di Anna Magli
Nonostante l’attuale tendenza sembri confermare una curva di contagio discendente, il Covid continua a lasciare strascichi di tipico fisico e psicologico anche in chi è guarito. Conseguenze più o meno gravi che spesso si verificano solo dopo mesi dalla remissione della malattia.
Tra i diversi effetti collaterali che questa infezione virale lascia in eredità, compare anche l’abbondante perdita dei capelli che a volte si trasforma in alopecia. La percentuale osservata tra persone che hanno contratto l'infezione variante Omicron del Covid19 e perdita sensibile di capelli è così elevata da indurre il servizio di Dermatologia dell’Università di Bologna a costituire una task force per la raccolta dei dati, a livello internazionale, su cui effettuare un eventuale studio scientifico. Nel corso del 94esimo Congresso SIDeMaST, la Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse è infatti emerso che più del 30% delle persone che contraggono l’infezione da Covid-19 riporta una copiosa caduta di capelli, abbondante, fatta di intere ciocche perse.
Molte persone che hanno superato la positività al virus riportano infatti un indebolimento e un diradamento della chioma. La caduta dei capelli post-Covid rientra nel “telogen effluvium acuto” e porta alla perdita dai 100 ai 200 capelli al giorno ed è la tipica caduta di capelli reattiva che si verifica dopo eventi traumatici. In misura ridottissima, questa caduta avviene anche durante il cambio di stagione, ma in misura minore rispetto ai pazienti post Covid per i quali la chioma si riduce notevolmente. La forma più frequente (90% dei casi), si manifesta dopo due o tre mesi dalla guarigione.
Certamente i sintomi tipici del Covid, quali infiammazione, disidratazione, stanchezza e di conseguenza l'allettamento, inducono un effetto negativo sul bulbo pilifero. Inoltre si è costatato che chi soffre di dermatite seborroica ha riportato un generale peggioramento della patologia con aumento di perdita di capelli.
Cosa fare se cadono i capelli dopo il Covid
Si tratta comunque di una condizione transitoria e questo è sicuramente un dato positivo. Ma cosa si può fare nel momento della fase acuta e dopo, per il mantenimento dell'equilibrio ristabilito? Di certo, oltre a detergere la cute del cuoio capelluto, con shampoo adeguati, utilizzare lozioni specifiche e integratori antiossidanti ma anche trattamenti che possano aumentare l'ossigenazione delle aree interessate, facilitando così la crescita del bulbo.
Uno dei trattamenti più naturali ed efficaci è stato individuato nelle sedute di agopuntura. Una soluzione alternativa alle cure tradizionali ma che ha il pregio di coinvolgere non solo la parte del corpo malata ma l’intero organismo in un’azione di riequilibrio che porta a un giovamento complessivo, poiché l’agopuntura orientale e la medicina tradizionale cinese considerano il corpo umano, un insieme di “sistemi funzionali” la cui armonia garantisce quella stabilità, sia chimico-fisica sia comportamentale, che accomuna tutti gli organismi viventi cioè “l’omeostasi”.
Una pratica portata avanti da molti anni dal Prof. Paolo G. Morselli, docente dell’Università di Bologna, medico chirurgico specialista in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica con diploma di Agopuntura. A lui abbiamo fatto alcune domande.
Professor Morselli, su quale filosofia di cura si basa la medicina tradizionale cinese?
Nello studio della medicina tradizionale cinese, dove l’agopuntura, fra le altre discipline, ha un campo di azione molto ampio, non si usano unicamente farmaci in base a una specifica sintomatologia. Occorre evidenziare la differenza fra la modalità occidentale che prescrive farmaci specifici che possono essere assunti da tutti in modo indiscriminato e la medicina cinese tradizionale, che prevede una scrupolosa diagnosi soggettiva per ogni persona. Una diagnosi calibrata su ogni singola persona per individuare una personale terapia adatta espressamente alle sue esigenze. Nel caso dell’alopecia, l’agopuntura individua particolari punti su cui operare. Alcuni aghi, sottilissimi e indolori, vengono posizionati nel cuoio cappelluto, mentre altri aghi vengono invece posizionati su altre determinate parti del corpo.
Come vengono individuate le parti del corpo coinvolte?
