Un banale mal di testa: chi soffre di emicrania non utilizzerebbe mai questo aggettivo per definire il proprio disturbo, soprattutto quando è cronico. Si tratta infatti di un problema serio, che causa dolore intenso e martellante per 15 o più giorni al mese, con pesanti ripercussioni sulla vita lavorativa e sociale. E che, spesso, porta ad assumere alte dosi di farmaci, con potenziali rischi per la salute. Ma le buone notizie non mancano.
Oggi stiamo assistendo a una rivoluzione epocale: la lotta all’emicrania è arrivata a una svolta importantissima con la messa a punto di molti trattamenti non farmacologici. Tutte le novità sono state presentate all’ultimo convegno Anircef (Associazione neurologica italiana per la ricerca sulle cefalee) che si è svolto a Milano a metà giugno.
Qui di seguito i nostri esperti te ne illustrano il funzionamento e l’efficacia.
LE NUOVE TECNICHE DI NEUROSTIMOLAZIONE
Nei centri cefalea sono stati avviati diversi studi che hanno arruolato migliaia di pazienti affetti da emicrania cronica, per sperimentare l’efficacia delle nuove tecniche di neurostimolazione non invasiva: la Tms (stimolazione magnetica transcranica) e la tDCS (la stimolazione transcranica a corrente diretta).
«La prima è una metodica già utilizzata con successo come terapia coadiuvante per le gravi forme di depressione», premette il professor Alberto Priori, ordinario di neurologia all’università di Milano e direttore della Clinica neurologica 3 del Polo Universitario San Paolo di Milano. «Metodo mininvasivo, la Tms può essere effettuata anche in ambulatorio senza sedazione o anestesia. Prevede l’applicazione di una bobina di 12 cm di diametro, la cui forma ricorda quella di una padella, sulla parte posteriore del cranio. Questa bobina emana per pochi secondi un campo magnetico che viene percepito come un lieve formicolio e che ha lo scopo di modulare l’“eccitabilità cerebrale”, le cui alterazioni sono implicate nell’origine dell’emicrania».
Funziona? Pare proprio di sì. Tutti gli studi compiuti a riguardo, tra i quali quelli di Filippo Brighina (ricercatore del Dipartimento di biomedicina sperimentale e neuroscienze dell’università di Palermo) dimostrano che la neurostimolazione magnetica riduce sia la frequenza sia l’intensità degli attacchi di emicrania nel 70% dei pazienti trattati, con una riduzione del dolore superiore al 60%. È quindi utile nella profilassi di questa patologia, ma anche ai primi segni di un attacco acuto (che può durare anche diversi giorni).
Altrettanto efficace sembra essere la tDCS, un’altra tecnica di modulazione dell’eccitabilità cerebrale che sfrutta non le onde magnetiche ma la microcorrente elettrica diretta e continua. Sicura e non invasiva, viene anch’essa eseguita in ambulatorio senza bisogno di anestesia.
Come avviene la seduta? «Il paziente tiene in mano un generatore grande circa un pacchetto di sigarette da cui partono dei fili elettrici che terminano con due elettrodi di 5 cm2», spiega ancora il professor Alberto Priori. «Questi vengono applicati per 15-20 minuti sulla nuca ed erogano microcorrenti debolissime, da 1 a 2 mA (millampere). Percepite dalle aree coinvolte nell’avvio della crisi emicramica, hanno lo scopo di desensibilizzarle, senza farmaci ma con i soli impulsi bioelettrici. Risultato che si può ottenere facendo da 6 a 15 sedute (una al giorno), il ciclo ideale per ridurre gli episodi di mal di testa e la loro intensità».
STOP AL DOLORE CON LA TOSSINA BOTULINICA
È dal febbraio 2012 che il Ministero della salute italiano ha autorizzato l’uso della tossina botulinica per la terapia dell’emicrania cronica.
Il via libera dopo un importante studio (chiamato Preempt) effettuato tra il 2009 e il 2011 negli Stati Uniti su circa 1400 pazienti affetti da emicrania cronica. Il protocollo prevedeva un ciclo di cinque sedute di tossina botulinica (una ogni tre mesi), con iniezioni sottocute in punti precisi, da 31 a 35. Tale programma di cura ha comportato una significativa riduzione del numero di giorni al mese con emicrania e dei farmaci usati per curare gli attacchi.
