Ernia: come fare la diagnosi e quando operarsi

È una iattura che colpisce la maggior parte degli italiani. Ma per fortuna, in almeno 7 casi su 10, l’ernia si risolve senza doversi operare. Ce ne parla il chirurgo ortopedico, che spiega come si fa la diagnosi e cosa fare



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Un disco rigato suona male. Ecco: nel caso di un’ernia del disco è come se si fosse creato una sorta di bozzo fra un solco e l’altro del vostro vinile preferito (sono tornati di moda) o, se preferite, una sgradevole interruzione digitale della vostra playlist favorita. «L’ernia si manifesta perché comprime e irrita il nervo o il midollo», spiega Gianmarco Regazzola, chirurgo ortopedico a Brescia e consulente presso l’ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda. «Per fortuna il 70% di queste condizioni guarisce senza arrivare in sala operatoria ma si può recuperare con le terapie, cambiando stile di vita e con la fisioterapia». A lui abbiamo fatto alcune domande.


Come facciamo ad accorgerci di avere un’ernia?

All’inizio perché iniziamo a percepire di aver perso un po’ di sensibilità agli arti superiori, nel caso l’ernia discale sia cervicale. Se invece l'ernia è lombare, ecco arrivare la famigerata “sciatica”, che in realtà si definisce come lombosciatalgia, con il dolore più o meno intenso che nasce alla base della schiena e si irradia lungo la gamba fino al piede. Se l’ernia schiaccia il midollo in modo importante, possiamo arrivare a camminare male (la tipica sensazione di formicolio ai piedi) o a muovere il braccio o la mano in modo anomalo. A volte l’estremità trema e diventa incapace di reggere un bicchiere pieno a lungo. C’è poi il dolore con la sensazione di caldo, di bruciore. Le ernie sono davvero “antipatiche”: a mano a mano che diventano più invasive è il dolore a fare la parte del leone fra i vari sintomi.


Questo però non vuol dire che dobbiamo correre a farci operare...

Proprio no. Nella maggioranza dei casi per fortuna non serve. Si opera quando proprio non c’è alternativa e il dolore, insieme ai problemi di movimento, sono diventati gravi. Il tempo e la sintomatologia danno indicazioni chiare: se dopo i cicli di trattamenti necessari e corretti, il male e i deficit sensoriali e motori non migliorano o addirittura aumentano il bisturi va preso in considerazione.


Capita di confondere un’ernia cervicale con il diffuso tunnel carpale?

Capitano spesso delle sovrapposizioni e cioè il paziente accusa una radiculopatia periferica, di solito del nervo mediano che scorre fino alla mano, che è simile ai sintomi dell’ernia cervicale. Però la sindrome del tunnel carpale, essendo periferica, interessa solo una parte delle dita di una mano, le prime tre di solito. Se invece il formicolio e il disagio scorrono fino alla spalla, il sospetto di qualcosa sulla colonna cervicale è fondato.


Qual è la situazione peggiore?

Fra le situazioni acute la sindrome della cauda (da “coda di cavallo”: la parestesia è all’altezza del cavallo dei pantaloni), che avviene quando un’ernia comprime talmente tanto le radici nervose o il midollo da interferire addirittura con la muscolatura degli arti, in certi casi con la perdita del controllo della diuresi e degli sfinteri, quindi provocando anche l’incontinenza. In queste situazioni l’indicazione non può essere che chirurgica ma, per fortuna, si ha in una minoranza di casi.


Quali sono invece le ernie che guariscono meglio? E come?

Quelle cervicali, che guariscono bene e completamente nella maggioranza dei casi (70-80% dei casi), senza strascichi, molte spontaneamente. Però più siamo in alto come localizzazione del problema, più la situazione è delicata da gestire. Le ernie lombari sono più frequenti ma anche più portate a interessare i nervi, e la percentuale che guarisce senza bisturi scende sotto il 70% circa.


In che cosa consiste la terapia più utilizzata in questi casi?

Innanzitutto prevede l’uso di antinfiammatori della classe dei Fans abbinati ad antidolorifici quali il paracetamolo, la codeina e altri farmaci analgesici. Si può utilizzare del cortisone a dosaggi iniziali elevati e poi a scalare, per cercare di disinfiammare la radice nervosa. Questa è la prima fase, quella dove spesso si deve intervenire in situazione acuta e molto dolorosa. Si fa poi una rivalutazione con gli esami (leggi più avanti) e si continua con la cura, che a questo punto deve comprendere la fisiokinesiterapia, ma anche l’osteopatia può rivelarsi molto utile a corredo della terapia farmacologica. Di solito, bastano queste strategie per superare il problema. Se invece la situazione non migliora ancora, si possono fare delle infiltrazioni locali di corticosteroidi sotto guida radiografica (la precisone è fondamentale in queste zone così delicate).


È rischioso “tirare avanti” con gli antidolorifici? E basta in questi casi?

