Neutrofili, linfociti, monociti, eosinofili e basofili. Basta controllare gli ultimi esami del sangue per imbatterci in questi termini complicati, che indicano cinque diverse tipologie di globuli bianchi (o leucociti), cellule del sistema immunitario che ci difendono da infezioni di varia natura.
«In particolare, gli eosinofili rappresentano la minoranza di questo esercito specializzato: solitamente non superano il 5 per cento di tutti i globuli bianchi, per lo meno in condizioni di normalità», tiene a precisare la dottoressa Mona-Rita Yacoub, responsabile dell’Area Allergologica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
«La loro funzione primordiale è quella di proteggerci dalle infezioni parassitarie, come i vermi intestinali. Non a caso, in zone del mondo come Africa, America meridionale ed Estremo Oriente, dove le infezioni parassitarie sono più diffuse, la popolazione locale presenta costituzionalmente maggiori livelli di eosinofili rispetto ai nostri».
Come leggere i valori
Nell’emocromo il valore degli eosinofili si può verificare nella cosiddetta formula leucocitaria, dove i vari tipi di globuli bianchi vengono espressi in una quota percentuale.
«Si parla di eosinofilia quando gli eosinofili superano le 500 cellule per microlitro di sangue e di ipereosinofilia quando superano le 1500 cellule per microlitro. Un rialzo del numero assoluto di eosinofili è significativo quando il numero totale dei globuli bianchi risulta normale; se invece questo valore è aumentato nel complesso, ad esempio per un’infezione in corso, bisognerà guardare entrambi, cioè percentuale e numero assoluto, per regolarsi meglio», spiega la dottoressa Yacoub.
Le cause di eosinofilia
Perché gli eosinofili possono risultare più alti, magari in assenza di un’infezione parassitaria? «Quando il rialzo è lieve, cioè si riscontrano da 500 a 1500 eosinofili per microlitro di sangue, le cause più comuni sono le cosiddette forme reattive come l’asma, la rinosinusite cronica con poliposi nasale e le malattie su base atopica, come la rinite o la dermatite atopica, ma anche le reazioni da ipersensibilità ad alcuni farmaci», descrive l’esperta. «Infatti, se è vero che questi leucociti sono nati per combattere i parassiti, nel tempo hanno “imparato” a intervenire anche nei confronti di altri agenti esterni riconosciuti come nocivi, come allergeni, agenti irritanti o virus, contro i quali gli eosinofili attivano una risposta infiammatoria».
Ecco perché, riscontrando un rialzo degli eosinofili nel sangue, il medico deve innanzitutto capire se il paziente presenta dei sintomi respiratori, come naso chiuso o che cola, starnuti, mancanza di respiro, tosse o senso di oppressione al petto, oppure se nelle ultime settimane ha iniziato un nuovo trattamento farmacologico.
«A tal proposito, esiste una forma rara di allergia ai farmaci particolarmente grave, la Drug Reaction with Eosinophilia and Systemic Symptoms, abbreviata in DRESS, caratterizzata da eosinofilia, rash cutaneo, linfoadenopatie, febbre e coinvolgimento multi-organo, per cui possono comparire segni di coinvolgimento epatico, renale, cardiaco, polmonare e pancreatico», spiega l’esperta.
Infine, l’eosinofilia è tipica anche della dermatite atopica, per cui è sempre indispensabile un ulteriore sguardo alla pelle. «La diagnosi precoce della DRESS è essenziale per impostare terapie precoci ed evitare danni d’organo irreversibili».
Le cause di ipereosinofilia
Quando gli eosinofili arrivano a superare i 1.500 per microlitro di sangue, è innanzitutto importante escludere che si tratti di una malattia clonale ematologica, nella quale un’anomalia genetica causa la proliferazione di un clone di eosinofili, alterati nella forma e nella funzionalità. Esclusa tale ipotesi, qualora si identifichi un tessuto infiltrato dagli eosinofili (cute, polmone, apparato gastrointestinale, cuore), si parla di sindrome ipereosinofila, che va indagata con grande attenzione e con un approccio multidisciplinare.
«In generale, gli eosinofili vengono richiamati a livello tessutale per limitare il danno indotto da alcuni agenti», racconta la dottoressa Yacoub. «Durante questa battaglia, però, anche gli eosinofili producono delle sostanze pro-infiammatorie, che a loro volta possono creare un danno ai tessuti: in altre parole, arrivano in loco per uno scopo benefico, ma finiscono per amplificare i problemi».
In particolare, nella sindrome ipereosinofila si rischiano danni d’organo anche importanti, se gli eosinofili permangono in quei tessuti per troppo tempo. «Oltre al tratto gastrointestinale, le localizzazioni più frequenti sono apparato respiratorio, cuore e cute», riferisce l’esperta. Ad accendere il sospetto, quindi, devono essere sintomi o segni di qualsiasi tipo, che possono indirizzare l’attenzione verso un certo organo, da indagare poi con gli opportuni esami strumentali e, se possibile, biopsie mirate (biopsia cutanea, colonscopia con biopsie mirate, RM cuore e biopsia endo-miocardica, TC torace e così via, a seconda della sede potenzialmente “infiltrata” dagli eosinofili).
«La causa della sindrome ipereosinofila non è nota», specifica l’esperta. «Nelle malattie eosinofiliche, i linfociti T e le cellule linfoidi innate producono un eccesso di interleuchina-5, una sostanza che aumenta il reclutamento, la proliferazione e l’attivazione degli eosinofili e consente loro di sopravvivere di più».
Inoltre, ci sono malattie autoimmuni caratterizzate da ipereosinofilia, come la granulomatosi eosinofilica con poliangioite, una rara forma di vasculite a localizzazione sistemica, che deve sempre essere indagata nei pazienti con ipereosinofilia.
Eosinofili alti, quali sono i trattamenti
Nei pazienti con ipereosinofilia, è fondamentale la diagnosi posta da un’équipe multidisciplinare composta da ematologo, immuno-allergologo, reumatologo e infettivologo.
«Nell’eosinofilia “lieve”, sotto i 1500 eosinofili per microlitro di sangue, quando si tratta di eosinofilia reattiva bisogna trattare la causa sottostante, come una malattia allergica, un’infezione parassitaria o sospendere il farmaco responsabile», spiega la dottoressa Yacoub. «Più complessa è la sindrome ipereosinofila, anche se sono disponibili farmaci biologici efficaci, già utilizzati da qualche anno nel trattamento di malattie eosinofiliche come l’asma grave».
Storicamente, le malattie caratterizzate da un aumento degli eosinofili venivano trattate con il cortisone per via sistemica, a cui gli eosinofili sono estremamente sensibili, ma questo si associava a tutti i noti effetti collaterali a lungo termine che ne derivano, come osteoporosi, cataratta, pressione alta o diabete. «Per fortuna, dal 2017 sono disponibili degli anticorpi monoclonali anti-eosinofili, approvati dapprima per l’asma grave, poi per la rinosinusite cronica con poliposi nasale e, infine, per la sindrome ipereosinofila, che consentono di ridurre o talvolta addirittura sospendere i trattamenti cortisonici», conclude l’esperta. «Sono terapie da somministrare tramite iniezione sottocutanea una volta al mese e da proseguire a vita, perché tali malattie vanno considerate patologie croniche a tutti gli effetti».
I principali esami del sangue e come interpretarli
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