«Il meccanismo d’azione della tossina botulinica non è ancora stato del tutto chiarito», spiega la dottoressa Licia Grazzi, neurologa del Centro cefalee dell’Istituto Besta di Milano. «Sappiamo che questa tossina, prodotta da un batterio (il Clostridium Botulinum), è in grado di influenzare la trasmissione degli impulsi dolorosi a livello del sistema nervoso centrale. La terapia si effettua in ambulatorio, può essere prescritta solo da specialisti del centro cefalee, con pagamento parziale a carico del Ssn. I punti di inoculazione si trovano a livello della fronte, delle tempie, dell’occipite, della nuca e delle spalle, secondo una precisa mappatura stabilita nel corso dello studio Preempt. Le microiniezioni sono rapide e non particolarmente dolorose, effettuate con un ago sottilissimo. L’efficacia non si mostra subito: spesso occorre attendere 2-3 sedute prima di constatare una riduzione dell’intensità e della frequenza degli attacchi».
I risultati riferiti dai Centri cefalea italiani sono buoni. Almeno il 70% dei pazienti si dichiara soddisfatto del trattamento, eseguito con cadenza trimestrale, e riferisce al neurologo un netto miglioramento dei sintomi. «Le ultime indicazioni in materia, tra l’altro, suggeriscono che, in caso di benefici clinici apprezzabili, la tossina può essere ripetuta per più cicli (non solo le 5 sedute previste dallo studio), eventualmente provando ad allungare l’intervallo di somministrazione, una volta stabilizzati i risultati», prosegue la dottoressa Grazzi. «È importante infine sottolineare che, benché la tossina botulinica spaventi un po’, al momento non sono stati segnalati effetti collaterali gravi».
IL “VACCINO” ARRIVERÀ IL PROSSIMO ANNO
Era il 1993 quando il professor Michael Moskowitz, con uno studio pubblicato sulla rivista Neurology, diramò la scoperta che un neuropeptide chiamato CGRP (calcitonine gene related peptite) giocava un ruolo fondamentale nella comparsa dell’emicrania.
«Il CGRP liberato dal nervo trigemino durante l’attacco fa dilatare e infiammare i vasi delle meningi e contemporaneamente spalanca le porte alla trasmissione del dolore verso il cervello», spiega il professor Piero Barbanti, neurologo dell’Istituto scientifico San Raffaele di Roma e presidente dell’Associazione italiana per la lotta contro le cefalee. «La novità degli ultimi anni è che è stato messo a punto un farmaco biologico, impropriamente ribattezzato vaccino antiemicrania, costituito da un anticorpo monoclonale (erenumab) in grado di bloccare il meccanismo che porta alla produzione di CGRP, inibendo la trasmissione del dolore. La sperimentazione, condotta in diversi centri, ha prodotto risultati talmente incoraggianti da ottenere l’approvazione per la commercializzazione lo scorso 17 maggio dalla FDA americana e l’8 giugno dal comitato Chmp (Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). In Italia il farmaco dovrebbe arrivare nel 2019».
Come si somministra? Con un’iniezione sottocutanea da fare una volta al mese, che assicura i suoi benefici già dopo una settimana. Gli studi clinici prevedevano una terapia di tre mesi. Ma si pensa potrà essere impiegato anche per periodi più lunghi (sei o più mesi) nelle forme di emicrania più severe, visto che il farmaco-vaccino ha la stessa tollerabilità del placebo.
I risultati? «In caso di emicrania episodica si ha una riduzione di almeno il 50% dei giorni di emicrania in circa il 50% dei pazienti trattati, contro il 27% del placebo, mentre per l’emicrania cronica si ha una riduzione degli attacchi di almeno il 50% nel 40% dei casi, contro il 23% del placebo», conclude il professor Barbanti.