Proprio perché la medicina tradizionale cinese si basa sull’individualità della cura, il medico agopuntore deve avere la piena consapevolezza dello stato di salute del paziente, il che significa: controllare il polso, da entrambe le parti, valutare quello che il polso dice nell’ambito dello squilibrio o dell’equilibrio degli organi interni (milza, fegato, cuore ecc..). Questo, nella medicina tradizionale cinese, non si riferisce strettamente all’organo in quanto tale, ma corrisponde alla sua funzione. Stessa analisi viene fatta alla lingua: se ne valuta bene l’aspetto in quanto è un organo che segnala in modo evidente lo stato di salute del paziente. Le informazioni che si ricavano dai metodi della medicina tradizionale cinese sono diverse e sono frutto di una visita accurata basata sull’ascolto del corpo e del paziente. Proprio in questo duplice approccio risiede lo scollamento tra la medicina tradizione occidentale e orientale. Perché nella nostra medicina, non esiste più l’approccio di una visita di “contatto”, di ascolto delle sensazioni. Anche l’ascolto delle emozioni è importante, come per tutte le altre patologie, nella definizione di una diagnosi di alopecia.
Come avviene una seduta di agopuntura per la cura dell’alopecia?
Come abbiamo già detto, gli aghi, microscopici e indolore, vanno applicati sia nel cuoio capelluto sia sul corpo del paziente. Quelli che si applicano sul cuoio capelluto sono aghi particolari, a cui si può aggiungere anche qualche impulso elettrico, la elettroagopuntura. Esistono punti particolari che, grazie all’utilizzo di questa macchina che tramette una corrente bassissima, vengono ulteriormente vitalizzati. Gli altri aghi saranno posizionati sul corpo su quegli organi che, dopo la visita e la diagnosi iniziale, vengono individuati come in affaticamento o supereccitanti. Quando si parla di bilanciamento, infatti, si indica questa funzione. Il difetto e l’eccesso, il bilanciamento tra yin e yang. Un approccio generale, globale, individuale.
Nel caso di un’alopecia diversa da quella generata dal Covid, per esempio un’alopecia androgenetica, i trattamenti cambiano?
Sì, dipende, infatti, dall’origine della patologia, da quale tipo di squilibrio l’ha determinata. Nel caso del Covid, la priorità è sostenere il sistema immunitario, depresso dalla malattia, sistema che può mostrare le sue défaillance anche dopo un paio di mesi da quando si è guariti. È importante valutare gli aspetti psicologici, le sofferenze emotive che si manifestano in chi ha avuto il Covid. La tristezza, la rabbia, la paura. Emozioni fondamentali che la malattia può “incentivare” e che devono essere tenute in alta considerazione nella diagnosi. Gli aghi sono posizionati nella regione del corpo, individuata a seconda del canale dell’organo che denuncia uno squilibrio. Ovviamente l’inizio della terapia, come si è detto, deve essere preceduta dall’osservazione del paziente, dalla palpazione di entrambi i polsi, alla valutazione della forma e del colore della lingua e quindi da un colloquio con il paziente in cui si chiede allo stesso di descrivere gli aspetti prevalenti in cui avverte più carenza o eccitamento. Il concetto dell’equilibrio è fondamentale.
Quali sono le domande che il paziente si sente rivolgere per valutare il suo stato emotivo?
Il medico rivolge al paziente domande tipo “Qual è l’emozione che ha avvertito nel corso della malattia? Ha avuto paura? Si è sentito triste, arrabbiato? Quale emozione sente prioritaria in quelle che ha provato?”. Sono emozioni che rappresentano gli organi. A seconda di quello che riferisce - e di quello che restituisce la palpazione del polso che avviene fatta durante il colloquio e che agisce come una specie di “macchina della verità” sulla veridicità delle risposte date dal paziente - si individua quali sono i punti dei meridiani e gli organi che hanno necessità di essere riequilibrati, affinché gli stessi tornino a svolgere la loro normale funzione. Ecco perché il colloquio diventa lo strumento più importante per definire il posizionamento degli aghi. Questi strumenti, che nel tempo sono diventati molto meno invasivi dato che sono sottilissimi rispetto a quelli originali, vengono inseriti nel punto di agopuntura che si è scelto e producono l’effetto auspicato. Il paziente non sente il dolore, ma deve comunque percepire la presenza dell’ago perché la terapia faccia effetto. Normalmente la seduta dura da 20 a 30 minuti; non c’è numero di sedute che possono essere stabilite in anticipo perché dipende da come risponde il paziente. Ogni seduta è preceduta da un nuovo colloquio di indagine medico-paziente che indaga se, rispetto alla precedente seduta, ci sono stati dei cambiamenti e di che tipo. Ed è proprio il colloquio medico paziente che si è perso nella nostra medicina occidentale, un rapporto che era presente fino qualche decennio fa. Oggi la tecnologia ha travalicato questo fondamentale componente del rapporto medico-paziente: l’ascolto. I malesseri, l’emotività, i dolori non sono più oggetto di approfondimento nel corso di un colloquio ma materia di controlli effettuati con mezzi strumentali, certamente fondamentali nella cura ma che, se usati in modo esclusivo, mettono nell’ombra alcuni valori della cura del corpo e degli aspetti psicologici.
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