Il test della disbiosi intestinale (cioè di squilibri nella composizione del microbiota intestinale) consiste in un semplice esame delle urine che va a quantificare la presenza di due sostanze chiamate scatòlo e indicàno. «Sono due metaboliti della digestione e indicano se si sta seguendo una dieta “svantaggiosa” per il microbiota, che crea un terreno glucidico-proteico ideale per lo sviluppo di batteri patogeni», spiega la dottoressa Francesca Persico, biologa nutrizionista presso Lab42 di Brescia, un network di ambulatori specializzati in nutrizione clinica presenti anche a Milano, Bergamo e Verona.
«Se dalle analisi delle urine risulta che vi è un eccesso di scatòlo, il paziente soffre di una disbiosi intestinale di tipo putrefattivo. Significa che mangia troppe proteine e grassi e che la sua dieta è carente di fibre. E le proteine mal digerite vanno incontro a processi di putrefazione che producono scorie tossiche.
Viceversa, un’eccessiva presenza di indicàno segnala una disbiosi di tipo fermentativo. Significa che il soggetto mangia troppi carboidrati e zuccheri semplici e poche cibi proteici. Questi zuccheri, venendo solo in parte digeriti, fermentano nell’intestino tenue e nel cieco, formando quei fastidiosi gas intestinali che causano meteorismo e flatulenza».
Una volta individuato il problema, viene preparato un piano alimentare mirato a riequilibrare l’apporto di nutrienti: meno grassi e proteine nel primo caso (e più carboidrati), meno pane, pasta e dolci nel secondo caso, con aumento della quota proteica anche di origine vegetali, come la soia e i legumi.
«Si prosegue la dieta per tre mesi, controllando ogni 15 giorni con la bioimpendenziometria (l’analisi computerizzata della composizione corporea) se la dieta prescritta consenta un buon rapporto tra massa magra e massa grassa», prosegue la dottoressa Persico.
«Parallelamente, si assumono per tre mesi dei probiotici che, nei tre mesi successivi, verranno sostituiti con dei prebiotici, fibre vegetali (come l’inulina e i sos, cioè i frutto-oligosaccaridi) che favoriscono lo sviluppo di una flora batterica buona».
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