SÌ ALL’AUTONOMIA
Le diagnosi di Dsa aumentano ogni anno. «Il motivo è semplice: c’è più consapevolezza da parte dei genitori e della scuola», nota Franco Botticelli, presidente dell’Associazione italiana dislessia. Eppure spesso non basta. «Manca la giusta sensibilità», racconta Carlotta Jesi. «Anche quando il disturbo è certificato, noi adulti ci blocchiamo.
La legge prevede strumenti compensativi per studiare: calcolatrici, computer, mappe concettuali... Pensiamo che siano la soluzione a tutto, ma non è così. Così come è sbagliato aiutare i bambini durante i compiti, sostituirsi a loro, difenderli. Io l’ho fatto ma poi ho capito che nuocevo a loro: lamente smetteva di allenarsi, insieme al carattere.
Così ho deciso di farli camminare da soli: io e il papà ci siamo, ma aspettiamo che trovino un metodo perprepararsi alla verifica o la battuta per rispondere al compagno. È importante non avere fretta e ragionare sul lungo periodo, permettere che si facciano gli anticorpi per il futuro».
Anche gli esperti sottolineano la bontà di questa strada. «La dislessia non è una malattia e gli strumenti compensativi non sono la cura per tutto», dicono Daniela Gatti e Giovanna Noseda del Centro clinico psicopedagogico Victor, specializzato in Dsa.
«Si tratta di un disturbo che può essere educato e migliorato. Noi proponiamo metodi per lettura e scrittura e, soprattutto, puntiamo sull’autonomia dei ragazzi. Iniziamo a piccoli passi, come prendere i mezzi per andare a scuola da soli, frequentare un centro con gli amici, iscriversi agli scout o aun corso che rafforzi l’autostima e la voglia di scoprire cose nuove. Attenzione anche a non esagerare con le nuove tecnologie: tablet e smartphone peggiorano manualità fine e coordinazione. Insomma, meglio alternarli a una bella passeggiata all’aria aperta».