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Binge drinking: come prestare soccorso a chi rischia il coma etilico

È una moda pericolosissima, diffusa soprattutto tra i teenager. Cosa devi sapere per aiutare chi è in pericolo

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Tra i 12 milioni di italiani che bevono alcol ogni giorno, ci sono tre milioni e mezzo di persone che non disdegnano una pratica molto pericolosa: assumere in un tempo ristretto almeno sei bicchieri o lattine di bevande alcoliche, pari a più di 60 grammi di alcol puro, dieci volte quello che il fegato di un adulto riesce a metabolizzare in un’ora. Lo scopo? Sballare, ubriacarsi. «È il binge drinking, un fenomeno in aumento tra gli adolescenti: sono circa 200 mila gli under 17 e quasi un milione quelli tra 11 e 25 anni», sottollinea il professor Emanuele Scafato, vicepresidente di Eufas, la Federazione europea delle società scientifiche sulle dipendenze, e presidente della Società italiana di alcologia. Ma come capire se una persona è davvero in difficoltà per colpa dell’alcol?


Un’escalation di sintomi

«I primi segnali a cui prestare attenzione sono fondamentali: la persona perde il controllo dei propri comportamenti, non regola il tono della voce e non modera il linguaggio, infarcendolo di parolacce o espressioni inappropriate anche verso chi non conosce», precisa il professor Scafato.

«In seguito la difficoltà di controllo diventa anche motoria: chi ha bevuto tanto sbanda, urta le cose, fatica a tenere il bicchiere in mano, barcolla e biascica frasi sconnesse. A quel punto è già entrato nell’intossicazione alcolica.

La prima cosa da fare? Impedire che trangugi altro alcol: se continua, in breve perderà i sensi», avverte Scafarto.

Quando invece la persona mostra già torpore e sonnolenza, sembra incapace di muoversi da sé, oppure vomita o addirittura perde il controllo dell’urina, ci sono due alternative: «Far salire chi ha bevuto su un’auto e raggiungere il più vicino pronto soccorso, facendo attenzione a mantenerlo sveglio e vigile lungo il tragitto. Se non si riesce bisogna chiamare il 118: nel frattempo, meglio non sdraiarlo né farlo addormentare, perché rischierebbe una crisi respiratoria o cardiaca.

Aiutalo piuttosto a stare in piedi, prova a fargli fare qualche passo: stando fermi, infatti, l’alcol raggiunge più facilmente la concentrazione nel sangue pericolosa per la salute», precisa il nostro esperto.

Molto utile far bere caffè: «La caffeina è un’antagonista della depressione respiratoria causata dall’alcol, serve a restare vigili e presenti a se stessi, in attesa dei soccorsi», conclude il professor Scafato.


La campagna “Io non me la bevo”

Un papà assonnato che si prepara per andare a prendere il figlio nei guai. Un’indagine poliziesca per scoprire chi ha ucciso il fegato. Due amiche che si raccontano la serata precedente di bagordi. Un ragazzo che viene interrotto da una voce mentre beve una lattina di birra durante un temporale. Sono i quattro spot sociali per sensibilizzare i ragazzi tra gli 11 e i 24 anni sul rischio del binge drinking, realizzati dagli allievi della Civica scuola di cinema Luchino Visconti di Milano, per la campagna chiamata “Io non me la bevo”. Visibili sul canale YouTube della Fondazione Milano, gli spot affrontano il tema dell’abuso di alcol con toni e linguaggi molto diversi tra loro, dall’umorismo nero all’animazione, ma tutti di grande impatto.


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Articolo pubblicato sul n. 19 di Starbene in edicola dal 24 aprile 2018



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