Fa caldo, occhio ai reni e all’insufficienza renale acuta

Con l’arrivo dell’estate (sempre più torrida) scatta l’allarme colpo di calore. In realtà il rischio maggiore, ma meno conosciuto, è quello dell’insufficienza renale acuta, pericolosa anche perché non dà subito sintomi. Difendiamoci così



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Gli esperti sembrano concordare sul fatto che l’estate 2024 sarà più calda di diversi gradi rispetto alla precedente, con un mix tropicale di afa e temporaloni. Immancabili gli appelli, soprattutto rivolti alla popolazione anziana, di evitare di uscire nelle ore più a rischio, pena il temutissimo colpo di calore, che determina sempre il ricorso al Pronto Soccorso.

«In realtà il vero nemico della salute nei mesi estivi non è il caldo ma l’umidità, infatti il colpo di calore è responsabile solo di una minoranza dei ricoveri ospedalieri per la popolazione non anziana o con patologie già in atto», sottolinea la dottoressa Marzia Spessot, nefrologa e medico internista presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «L’alto livello di umidità, infatti, inibisce la normale sudorazione e può provocare, al contempo, una forte disidratazione causata dal fatto che non integriamo in modo efficiente le perdite perché, non sudando copiosamente, non sentiamo la necessità di bere. Il rischio, in questi casi, non è tanto per l’apparato cardiovascolare quanto per i reni, che possono risentirne».


Un rischio senza età

Anche chi sta bene, è giovane e sano, non deve quindi “giocare” con il caldo e l’umidità in eccesso. Uno degli errori pèiù frequenti è andare a correre nella pausa pranzo (orario in cui il calore è massimo), oppure prenotare il campo da tennis o da padel alle 13 “perché non ci va nessuno” (sarà un caso?). «Fare gli eroi dello sport in certe fasce della giornata è già rischioso quando si superano i 30 °C ma, e lo sottolineo nuovamente, è l’alto tasso di umidità che andrebbe controllato sulle previsioni metereologiche», avverte la dottoressa Spessot. «È questo che può mandare in tilt il nostro sistema di termoregolazione, a tutte le età».

Secondo il Ministero della Salute, un tasso di umidità accettabile per l’organismo, d’estate, si colloca fra il 50 e 60%. Più si superano questi limiti più il centro di regolazione della temperatura corporea, l’ipotalamo, fa fatica a gestire il calore. Cosa che si complica ulteriormente in caso di squilibri ormonali, in menopausa o durante la gravidanza: gli ormoni tiroidei (tiroxina) e quelli surrenalici (adrenalina e noradrenalina), infatti, aumentano la produzione di calore. Il gioco perverso umidità alta – traspirazione anomala – termoregolazione alterata dà luogo a sintomi che vanno dal giramento di testa al senso di sbandamento, ma provocano anche una sonnolenza che viene spesso confusa con una “normale” stanchezza.

«Può venire a mancare persino la lucidità nel fare le attività di routine, e, a causa dello scarso introito di liquidi, si può anche abbassare la pressione. Questo richiede uno sforzo aggiuntivo da parte del cuore fino alla comparsa di tachicardia o crampi muscolari», spiega l’esperta. Una particolare attenzione va posta all’escursione termica degli ambienti condizionati: «Non è tanto l’entrare o uscire velocemente da luoghi in cui ci siano più o meno 30 °C, quanto stazionare a lungo in ambienti troppo freddi, come avviene su certi treni, nei supermercati o in automobile, a causa dell’uso eccessivo dell’aria condizionata. Un maglioncino da mettere sulle spalle, in questi ambienti, non dovrebbe mai mancare », aggiunge Spessot.


Farmaci: se è caldo giù le dosi

Una delle cose che molti non sanno è che, con un determinato tipo di clima, certi medicinali non devono essere assunti a dosaggi abituali, cioè tarati sulle stagioni precedenti e più fredde.

«Parliamo degli antipertensivi e dei diuretici che vengono utilizzati, secondo il Ministero della Salute, da almeno 15 milioni di pazienti nel nostro Paese», spiega l’esperta.

