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Cheratocono: cos’è, quali sono i sintomi e come si cura

C’è una patologia, spesso ereditaria, caratterizzata da una progressiva deformazione della cornea: questa tende ad assottigliarsi, assumendo la forma di un cono, che sporge progressivamente verso l’esterno dell’occhio. La diagnosi precoce è fondamentale

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L’occhio è una sorta di sfera piena di un gel, l’umor vitreo, e di un liquido, l’umor acqueo, che aiutano a mantenere la cornea gonfia e curva, come una piccola calotta sferica. Talvolta, però, questa parte di sfera può sfiancarsi verso l’esterno e assumere una forma irregolarmente sporgente, quasi a cono. «Accade in una particolare malattia degenerativa della cornea, cioè di quella membrana trasparente che costituisce la parte anteriore dell’occhio e rappresenta la prima lente del nostro sistema oculare, come il vetro per il quadrante dell’orologio», spiega il dottor Antonio Provenzano, responsabile dell’Unità operativa di Oculistica di Città di Lecce Hospital. «Nello specifico, si parla di cheratocono quando la cornea assume una tipica forma allungata e sporgente, assomigliando a un cono, che negli stadi più avanzati è visibile quasi a occhio nudo, senza l’ausilio di macchinari professionali».


Cos’è il cheratocono

Questa patologia era considerata rara fino a pochi anni fa, mentre recentemente si nota una diffusione maggiore grazie alle moderne tecniche di diagnosi, con un’incidenza stimata inferiore a un caso ogni 2 mila abitanti: colpisce più frequentemente nel periodo adolescenziale, con una velocità di peggioramento che varia da paziente a paziente. «Il cheratocono può interessare uno oppure entrambi gli occhi, anche se nella maggior parte dei casi è bilaterale, a causa di uno sfiancamento della cornea, che si indebolisce e perde la sua naturale forma sferica», descrive Provenzano. Di solito, i primi sintomi compaiono durante la pubertà o la prima adolescenza per poi progredire fino ai 30-40 anni, quando l’evoluzione normalmente rallenta, ma a volte possono emergere anche in età più avanzata.


Quali sono le cause del cheratocono

Sull’insorgenza del cheratocono gioca un ruolo fondamentale la predisposizione genetica: «La cornea delle persone che ne sono affette è geneticamente più debole e meno resistente alle sollecitazioni esterne: dunque, se in una famiglia sono presenti dei casi, è bene che figli e nipoti si sottopongano a regolari controlli oculistici sin dall’infanzia, anche perché la diagnosi precoce è importantissima», ammette l’esperto. Facendo leva su questa debolezza ereditaria, c’è un fattore ambientale (cioè esterno) che può favorire la patologia, ovvero lo stropicciamento degli occhi, che gli inglesi chiamano “eye rubbing”: «Gli ultimi studi hanno dimostrato che questa cattiva abitudine può determinare il cheratocono anche nei soggetti che non presentano una familiarità.

Sfregare gli occhi con le dita in caso di prurito oppure quando siamo stanchi sembra regalare sollievo, ma in realtà danneggia la cornea, che ha uno spessore di mezzo millimetro, per cui è molto delicata». Se frequente e intenso, lo stropicciamento indebolisce questa struttura e la sfianca, fino a deformarla: «Ecco perché bisogna prevenire o comunque trattare adeguatamente tutte quelle condizioni che possono creare fastidio o prurito a livello degli occhi, in modo da non essere tentati di stropicciarli: parliamo, per esempio, delle congiuntiviti allergiche, della sindrome dell’occhio secco, ma anche dell’uso prolungato del computer e di tutte quelle cattive abitudini di vita che possono irritare la superficie oculare».


Quali sono i sintomi del cheratocono

Inizialmente, i sintomi del cheratocono sono simili a quelli di un astigmatismo di grado moderato: c’è scarsa nitidezza visiva, le immagini risultano offuscate o leggermente sdoppiate, la visione è sfocata sia da vicino che da lontano e spesso aumenta la sensibilità nei confronti della luce.

«In genere, nell’arco di pochi anni, il disturbo peggiora e rende difficile compiere semplici azioni quotidiane, come guidare, scrivere, leggere o guardare la televisione», avverte il dottor Provenzano. «Il problema è che un cheratocono non trattato può condurre a un’estrema ectasia, ovvero a un assottigliamento così elevato della cornea da portare addirittura alla necessità di un trapianto». Per arrivare a una diagnosi certa, lo specialista può prescrivere degli esami di approfondimento, come una topografia corneale (che consente di generare la mappa topografica della superficie anteriore dell’occhio), una tomografia corneale (che studia la curvatura, l’elevazione e lo spessore della cornea a più livelli) e una pachimetria (che misura lo spessore corneale, individuando il punto più sottile).


Come si cura

Per fortuna, negli ultimi anni, la ricerca scientifica sul cheratocono ha migliorato la diagnosi, i trattamenti disponibili e gli strumenti ottici con i quali si può correggere il difetto visivo. «In genere, il primo trattamento consiste nell’utilizzo di occhiali o lenti a contatto idonei al ripristino di una visione adeguata: pur non curando la patologia, questi ausili consentono una buona correzione del difetto visivo», evidenzia l’esperto. Se la patologia evolve comunque oppure viene rilevata a uno stadio già molto avanzato, si determina un astigmatismo irregolare elevato che difficilmente potrà essere corretto con le lenti, per cui l’unica soluzione è la chirurgia, diversa a seconda dell’entità del cheratocono: «Per esempio, si possono inserire dei segmenti intracorneali, detti “Intacs”, che hanno lo scopo di irrobustire la cornea periferica, restituendole una struttura più solida.

Altre volte, invece, bisogna ricorrere al cross-linking corneale, un trattamento ambulatoriale che blocca la progressione del cheratocono “vulcanizzando” la cornea, con una combinazione di vitamina B2 e luce ultravioletta, rendendola quindi più rigida e compatta». Non esiste invece un trattamento farmacologico che possa arrestare e guarire la patologia: «Nella maggior parte dei casi, comunque, queste terapie correttive sono in grado di fermare il danno e impedire che questo evolva verso la fase finale, quella che richiede il trapianto di cornea», conclude l’esperto.


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