di Giulia Ventura
Gustare piatti freschi è un piacere, ma batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche possono guastare la festa al palato. L’echinococcosi cistica e la salmonellosi sono esempi di malattie a trasmissione alimentare, un serio problema di sanità pubblica, dove la contaminazione può verificarsi in qualsiasi punto della filiera: nell’azienda agricola, durante la trasformazione o la preparazione dei prodotti, tra le pareti domestiche.
Proprio l’echinococcosi cistica è una delle tre tematiche (insieme alla salute delle api e ai contaminanti nei prodotti alimentari) a cui è dedicata la campagna #EUChooseSafeFood, lanciata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) con il Ministero della Salute. Per l’iniziativa, che durerà fino a fine settembre, è stato predisposto un sito web dove è possibile trovare consigli, brevi video e contenuti, anche da condividere sui social per spargere attivamente la voce.
Cos’è l’echinococcosi cistica
L’echinococcosi cistica è una zoonosi, cioè una malattia trasmessa dagli animali all’uomo, causata dall’Echinococcus granulosus, un verme piatto appartenente alla famiglia delle tenie. Rientra nel novero delle cosiddette “malattie tropicali neglette”, perché sottovalutate in termini di investimenti e trascurate dalla ricerca sanitaria e dalla sanità pubblica.
Questa patologia è stata prioritizzata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) a causa del suo impatto sulla salute globale. «I carnivori domestici e selvatici, principalmente cani, sono gli ospiti definitivi del parassita, ovvero gli unici in cui l’Echinococcus granulosus riesce a svilupparsi fino alla forma adulta e riprodursi», spiega la dottoressa Giovanna Masala, dirigente veterinario presso il Centro di Referenza Nazionale per l’echinococcosi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna.
«I cosiddetti ospiti intermedi, di cui fanno parte l’uomo e gli animali da allevamento, in particolare gli ovini, possono infettarsi ingerendo le uova rilasciate nell’ambiente dall’ospite definitivo con le feci».
Quali sono le cause dell'echinococcosi cistica
Nell’uomo l’infezione avviene tramite le piccole uova del parassita (30 micron di diametro, cioè 0,03 millimetri) che, una volta ingerite, si sviluppano formando delle cisti che possono localizzarsi e crescere lentamente nel corpo, senza un esordio acuto dell’infezione.
«Un recente studio condotto in Europa ha identificato circa 65mila infezioni umane negli ultimi 25 anni, di cui 15mila casi sono stati registrati in Italia e hanno generato 25mila ospedalizzazioni», riferisce la dottoressa Masala. «La stretta convivenza tra cane e ovini rappresenta il più importante fattore di mantenimento del ciclo. Non a caso, è ampiamente diffusa in tutto il mondo con particolare riferimento ai Paesi dove la pastorizia ha un carattere estensivo».
Quali sono i cibi più “critici”
Disperse nell’ambiente, le uova di echinococco possono contaminare la frutta e la verdura coltivate a terra, così come l’erba di cui si nutrono gli animali domestici.
«Di conseguenza, i cibi più critici sono le verdure crude a foglia larga non ben lavate e coltivate in orti dove i cani, potenziali eliminatori, possono avere libero accesso», evidenzia l’esperta.
Quali sono i sintomi dell'echinococcosi cistica
Una volta ingerite, le uova si schiudono nell’intestino e le larve, tramite il circolo ematico, raggiungono gli organi bersaglio, dove si sviluppano grandi cisti parassitarie. Questo accade soprattutto a livello di fegato e polmoni, ma talvolta anche di cervello, ossa, cuore, milza e pancreas.
«Lo sviluppo della cisti è lento, in media 2 millimetri al mese, ma può raggiungere dimensioni cospicue fino a 10 centimetri. Durante la fase di latenza, il paziente può non avvertire alcun sintomo, sino a quando il volume della cisti aumenta tanto da comprimere gli organi e i tessuti adiacenti», descrive la dottoressa Masala.
«A quel punto, la natura e l’intensità delle manifestazioni cliniche dipendono dal numero delle cisti, dalle loro dimensioni, dall’organo interessato e dall’azione compressiva locale. Per esempio, le cisti epatiche possono causare una sintomatologia dolorosa o un senso di pesantezza nel quadrante superiore destro dell’addome. Nel caso poi in cui comprimano le vie biliari, si può verificare una sindrome ostruttiva con colestasi e ittero».
Le cisti polmonari, invece, possono essere caratterizzate da tosse stizzosa, dispnea o dolore toracico, mentre la localizzazione ossea può causare fratture spontanee. «Inoltre, c’è la possibilità che si verifichino lesioni sulla parete cistica, spontanee o per traumi, con la fuoriuscita di liquido che può causare manifestazioni di tipo allergico: orticaria, prurito o dispnea. Ma il pericolo principale sta nell’ipotetica rottura delle cisti, contenenti milioni di protoscolici, microrganismi deputati a diventare vermi adulti nei cani: questo può condurre a un’echinococcosi secondaria, cioè alla formazione di nuove cisti in altri organi, o raramente causare la morte per shock anafilattico».
Come si arriva alla diagnosi
Nella maggior parte dei casi, la diagnosi di echinococcosi cistica avviene in maniera casuale, durante un’ecografia dell’addome eseguita per altri scopi; altre volte, invece, l’iter diagnostico viene avviato per indagare sintomi generici, come un dolore localizzato, dovuto all’effetto massa causato dalla crescita delle cisti.
«In generale, la diagnosi si basa principalmente su tecniche per immagini, ovvero ecografia dell’addome, tomografia assiale computerizzata e risonanza magnetica, ma tiene conto anche di un’attenta anamnesi del paziente per avvalersi di alcuni dati epidemiologici: rischio lavorativo, contatto con cani ed esposizione ad ambienti potenzialmente contaminati da uova di echinococco», elenca la dottoressa Masala.
Come si cura l'echinococcosi cistica
Una volta arrivati alla diagnosi, l’Organizzazione mondiale della sanità indica diverse opzioni di trattamento. «La terapia farmacologica, da sola o in associazione con altre tecniche, si basa sulla somministrazione di benzimidazolici, fra cui il più utilizzato è l’albendazolo: questi farmaci sono capaci di agire come parassitostatici, cioè impediscono la progressione dell’echinococco», descrive l’esperta.
«Lo specialista può proporre anche moderne tecniche percutanee, eseguite in ambiente ospedaliero da un radiologo sotto controllo ecografico: questa soluzione consente di “pungere” le cisti, aspirarne il liquido e poi iniettare al loro interno una sostanza attiva nei confronti del parassita, che viene poi riaspirata».
In alcuni casi, è necessario ricorrere alla terapia chirurgica, consigliata per le cisti di grosse dimensioni, oppure si può optare per la verifica frequente dell’evoluzione della cisti mediante esami di laboratorio ed ecografie di controllo (“watch and wait”).
Come difenderci
Per prevenire l’echinococcosi cistica è bene focalizzare l’attenzione sulle azioni di igiene giornaliera, come il lavaggio della frutta e della verdura da consumare crude o il lavaggio delle mani.
«Quest’ultima è un’azione non sempre scontata, perché viene eseguita spesso in maniera frettolosa e non sempre prima del pasto o di una merenda, in particolare durante una gita in campagna o di una visita in fattoria didattica, durante la quale magari si è svolta attività nell’orto o si è venuti a contatto con dei cani di cui non si conosce lo stato sanitario», avverte la dottoressa Masala. «A casa, invece, recintiamo gli orti per evitare l’accesso ai cani vaganti e laviamo accuratamente frutta e verdura prima del consumo».
agosto 2023