È considerata la forma più grave di mal di testa, talmente dolorosa che i vecchi libri di medicina la definivano “cefalea da suicidio”. La cefalea a grappolo è caratterizzata da attacchi violentissimi e di breve durata, che di solito interessano un solo lato del capo, in particolare intorno all’occhio con irradiazione alla tempia.
«La parola “grappolo” si riferisce al fatto che generalmente gli attacchi si raggruppano in un certo periodo dell’anno e durano settimane, per poi sparire fino alla riattivazione successiva», spiega la professoressa Simona Sacco, direttore della Clinica neurologica dell’Università degli studi dell’Aquila. «Il lato della testa interessato è sempre lo stesso, non c’è alternanza fra i due, e la manifestazione può essere episodica oppure cronica: nel primo caso, il più frequente, gli attacchi si concentrano in particolari periodi dell’anno con periodi di remissione talvolta molto lunghi, mentre nella forma cronica sono sostanzialmente continui oppure hanno un periodo di remissione inferiore a un mese».
Che cos’è la cefalea a grappolo
Quello indotto dalla cefalea a grappolo è uno dei dolori più intensi che l’uomo possa provare in natura: «Dai soggetti che ne soffrono viene descritto come un’esperienza insopportabile, lancinante, che talvolta può far perdere il controllo e portare a compiere gesti estremi», ammette l’esperta. Le conseguenze di questa malattia sono anche sociali: soprattutto le persone con problema cronico possono perdere il lavoro, soffrono spesso di disturbi psichici, hanno una scarsa qualità della vita e sovente arrivano a divorziare oppure ad avere problemi relazionali. Per fortuna non è una malattia frequente, perché la cefalea a grappolo interessa 180 mila italiani rispetto ai 7 milioni colpiti dalla più comune emicrania, e tipicamente insorge tra i 20 e i 30 anni, con netta prevalenza nel genere maschile in un rapporto di circa 3 a 1 rispetto alle donne.
Quali sono i sintomi
Normalmente gli attacchi si ripresentano sempre negli stessi orari (tipicamente nel cuore della notte, ma anche al risveglio, dopo pranzo o dopo cena) e, insieme al dolore, sono caratterizzati dalla presenza – sullo stesso lato della testa – di altri sintomi, detti disautonomici (cioè del sistema nervoso autonomo): l’occhio si arrossa e lacrima, il naso è chiuso o cola, c’è una sudorazione profusa di viso e fronte, la pupilla diminuisce il suo diametro, si prova agitazione fisica e si ha difficoltà a stare fermi. «Quest’ultimo punto rappresenta una delle principali differenze con l’emicrania, dove in genere il soggetto colpito vuole stare in un ambiente tranquillo: al contrario, chi manifesta cefalea a grappolo è irrequieto, passeggia avanti e indietro, mette in atto manovre per attenuare il dolore ed è incapace di trarre giovamento dal riposo a letto».
Quanto dura un attacco
La durata degli attacchi è generalmente breve, da quindici minuti fino a due ore, e può ripresentarsi più volte nel corso della stessa giornata. La particolarità è che questi episodi si ripetono sempre alla stessa ora e sempre nello stesso periodo dell’anno: «Il motivo sta nel fatto che la cefalea a grappolo è legata a una disfunzione dell’ipotalamo, una zona del cervello che funziona come una “torre dell’orologio”, dettando il ritmo alle cellule di tutto l’organismo: è grazie a quest’area cerebrale che avvertiamo fame, sonno e altri stimoli fisiologici sempre allo stesso orario, in base a precisi ritmi interni. La disfunzione di quest'orologio spiega la natura ricorrente e ciclica della cefalea a grappolo», spiega la professoressa Sacco. «Tra l’altro, il fatto di essere prevedibili rende questi attacchi angoscianti già nelle ore precedenti, perché le persone cadono in uno stato di terrore e ansia anticipatoria, davvero invalidanti».
Da che cosa è provocata
Anche se le cause non sono ancora del tutto chiare, alla base del disturbo c’è senza dubbio una predisposizione genetica: qualcun altro in famiglia soffre di cefalea, non necessariamente a grappolo, da cui si eredita una suscettibilità al problema. «In chi presenta questa predisposizione, alcuni fattori possono scatenare gli attacchi: i principali sono il consumo di bevande alcoliche, il fumo di sigaretta, un intenso stress emotivo ed eventuali traumi cranici», avverte la professoressa Sacco.
Perché peggiora durante i cambi di stagione
Il cambio di stagione è uno dei periodi più critici per chi soffre di cefalea a grappolo, perché l’ipotalamo può risentire delle variazioni nelle ore di luce e di buio, comportando un calo nella produzione della melatonina e un aumento del cortisolo. «Ma non si tratta di regole fisse, perché questa forma di cefalea può manifestarsi in qualunque periodo dell’anno, secondo una schema molto individuale», ricorda l’esperta.
Quali sono le cure disponibili
Dalla cefalea a grappolo non si può guarire, per cui non si può azzerare del tutto il rischio di andare incontro a nuovi attacchi. In compenso, esistono alcune terapie sintomatiche, capaci di estinguere il singolo episodio doloroso: «Il farmaco più efficace è il sumatriptan, da somministrare con un’iniezione sottocutanea, che in pochi minuti fa svanire il dolore. Fa parte dei triptani, una classe di farmaci impiegata per trattare anche l’emicrania».
Esiste poi una terapia di transizione, che di norma è a base di cortisonici e cerca di prevenire gli episodi dolorosi. Il verapamil, un farmaco impiegato normalmente per curare ipertensione, alcune forme di aritmia cardiaca e altri disturbi del cuore, è la principale terapia preventiva che aiuta a mantenersi liberi da episodi dolorosi. «C’è grande attesa, inoltre ,per i cosiddetti inibitori del CGRP, anticorpi monoclonali in grado di bloccare l’azione di uno dei mediatori chimici del dolore: fino a ora gli studi clinici non hanno indicato in modo chiaro possibili vantaggi derivanti dall’utilizzo di questi farmaci, che quindi in Europa non sono autorizzati per questa patologia. Ci sono però sperimentazioni in corso, di cui si attendono i risultati».
Cosa fare per alleviare il dolore
L’unico modo per estinguere il dolore è utilizzare i farmaci indicati dallo specialista. Talvolta, può essere utile respirare dell’ossigeno puro, per cui se ne può tenere a casa una bombola dotata di maschera facciale per coprire naso e bocca: «Ma deve essere sempre il medico a indicare le modalità precise da seguire, perché anche l’ossigenoterapia non è priva di complicazioni ed effetti collaterali se praticata senza i giusti criteri».
Quando preoccuparsi
Quando esordisce un dolore così intenso, è subito bene rivolgersi al medico di base, che saprà indicare il centro cefalee o lo specialista più idoneo per trattare il problema: «Una visita ed eventuali accertamenti possono porre anche una diagnosi differenziale», conclude l’esperta, «perché lo stesso dolore lancinante potrebbe nascondere altre patologie cerebrali, molto pericolose, come un aneurisma ad esempio».
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