«Con il caldo le arterie si dilatano e, spesso, i valori pressori si abbassano; quindi, se non modificata, la terapia, può aggravare il quadro. I diuretici, poi, accentuano la perdita di liquidi, che già aumenta con la sudorazione, e pochi, soprattutto le donne, integrano bevendo a sufficienza. I famosi due litri d’acqua al giorno, poi, non vanno bene per tutti: per chi ha un’insufficienza renale cronica o uno scompenso cardiaco avanzato sono troppi, perché i reni non riescono a smaltirli e il cuore non li immette al meglio nella circolazione generale; così si accumulano nei circuiti periferici (occhio alla ritenzione idrica visibile a livello degli arti inferiori). Meglio attestarsi intorno al litro e mezzo, che però non è facile da raggiungere, soprattutto per gli anziani che non sono controllati o aiutati da un caregiver. Per i giovani in salute, invece, non ci sono limiti, fra acqua e bevande arricchite di sali, da consumare prima di avvertire la sensazione di sete o prima dell’attività fisica».


Attenti ai filtri

I reni hanno la funzione di filtrare il sangue ed eliminare le sostanze di scarto, e sono quelli che più risentono di queste circostanze. «L’insufficienza renale è un nemico silenzioso che può colpire anche i giovanissimi, soprattutto d’estate», sottolinea la nefrologa.

«Non dà segno di sé se non in stadio avanzato, è usuale infatti incontrare persone che hanno i 2-3 mg/dl di creatinina agli esami ematochimici (l’indice della funzionalità renale che di solito si attesta attorno al valore di 1 mg/dl) senza avere disturbi. Se poi il calcolo del filtrato glomerulare (un altro parametro importante) è 50 ml/minuto, vuol dire che la funzione renale è già dimezzata».

È pertanto fondamentale accorgersene per tempo, affinché il danno non diventi permanente, trasformando un’insufficienza renale in malattia non reversibile. Mentre nel caso dell’insufficienza renale acuta, se ci si reidrata in modo adeguato e si elimina la causa che l’ha determinata, il quadro è assolutamente reversibile», raccomanda Spessot. «Bere molto quindi, ma occhio anche a eventuali e frequenti errori, come l’abusare di farmaci che riteniamo comuni e innocui (come per esempio gli antinfiammatori) e che assumiamo per qualsiasi tipo di sintomatologia dolorosa: meglio evitare le autoprescrizioni, e consultare il medico per utilizzare l’antidolorifico più adeguato per la propria condizione clinica con tempistiche e dosi appropriate».


Montezuma in agguato

Narra la leggenda che l’imperatore azteco Montezuma, nel 1519, lanciò una maledizione contro i conquistadores europei in grado di provocare quella che tutti conosciamo come la diarrea del viaggiatore.

«Ancora una volta l’umido e il caldo, attraverso il deterioramento di cibi mal conservati (si pensi per esempio alle salse di certi tramezzini esposti troppo a lungo in vetrina), possono portare a una pericolosa disidratazione causata da disturbi gastrointestinali. Eppure, in caso di diarrea si pensa subito ai fermenti lattici o a bloccare con i farmaci le scariche, ma non sempre a bere di più, perché si ritiene che troppa acqua aumenterebbe i disagi e il numero delle scariche. Ancora una volta sarebbero i nostri reni a risentirne se non gestissimo bene questi episodi», afferma l’esperta.


Nel dubbio gli esami

Persino i calcoli renali possono comparire con maggiore frequenza durante i mesi caldi causando coliche dolorose. Questo si verifica perché, quando le urine sono concentrate, i sali si depositano più facilmente. Attenzione quindi alla frequenza con la quale uriniamo, al colore o all’odore dell’urina.

Se ci fossero dei dubbi in merito meglio contattare il medico, che prescriverà degli esami specifici (urea e creatinina) per verificare la funzionalità renale. Ma intanto, come prima cosa da fare, è necessario bere di più.


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