Si tratta di una malattia cronica poco conosciuta, spesso confusa con altre patologie, sottovalutata o ignorata. Con il termine bronchiectasie (o bronchiettasie) si indica un’anomala e permanente dilatazione dei bronchi, che può favorire il ristagno di catarro: questo favorisce il proliferare dei batteri, l’infiammazione che ne deriva e un progressivo rimodellamento dei bronchi.
«In altre parole, si innesca un circolo vizioso che peggiora sempre di più il quadro clinico e genera un maggiore rischio di sviluppare infezioni polmonari», spiega la dottoressa Paola Faverio, responsabile dell’ambulatorio bronchiettasie della Struttura complessa di Pneumologia della Fondazione Irccs San Gerardo Dei Tintori di Monza. «Nella maggior parte dei casi, la diagnosi arriva fra i 50 e i 70 anni, ma esistono anche casi in età giovanile legati soprattutto ad anomalie immunitarie su base genetica oppure a infezioni polmonari contratte nei primi anni di vita».
Quali sono i sintomi delle bronchiettasie
Non sempre le bronchiettasie sono sintomatiche. Talvolta una dilazione anomala dei bronchi viene diagnosticata in maniera occasionale, durante una Tac torace eseguita per altri motivi: a quel punto, non richiedono alcun trattamento specifico.
«Bisogna intervenire, invece, quando compaiono i sintomi tipici, ovvero una tosse persistente con catarro e frequenti bronchiti. In questo caso, è bene richiedere un consulto specialistico per indagare le cause e arrivare a una diagnosi precoce», raccomanda la dottoressa Faverio.
Con l’aggravarsi del problema, potrebbero comparire anche affanno respiratorio durante lo sforzo fisico (provocato dal danneggiamento delle vie respiratorie, la cui funzionalità è compromessa) e spossatezza, legata al fatto che il corpo consuma molta energia per combattere le infezioni, ma anche per tossire e respirare.
Quali sono le cause delle bronchiettasie
A determinare un’anomala dilatazione bronchiale possono essere diversi fattori, molto diversi fra loro. Talvolta le bronchiettasie possono rappresentare l’esito di una grave infezione, come la polmonite o la pertosse infantile (bronchiettasie post-infettive), altre volte sono legate a patologie autoimmuni che ne aumentano l’incidenza (come l’artrite reumatoide o la colite ulcerosa), a malattie genetiche che comportano problemi ai polmoni (come la discinesia ciliare primitiva o il deficit di alfa-1 antitripsina), alla broncopneumopatia cronica ostruttiva o ad altre condizioni cliniche.
Come si diagnosticano le bronchiettasie
Di fronte a questa pluralità di cause, per arrivare alla diagnosi di bronchiettasie, si parte con un’attenta anamnesi del paziente, a cui si possono associare alcuni esami del sangue che “studiano” in particolare il sistema immunitario per escludere deficit o, al contrario, un’iperattività patologica.
«La certezza arriva solamente con una Tac del torace, l’unico esame radiologico in grado di visualizzare le bronchiettasie. Nella maggior parte dei casi, si tratta infatti di dilazioni di pochi millimetri, che una radiografia del torace tradizionale non riesce a rilevare», tiene a precisare l’esperta. «La Tac diventa fondamentale soprattutto nei pazienti che presentano sintomi sospetti senza mai essere stati fumatori. In questa popolazione, la tosse cronica con catarro va sempre indagata».
Una volta giunti alla diagnosi, gli specialisti valutano il livello di gravità del problema (lieve, moderato o grave), a seconda di quanto i sintomi “pesino” sulle attività quotidiane. Per esempio, le bronchiettasie vengono definite gravi se per il paziente è impossibile percorrere cento metri senza fermarsi o se manifesta tre o più infezioni polmonari nell’arco di un anno. «Comprendere il quadro consente allo specialista di impostare il trattamento in maniera più mirata, con maggiori possibilità di successo in termini di prevenzione».
Come si trattano le bronchiettasie
Spesso le bronchiettasie non vengono opportunamente diagnosticate e, per questo, il loro trattamento è inadeguato. «Talvolta si ricorre agli antibiotici per affrontare i singoli episodi infettivi, mentre l’approccio realmente efficace passa attraverso la loro prevenzione per interrompere il circolo vizioso ed evitare riacutizzazioni», spiega la dottoressa Faverio.
Nello specifico, la prevenzione poggia su diverse strategie: «La prima consiste nella fisioterapia respiratoria, un cardine del trattamento, che insegna al paziente una serie di tecniche per liberare i bronchi dalle secrezioni stagnanti. Questo può avvenire grazie a particolari esercizi di respirazione diaframmatica profonda oppure effettuati con l’ausilio di strumenti che migliorano la ventilazione polmonare e facilitano l’eliminazione delle secrezioni, sempre impostati su consiglio medico o del fisioterapista respiratorio». Un esempio è la Pep-bottiglia, cioè una bottiglia contenente circa 10 centimetri di acqua e un tubo lungo 80 centimetri con 1 centimetro di diametro che vi pesca dentro, in cui bisogna soffiare facendo gorgogliare l’acqua in modo costante e prolungato per alcuni secondi, per più volte e poi facendo una pausa.
Utili alcune vaccinazioni
Un altro pilastro della prevenzione è rappresentato dalla vaccinazioni contro le principali cause di infezioni polmonari (vaccino antipneumococcico e anti Haemophilus influenzae tipo B), in modo da prevenire episodi infettivi in cui la sintomatologia peggiora. «Se poi è nota la causa, si può agire su quella con un trattamento specifico che impedisca alle bronchiettasie di aggravarsi nel corso del tempo», aggiunge l’esperta.
Infine, si può ricercare con un esame colturale del catarro un’eventuale colonizzazione di batteri particolarmente aggressivi (come la Pseudomonas aeruginosa) per trattarli con terapie antibiotiche mirate o immunoregolatrici, nel tentativo di sopprimere il microrganismo in questione oppure controllarlo. «In questo ambito è attivo un ampio filone di ricerca, che sta sperimentando nuove molecole in grado sia di controllare l’infezione sia di regolare la reazione del sistema immunitario», annuncia la dottoressa Faverio.
Bronchiettasie, c’è un’associazione ad hoc
Per chi ha ricevuto la diagnosti di malattia e si sente smarrito c’è l’Associazione italiana bronchiettasie, nata per fare rete tra pazienti affetti da questa patologia, allo scopo di fornire informazioni aggiornate da fonti scientifiche autorevoli e aiutare nella ricerca del centro specialistico più vicino al proprio domicilio.
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