Dislessia da adulti, la legge e le tutele sul posto di lavoro

Avere delle difficoltà a leggere e scrivere è un problema molto comune, non solo tra gli studenti. Fai parte del “club”? Non scoraggiarti. Puoi raggiungere qualunque traguardo, grazie a una buona organizzazione del lavoro. E ora c’è una legge che ti aiuta



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“Cara Rosana, puo cortesemente confermare se a ricevut il mio ultimo mesaggio? Grazie Giovanni”. Una simile email di lavoro può indurci a pensare che il mittente sia un tipo un po’ distratto che non rilegge neppure quanto ha scritto, ma non è detto che sia così: potrebbe trattarsi di una persona precisa e scrupolosa ma dislessica, che ogni giorno si trova a fronteggiare difficoltà nella lettura e nella scrittura. La dislessia è una condizione solitamente associata all’infanzia, ma in realtà riguarda anche la vita adulta e può penalizzare non poco la carriera professionale.

«La dislessia è un disturbo dell’apprendimento dovuto a una peculiare organizzazione del sistema nervoso centrale: ha una base genetica e interessa circa tre persone su cento», spiega Cristiano Termine, professore associato di neuropsichiatria infantile dell’Università dell’Insubria. «Si tratta di una neurodiversità che persiste per tutta la vita, anche se alcuni dislessici col passare degli anni riescono a compensare le difficoltà, continuando però a fare grandi sforzi per raggiungere il target della normalità».

Le persone con dislessia sono tutte diverse tra loro, ma hanno in comune le difficoltà nella lettura e nella scrittura, sia in termini di fluenza che di velocità, correttezza e comprensione. «Gli ostacoli più grandi insorgono quando ci si trova alle prese con testi lunghi che devono essere redatti o letti velocemente: il fattore tempo è cruciale», sottolinea l’esperto. Questo non significa che i dislessici siano dei lavoratori di serie B o che abbiano un quoziente intellettivo più basso, anzi: diversi studi scientifici hanno dimostrato che si contraddistinguono per talenti e caratteristiche positive come creatività, determinazione, capacità di leadership, problem solving e resilienza.

Nonostante ciò, risultano penalizzati nel mondo del lavoro: hanno difficoltà nelle prove di selezione e, una volta assunti, si trovano spesso a vivere situazioni imbarazzanti davanti ai colleghi. Non di rado vengono rimproverati e demansionati, e per alcuni la situazione diventa talmente insostenibile da arrivare a licenziarsi».


Il focus della comunità europea

Per fare luce sulla questione è nato il progetto europeo Erasmus+ Dyslexia@ work.EU, frutto della collaborazione tra istituzioni e ricercatori di cinque Paesi (Italia, Francia, Malta, Irlanda, Regno Unito), tra cui l’Associazione italiana dislessia. L’iniziativa è nata per colmare la mancanza di conoscenza e consapevolezza della dislessia nel mondo del lavoro e nel panorama normativo.

Dal confronto tra le legislazioni dei vari Paesi e dalle interviste effettuate in oltre cento aziende e agenzie del lavoro, emerge una fotografia fatta di luci e ombre. I risultati, presentati al Parlamento europeo di Bruxelles, confermano una generale mancanza di conoscenza sul tema e la scarsità di procedure specifiche per la dislessia nei processi di selezione, inserimento e gestione del personale. La situazione è apparsa meno positiva in Italia e Francia, mentre un approccio più strutturato e inclusivo è emerso nei Paesi anglofoni.


Dislessia, le tutele sul posto di lavoro

«In molti Paesi europei la dislessia è riconosciuta dalla legge come una disabilità. In Italia, invece, non esiste una legislazione nazionale in merito ma la tutela del lavoratore dislessico è garantita da norme specifiche e distinte, che rappresentano una conquista recente», sottolinea il professor Cristiano Termine.

Qualche esempio? Ha poco più di dieci anni la legge 170/2010 che protegge gli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA), mentre è stata approvata solo l’anno scorso la legge 25/2022 che riguarda il mondo del lavoro. «Oltre a vietare ogni forma di discriminazione, prevede che i lavoratori con DSA possano chiedere nelle prove di selezione l’uso di computer con sintesi vocale, calcolatrice, schemi e formulari, oltre al 30% del tempo in più per i test scritti. Anche i lavoratori con DSA già assunti possono richiedere le stesse facilitazioni e il ricorso a strumenti compensativi», ricorda Termine.

Queste misure devono essere applicate in tutte le prove di selezione per l’accesso e il completamento di percorsi formativi finalizzati all’esercizio di attività e professioni, inclusi gli esami per l’iscrizione agli ordini professionali. Questa piccola ma fondamentale rivoluzione rischia però di rimanere incompiuta se non si interviene per sensibilizzare i datori di lavoro e coloro che selezionano il personale. Per questo il progetto Dyslexia@work. EU ha anche elaborato delle linee-guida per favorire l’inclusione dei lavoratori con DSA.

«Fortunatamente stiamo già registrando i primi segnali positivi del cambiamento culturale in atto, non solo nel settore pubblico ma anche in quello privato», osserva il neuropsichiatra. Lo dimostrano anche i nomi delle grandi aziende (come Tim e Autostrade per l’Italia) che hanno già ottenuto il bollino “dyslexia friendly”, un riconoscimento dell’Associazione italiana dislessia che certifica lo svolgimento di un percorso mirato ad aumentare la consapevolezza aziendale sui disturbi dell’apprendimento, al fine di rendere più accessibili e fruibili le attività lavorative alle persone con DSA.

luglio 2023


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