Per la prima volta in Italia, all’ospedale di Grosseto, è stato effettuato un intervento di riparazione robotica per due voluminose ernie della parete addominale che affliggevano una paziente.
Si tratta di un approccio all’avanguardia, destinato a diffondersi per i casi molto complessi. Ma ci sono buone notizie anche per le ernie addominali più frequenti, che possono essere risolte velocemente e con successo, con tecniche operatorie sempre più mirate.
Niente punti di sutura
«L’ernia è un tratto intestinale che fuoriesce dalla sua sede», spiega il dottor Ugo Elmore, responsabile dell’Unità funzionale di chirurgia mini-invasiva e colorettale dell’Ospedale S. Raffaele di Milano.
«A fare da via di fuga involontaria è la porta erniaria, un foro che ne consente la discesa in uno dei canali presenti nell’addome (inguinale, crurale o ombelicale), alla fine dei quali affiora questa sorta di sacchetto. La chirurgia provvede a riposizionarlo nella sua sede naturale e a riparare “il buco”», continua l’esperto.
Merito di speciali protesi, oggi altamente tecnologiche: «Sono reti contenitive in materiali biocompatibili e riassorbibili in modo totale o parziale. Simili a nastri di velcro, si fissano automaticamente senza punti di sutura, come invece succedeva in passato. Queste protesi “intelligenti” si integrano con i tessuti, dando resistenza alla parete addominale ed evitando nuove “discese”», specifica il chirurgo. I vantaggi: rischi di recidive inferiori al 3% e nessun pericolo di dolori post operatori legati a una trazione delle fasce muscolari indotta dai punti.
Ci sono due tipi di operazione
Le protesi moderne hanno dalla loro procedure chirurgiche sempre più su misura, indicate per il trattamento delle ernie inguinali crurali monolaterali e per quelle ombelicali: «L’intervento dura 40-45 minuti. Dopo un’anestesia locale o una blanda sedazione, il chirurgo pratica una incisione di pochi centimetri sull’addome, riporta manualmente il viscere fuoriuscito nella sua sede e poi inserisce la protesi, chiudendo la porta erniaria», spiega l’esperto.
In caso di ernia inguinale (la più frequente fra quelle addominali) bilaterale o recidiva, lo specialista utilizza la chirurgia mininvasiva: «In anestesia generale, vengono praticati 3 piccoli fori sull’addome del paziente attraverso i quali si inserisce una sonda munita di una piccola telecamera, che visualizza il campo operatorio, e ministrumenti chirurgici necessari per riportare il viscere in sede e fissare la protesi. Durata dell’operazione: da 60 a 90 minuti».
Si torna alla vita normale dopo una settimana
Tutti i tipi di intervento, eseguiti nei centri di riferimento altamente specializzati, possono essere effettuati in regime di day surgery con dimissione che avviene in giornata, senza ricovero post operatorio.
I tempi di recupero: «La convalescenza dura 4-5 giorni, durante i quali si possono riprendere le normali attività quotidiane, evitando però sforzi fisici», raccomanda Elmore. «Dopo una settimana è possibile tornare a guidare l’auto e riprendere il lavoro, mentre per le attività fisiche più intensa occorre aspettare 2-3 settimane».
L’unica cura è il bisturi
«Una volta che si è formata, l’ernia addominale non è destinata a risolversi da sola, né a essere “riassorbita”», avverte il dottor Ugo Elmore. Può invece complicarsi: la porta erniaria non ne permette la risalita verso l’alto e la intrappola, come un cappio.
Di conseguenza, l’ernia si strozza, va in necrosi e si trasforma in un’urgenza chirurgica. «Proprio per questo, visto che l’unica cura è il bisturi, meglio programmare per tempo l’intervento», conclude l’esperto.
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Articolo pubblicato nel n° 11 di Starbene in edicola dal 26 febbraio 2019