Il rischio c’è, perché la cronicizzazione è nella natura delle compressioni nervose di questo tipo, prima a livello sensitivo (formicolii, mancanza di sensibilità a mani e piedi), poi a livello motorio. Non bisogna perdere tempo, aspettando che il dolore diventi importante o provando a gestirlo con i soli farmaci antinfiammatori e analgesici spesso in una sorta di fai da te, che fra l’altro espone a un'assuefazione da medicinale pericolosa. Ed è un peccato perché mentre la maggior parte delle ernie, se curate bene, guarisce senza lasciare strascichi, in questi casi trascurati si arriva a una degenerazione del nervo irrecuperabile, con persone che ormai camminano male. Bisogna andare subito dall’ortopedico.


Le ernie trascurate possono incidere anche sulla postura?

Sì, perché come in certi traumi gestiti male o autonomamente (è un atteggiamento molto più diffuso di quello che crediamo il fai-da-te per i “dolori” articolari e simili), si adottano delle posture “difensive” scorrette, che vanno rimesse in riga dal fisioterapista il prima possibile. La contrattura antalgica muscolare può poi alterare la funzionalità di altri muscoli anche non direttamente coinvolti dall’ernia. Ci sono casi in cui il dolore coinvolge le anche o le ginocchia, e magari si irradia alle scapole. Sarà il fisioterapista o l’osteopata a riorganizzare, rieducandolo, l’equilibrio osseo e muscolare, ma bisogna agire in fretta, il prima possibile.


Esistono delle categorie di persone a rischio ernia?

Sì, le persone di tutte le età e di entrambi i sessi che fanno lavori manuali pesanti per primi, chi solleva pesi o, per gli arti superiori, chi utilizza strumenti che vibrano, ma anche chi sta molto seduto comprimendo la colonna è a rischio più degli altri. Gli ex agonisti che hanno praticato sport ad alto impatto sono un’altra categoria con problemi. In queste fasce di popolazione, salvo i casi acuti, molte ernie purtroppo vengono portate all’attenzione dello specialista solo dopo i sessant’anni.


In caso di chirurgia, qual è la tecnica migliore?

Negli ultimi anni ci sono stati buoni progressi. Le tipologie sono due. Per l’ernia cervicale si passa dal collo, con un taglio nella parte anteriore per poi asportare l’ernia o il disco, proteggendo la parte con delle viti o delle gabbie. Oppure, se è solo la radice nervosa a essere compressa ci si può limitare ad allargare il canale dove passa il nervo. L’ernia lombare si opera con tecniche mininvasive o per via endoscopica, sotto controllo radiografico. La degenza è di qualche giorno e ci si alza subito. In due settimane si torna all’attività normale se l’ernia era lombare; se è cervicale ci voglio circa tre mesi.



QUALI SONO GLI ESAMI NECESSARI

È fondamentale la precisione nell’individuare il punto esatto dove si trova l’ernia discale. «È imprescindibile, altrimenti si rischia di mandare all’aria tutta l’efficacia della terapia o peggio», sottolinea il dottor Regazzola. «Gli esami necessari sono la radiografia della parte interessata dall’ernia, la risonanza magnetica e l’elettromiografia, l’esame che permette di studiare la funzionalità dei nervi e dei muscoli, soprattutto se si sospetta la presenza di altre patologie dalla sintomatologia simile a quella dell’ernia discale (in particolare in caso di alterazione della percezione della sensibilità, la cosiddetta parestesia), lo abbiamo visto parlando del diffuso tunnel carpale. Eventualmente si può aggiungere la Tac per fare delle valutazioni più approfondite non soltanto della parte dell’ernia ma anche delle componenti ossee, se si sospetta che associate all’ernia ci possano essere della altre malattie del rachide (l’insieme delle vertebre)».


QUANDO È NECESSARIO OPERARSI

«In tutti quei casi in cui la sintomatologia è così grave da compromettere in modo importante la sensibilità agli arti e la mobilità della persona», avverte il dottor Gianmarco Regazzola. «Anche il fattore tempo è fondamentale. Un’ernia trascurata da molto avrà meno possibilità di essere recuperata bene e senza strascichi, anche con il bisturi. E poi in questi casi esiste un rischio recidive. Infine, si opera se le cure conservative a base di farmaci e fisioterapia non portano alla risoluzione del problema, che rimane invalidante. La letteratura scientifica dice che per l’ernia lombare il miglioramento si deve vedere entro le 6 settimane, mentre nel caso di ernia cervicale occorrono dai 3 ai 6 mesi».


Ecco alcuni consigli utili per prevenire l'ernia:



Evita sempre gli sforzi

Attenzione anche a quelli apparentemente possibili (perché in quel frangente non hai dolore), come spostare cartoni o sacchetti della spesa.

Rimetti in linea la postura

La fisioterapia prevede un riassetto della postura e un rafforzamento muscolare con esercizi di neurodinamica (movimenti che hanno effetti sui nervi).

Fai sport leggeri

L’obiettivo è ridurre l'effetto compressivo dei dischi, quindi sì al nuoto, alla ginnastica dolce e camminare. No alla bici e a sport con impatto sulla schiena.

Smetti di fumare

Altera il microcircolo dei dischi vertebrali.


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