicato per i pazienti con carcinoma della prostata ormonosensibile in fase avanzata», conclude il dottor Procopio. «È un trattamento altamente efficace, che garantisce una soppressione maggiore e più duratura nel tempo rispetto alle opzioni terapeutiche standard e maggiormente fruibile perché orale. Caratteristiche che ne faranno l’opzione di scelta per una buona fetta di popolazione di pazienti».
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