Conquistare un sorriso da star senza andare del dentista: un sogno che può trasformarsi in un incubo, con le nuove mascherine trasparenti per l’allineamento dei denti fai-da-te. Per averle su misura basta farsi spedire il kit con le formine per l’auto-rilevazione delle impronte dentali: un bel morso e poi via, il pacco va rispedito all’azienda, che provvede a realizzare una serie di allineatori per il trattamento. Un’idea nata negli Stati Uniti e che, ormai, è sbarcata anche in Italia, allarmando gli esperti: l’Associazione specialisti italiani in ortodonzia ha messo in guardia i pazienti, ricordando che queste mascherine siano già finite sotto accusa negli Usa per aver provocato danni alle arcate dentali. E allora, perché correre rischi se negli studi dentistici sono disponibili nuovi materiali e tecnologie che permettono di sottoporsi a trattamenti sicuri ed efficaci, sempre più rapidi e meno invasivi? Sorrisi progettati al computer in 3D e trattamenti laser rigenerativi, per esempio, sono solo l’antipasto della nuova odontoiatria 4.0, sempre più digitale e biologica. Ecco le soluzioni più attuali agli otto problemi più comuni.
I trattamenti per schiarire lo smalto ed eliminare le macchie sono gettonatissimi. Ci sono novità in questo ambito?
«Oggi lo sbiancamento può essere parte integrante della normale igiene periodica ed è eseguito in soli 10-15’», afferma il professor Giampietro Farronato, docente ordinario di malattie odontostomatologiche e direttore della Scuola di specializzazione in ortognatodonzia dell’Università degli studi di Milano. «Sono disponibili nuove sostanze e tecnologie capaci di abbassare di 1 o 2 croma (l’unità di misura del colore del dente), ripetibili fino a ottenere il risultato desiderato».
Denti bianchi, ma anche dritti: su che tipo di correzioni sui può contare oggi?
«La tendenza ora è essere più veloci e meno invasivi», continua Farronato. «Quando è possibile, si privilegiano apparecchiature rimovibili per facilitare l’igiene orale e la socializzazione, soprattutto nei pazienti più piccoli. L’uso del modello fisso è limitato solo alle ultime fasi dell’allineamento: oggi ce ne sono di trasparenti e di grande precisione, che controllano sia la corona sia la radice del dente, con tempi e costi più contenuti rispetto a un tempo».
Ben 8 milioni di italiani soffrono di parodontite, un’infiammazione che può portare alla perdita dei denti. Come si agisce?
«Si eseguono dei lavaggi specifici sul fondo della tasca, lo spazio infettato dai batteri che si forma fra radice e gengiva», sottolinea Farronato. «Ma la cosa interessante è che si sta facendo largo il concetto di full mouth disinfection, la disinfezione simultanea di tutto il cavo orale in un’unica seduta. In passato, invece, eravamo abituati a pulire i singoli quadranti della bocca, rischiando che le parti non disinfettate andassero a contaminare quelle appena trattate».
Se le terapie classiche non bastano è ancora necessario intervenire chirurgicamente?
«Sì, ma lo si fa in maniera sempre più minivasiva», rassicura il professor Enrico Gherlone, rettore e professore ordinario di malattie odontostomatologiche dell’Università Vita-Salute San Raffaele, direttore del Dipartimento di odontoiatria dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «Se una volta si ricorreva alla chirurgia resettiva per rimuovere in modo definitivo le tasche parodontali, oggi si usa un approccio rigenerativo, sia per i tessuti duri sia per quelli molli intorno ai denti, in modo da prolungarne la vita. Per esempio, si utilizzano delle membrane, cioè dei dispositivi barriera che proteggono la formazione di nuovo osso, e materiali che possono funzionare da impalcatura o stimolo per la deposizione degli osteoblasti, cellule che formano nuovo osso. Fra tutti, quello di riferimento è l’osso bovino deproteinizzato, che trattato e sterilizzato aiuta la nuova formazione di tessuto osseo».
Rigenerazione, dunque, è anche la parola d’ordine per le lesioni ossee?
«Vale pure per quei pazienti che assumendo farmaci antiriassorbitivi, come i bisfosfonati per l’osteoporosi o le metastasi ossee, rischiano lesioni, infezioni e necrosi tutte le volte che si sottopongono a un’estrazione o a un intervento chirurgico del cavo orale», precisa il professor Gherlone. «Grazie all’applicazione di speciali laser a basso dosaggio, che eliminano le infezioni e promuovono la rigenerazione dell’osso, possiamo ottenere una guarigione completa».
Ci sono novità per ricostruire il sorriso?
«Oggi è possibile progettarlo al computer in 3D grazie all’odontoiatria digitale», continua Gherlone. «Ci sono software, come Digital Smile Design, che permettono di vedere in anticipo il risultato delle terapie attraverso una ricostruzione virtuale. Ed esistono programmi per l’implantologia che consentono di simulare l’intervento chirurgico passo dopo passo, per renderlo più preciso ed efficace».
I nuovi materiali impiegati per protesi e impianti sono tollerati meglio?
«Il trend va verso un’odontoiatria sempre più biologica, con materiali compositi e biocompatibili», continua Gherlone. «I tessuti molli della bocca reagiscono meglio e la stessa integrazione con l’osso viene favorita, soprattutto se la superficie degli impianti è trattata con speciali molecole che aiutano la proliferazione delle cellule che costruiscono l’osso. Questo significa che ci vogliono meno mesi affinché la protesi si integri correttamente permettendo una piena funzionalità della masticazione».
In futuro le protesi non serviranno più?
«È possibile che la rigenerazione diventi l’alternativa alle protesi ma la ricerca è agli inizi. Finora siamo riusciti a rigenerare solo alcune parti del dente», ammette Gherlone. «Al San Raffaele abbiamo fatto differenziare le staminali per produrre la polpa dentale; altri laboratori hanno lavorato sulla dentina, ma siamo ancora lontani dal dente completo, che finora è stato rigenerato solo negli esperimenti sulle cavie». «Le staminali continuano a rappresentare una grande speranza: sappiamo che le gengive ne sono ricchissime e all’Università di Milano siamo riusciti da tempo a isolarle e metterle in coltura», aggiunge Farronato, che continua: «Il loro utilizzo potrà andare oltre l’ambito odontoiatrico perché sono totipotenti, capaci cioè di rigenerare qualsiasi tessuto del corpo».
Sì allo xilitolo
Non colpevoli: i chewing-gum sono stati assolti dall’accusa di provocare l’erosione dello smalto dentale. A patto, però, che siano senza zucchero e a base di xilitolo. Lo affermano gli esperti dell’Accademia italiana di odontoiatria conservativa e restaurativa, che sottolineano anzi l’efficacia anti-carie del cosiddetto “zucchero del legno”. «Lo xilitolo è un edulcorante naturale che non viene metabolizzato dai batteri della carie:
in questo modo nella bocca non si producono acidi pericolosi per lo smalto dentale», spiega Chiara Occhipinti, igienista dentale e docente a contratto all’Università degli studi di Milano.
«Oltre che nelle gomme da masticare, lo xilitolo si può trovare anche in caramelle e prodotti per l’igiene orale come dentifrici e colluttori, dove può addirittura potenziare l’effetto protettivo del fluoro».
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Articolo pubblicato sul n. 43 di Starbene, in edicola dall'8 ottobre 2019