I basofili rappresentano la popolazione di globuli bianchi meno numerosa nel sangue e – insieme a neutrofili, monociti, eosinofili e linfociti – difendono l’organismo da cellule o sostanze riconosciute come estranee e, dunque, potenzialmente pericolose per la salute. «Il nome fa riferimento al fatto che i basofili reagiscono ai coloranti basici, usati in laboratorio per l’esame microscopico delle cellule del sangue», spiega il professor Marco De Gobbi, direttore della S.C.D.U. di Medicina interna ad indirizzo ematologico dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano, Torino.
«Nello striscio di sangue periferico, dove un campione ematico viene depositato su un vetrino da microscopio e poi colorato per favorirne la successiva valutazione, i basofili assumono un caratteristico aspetto blu-violaceo quando entrano in contatto con un colorante vegetale basico, come l’ematossilina-eosina».
Che cosa sono i basofili
A differenza di altri globuli bianchi, i basofili non “fagocitano” cellule estranee, ma rilasciano istamina, citochine e altre sostanze chimiche coinvolte nella risposta allergica e immunitaria. «Ciò significa che queste cellule si mettono in moto quando nell’organismo penetra un allergene oppure quando dobbiamo combattere un’infezione, soprattutto di origine parassitaria», evidenzia il professor De Gobbi.
«A pesare sono soprattutto le allergie, perché nella loro membrana i basofili presentano dei recettori per le immunoglobuline di classe E, o IgE, speciali anticorpi implicati nelle reazioni allergiche verso pollini, farmaci, acari della polvere, alimenti, pelo del gatto o qualsiasi altra sostanza che venga scambiata erroneamente per una minaccia».
Come si misurano i basofili
Per quantificare i livelli di basofili nel sangue, è sufficiente un semplice prelievo ematico che non necessita di alcun tipo di preparazione. Generalmente, il loro dosaggio è incluso all’interno dell’emocromo completo con formula leucocitaria, il test del sangue più utile e diffuso: in condizioni di normalità, il livello dei basofili si aggira fra l’1% e il 3% dei globali bianchi totali, che corrisponde a circa 40-200 basofili in un microlitro di sangue. Siccome però i valori di riferimento possono differire leggermente da un laboratorio all’altro, è sempre consigliabile tenere conto di quelli indicati nel proprio referto.
«Quando viene riscontrato un rialzo, è bene che questo venga confermato sia con un secondo emocromo, condotto a circa 15-20 giorni di distanza dal primo, sia con un esame al microscopio, dove l’incremento di basofili viene “osservato” da un tecnico di laboratorio», specifica il professor De Gobbi.
Perché possono aumentare
Generalmente, il rialzo dei basofili (in gergo medico, basofilia) non nasconde cause preoccupanti quando è isolato, cioè quando gli altri globuli bianchi risultano normali: in questo caso, l’aumento può essere legato a reazioni allergiche o infezioni acute (anche una semplice influenza).
«La basofilia può essere anche la spia di una patologia autoimmune, per esempio a carico della tiroide come la tiroidite di Hashimoto oppure dell’intestino, come la rettocolite ulcerosa o la malattia di Crohn, in cui i basofili aumentano come mediatori dell’infiammazione», aggiunge l’esperto.
Se invece l’aumento è importante e si accompagna all’incremento anche degli altri globuli bianchi, la condizione va indagata con tempestività, perché potrebbe trattarsi di un tumore del sangue. «La forma più comune associata a basofilia è la leucemia mieloide cronica: qui il midollo osseo, la “fabbrica” delle cellule del sangue, aumenta il suo grado di proliferazione e produce più cellule della linea mieloide, di cui fanno parte basofili, eosinofili, neutrofili e monociti», precisa il professor De Gobbi. «Se tutte queste famiglie di globuli bianchi sono alterate, è bene approfondire la causa con nuovi prelievi e un’eventuale valutazione ematologica».
Oltre alla leucemia mieloide cronica, altri tumori del sangue legati ai basofili alti sono la policitemia, la mielofibrosi, la trombocitemia essenziale o le mielodisplasie, dove la conta dei basofili migliora nel momento in cui si tratta la neoplasia specifica. «Esistono infine altre condizioni oncologiche, come le reazioni leucemoidi, dove il midollo osseo mostra lo stesso stimolo di proliferazione tipico della leucemia, ma stavolta la causa è un tumore solido avanzato».
Cosa fare in caso di valori alterati di basofili
Il medico di base o lo specialista ematologo indagano le cause della basofilia partendo da un’attenta anamnesi e visita del paziente, in modo da evidenziare la storia clinica ed eventuali segni, sintomi o episodi recenti che possano giustificare l’aumento dei basofili (allergie, infezioni, malattie autoimmuni, etc). «Di fronte al sospetto di una neoplasia mieloproliferativa, verranno invece prescritti ulteriori esami del sangue e una biopsia del midollo osseo, che consiste nell’analizzare sia il sangue presente nella cavità delle ossa sia la componente non liquida del midollo», conclude il professor De Gobbi.
«In genere, il frammento di tessuto osseo viene prelevato da un osso piatto, come la cresta iliaca posteriore del bacino, da cui si ottengono molte informazioni». Se la diagnosi di tumore ematologico viene confermata, a seconda della patologia verrà stabilita la terapia migliore, oggi sempre più mirata contro il meccanismo molecolare che sta alla base della malattia.
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