L’Alzheimer è la vera sfida della ricerca medica e farmacologica. Di questo disturbo del cervello che frantuma la memoria e le capacità cognitive fino a rendere il paziente incapace di compiere attività molto semplici e che, si stima, potrebbe colpire entro il 2050 ben 150 milioni di persone, si sa molto poco. È difficile da diagnosticare prima che manifesti i sintomi.
L’Associazione Alzheimer e i National Institute of Aging degli Stati Uniti stanno studiando nuove linee guida per la diagnosi di Alzheimer che dovrebbero essere pronte entro l’anno. Si basano su particolari esami del sangue, cioè i biomarcatori plasmatici. Questo tipo di test misura i livelli anomali delle proteine beta amiloide nel sangue, segnale caratteristico dell’Alzheimer.
Clifford Jack, neuroradiologo alla Mayo Clinic di Rochester in Minnesota e coautore di queste linee guida, spiega che i marcatori della malattia neurologica compaiono nel sangue prima che ci siano prove visibili con le scansioni cerebrali e addirittura prima che si presentino i sintomi. Questo renderà possibile capire a che punto si trova un paziente nella progressione di questo disturbo del cervello.
Sulla diagnosi della malattia tramite l'analisi del sangue, si è focalizzato anche una ricerca di un pool di scienziati del Karolinska Institutet, in Svezia, pubblicata sulla rivista Alzheimer's & Dementia.
Dallo studio condotto su 233 volontari, su campioni raccolti tra il 2001 e il 2004, è emerso un legame tra livelli ematici elevati di glicani (strutture costituite da molecole di zucchero) e un rischio maggiore di sviluppare l’Alzheimer.
Come ha spiegato il ricercatore capo Robin Zhou, il monitoraggio ha rilevato che «i livelli ematici di glicani subiscono alterazioni notevoli nel corso della malattia. La combinazione di un test della memoria e un esame del sangue potrebbe pertanto rappresentare una strategia efficace, economica e minimamente invasiva per diagnosticare tempestivamente la condizione, il che aumenterebbe notevolmente l'efficacia dei trattamenti per i pazienti».
Il livello di una certa struttura glicanica nel sangue, denominata N-acetilglucosamina bisecata, può essere utilizzato per prevedere il rischio di sviluppare l’Alzheimer. I glicani, spiegano gli esperti, sono molecole di zucchero che si trovano sulla superficie delle proteine.
I ricercatori sostengono che si potrebbe arrivare con un'affidabilità dell’80% a riconoscere i pazienti a rischio, circa un decennio prima della manifestazione di sintomi.
Al momento i test basati sui sintomi sono efficaci nel determinare quando la memoria e il pensiero di una persona cominciano a vacillare ma non sono altrettanto efficaci nell’aiutare i medici a scoprire la causa di questi disturbi, che possono derivare da un insieme di fattori oltre all’Alzheimer, come carenze vitaminiche e ormonali, piccoli ictus, tumori a infezioni, disturbi correlati al Parkinson.
Ci sono alcuni fattori di rischio Alzheimer sui quali ognuno di noi può intervenire, quali l’ipertensione, l’ipoacusia non curata, il fumo anche passivo, la sedentarietà, l’obesità, il diabete, il consumo di alcol, i traumi cerebrali.
25 ottobre 2023
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