IL MANNITOLO CURA UN MAL DI TESTA PARTICOLARE
Il mannitolo è uno zucchero osmotico, già utilizzato per la cura di altre patologie, che oggi viene impiegato per combattere una forma acuta di mal di testa, definita “stato emicranico”. Il sintomo che lo caratterizza è un dolore che dura continuativamente per più di tre giorni (72 ore) e non trae sollievo dai farmaci. Lo “stato emicranico” è dovuto a un aumento della pressione del liquido cerebro-spinale in cui galleggia il cervello (ipertensione intracranica idiopatica).
«Fino a poco tempo fa si diagnosticava lo stato emicranico solo quando era accompagnato da edema papillare, un rigonfiamento rilevabile sul fondo dell’occhio con un semplice oftalmoscopio», spiega il professor Roberto de Simone, direttore del Centro cefalee del Dipartimento di neuroscienze dell’università Federico II di Napoli. «Gli studi compiuti dal nostro dipartimento dimostrano, invece, che c’è un grande numero di pazienti che soffrono di ipertensione intracranica anche senza avere l’edema papillare. Persone che magari hanno forti crisi emicraniche per 8-10 giorni di fila e ai quali non vengono prestate cure adeguate perché il loro malessere, sottodiagnosticato, viene liquidato come emicrania cronica. La pubblicazione, lo scorso anno su Neurological Sciences, dei nostri casi clinici dimostra che in questi pazienti la somministrazione di mannitolo in ospedale, tramite flebo, una volta al giorno per 3 giorni, favorisce la rapida risoluzione dello stato emicranico».
Va però precisato che non si tratta ancora di una pratica clinica di routine. Per diventare una terapia consolidata, servono ulteriori studi su larga scala.
LA NEUROSTIMOLAZIONE DA FARE A CASA
La bella notizia? Se il paziente risponde alla neurostimolazione in ospedale, può proseguire la cura a casa propria. Basta acquistare un dispositivo medicale per il trattamento dell’emicrania (soprattutto quella che colpisce la fronte, gli occhi e la metà del volto). Ha ottenuto l’approvazione della FDA ed è venduto sul web con il nome di Cefaly (circa 300 €).
Di che cosa si tratta? «Di un device studiato per la stimolazione dell’area sopraorbitaria, dove passa una delle tre branche del nervo trigemino, il principale coinvolto nell’emicrania», spiega il professor Alberto Priori. «Con dei cerottini si fissano due piccoli elettrodi sulla fronte, tra le sopracciglia, in modo da stimolare bilateralmente il lato destro e sinistro. Quindi si invia una microcorrente continua, regolabile in base alla soglia di sensibilità individuale, per 20 minuti durante i quali si avverte un formicolio o pizzicore. Il trattamento va ripetuto tutti i giorni per alcune settimane e per un massimo di 4 mesi».
QUANDO SONO UTILI I FARMACI
Se l’emicrania è solo occasionale si può combattere il dolore con i farmaci. Quali sono i più efficaci?
↘ Ognuno ha un antinfiammatorio cui risponde meglio: c’è chi ha sollievo con il paracetamolo, chi con l’ibuprofene o il ketoprofene. «L’importante è che il farmaco venga assunto tempestivamente, al primo accenno di mal di testa, per evitare che l’iniziale dolenzìa o ottundimento si trasformi in dolore acuto», avverte il professor Alberto Priori.
↘ «In caso di dolore intenso, che non risponde all’azione analgesica dei comuni antinfiammatori, si prescrivono molecole appartenenti alla famiglia dei triptani (come il sumatriptan, l’almotriptan o il rizatriptan). È importante ricordare che l’abuso di farmaci sintomatici (5 o più antinfiammatori, 10 o più triptani al mese) porta sia a una perdita di efficacia nel tempo sia alla cronicizzazione della cefalea».
↘ «Se l’emicrania è frequente, cioè compare per più di quattro giorni al mese, il neurologo può prescrivere mesi di profilassi, tesa a prevenire gli attacchi, con farmaci quali betabloccanti, calcioantagonisti o antiepilettici».
- LEGGI ANCHE: Emicrania: cosa fare quando è colpa degli ormoni
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato sul n. 28 di Starbene in edicola dal 26/6/2018