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Artrosi del ginocchio: le cellule staminali ritardano l’intervento

Il trattamento con cellule staminali può offrire un potenziale sollievo dal dolore e rimandare l’impianto di una protesi grazie al suo effetto antinfiammatorio. Ma non si tratta di una soluzione adatta a tutti



Non solo protesi, ma anche terapie conservative per rimandare l’intervento. Da qualche anno, l’artrosi del ginocchio può essere trattata con metodiche innovative che sfruttano l’azione delle cellule staminali prelevate dal tessuto adiposo o dal midollo osseo del paziente.

«Il nostro organismo è popolato da migliaia di cellule indifferenziate, cioè non specializzate e ancora prive di una funzione specifica, che in determinate condizioni possono differenziarsi e assumere un compito preciso, come quello di formare nuovi tessuti», spiega il dottor Gianmarco Regazzola, chirurgo ortopedico all’Istituto Clinico Sant’Anna di Brescia e all’Ospedale P. Pederzoli di Peschiera del Garda.

Si tratta delle cosiddette cellule staminali, fondamentali in fase di sviluppo embrionale e durante la crescita, ma altrettanto preziose in età adulta, quando garantiscono quel ricambio cellulare necessario per la funzionalità degli organi e per la sopravvivenza dell’organismo stesso.

Come agiscono le cellule staminali 

Durante le primissime fasi di sviluppo embrionale, queste cellule sono totipotenti e pluripotenti, ovvero sono in grado di differenziarsi e dare origine a qualunque tipo di cellula di cui il nuovo organismo abbia bisogno. Poi, con il passare del tempo e nella vita adulta, perdono la loro potenza, vale a dire la capacità di differenziarsi in tipi cellulari specializzati, ma la medicina rigenerativa ne sfrutta il “potere” residuo, anzi lo implementa per riparare i tessuti malati, danneggiati o mancanti.

«Nel caso della cartilagine, le cellule staminali non sono in grado di ricostruirla, però liberano dei fattori di crescita, cioè proteine dal potentissimo effetto antinfiammatorio che riducono il dolore e il versamento articolare, migliorando la funzionalità del ginocchio», descrive il dottor Regazzola.


Quando sono utili le cellule staminali

Le cellule staminali possono essere utili nell’artrosi, una patologia causata da una degenerazione della cartilagine che ricopre le estremità delle ossa: questa si assottiglia gradualmente, fino a sparire, rendendo difficoltoso lo scorrimento delle strutture l’una contro l’altra. A quel punto, lo sfregamento diretto delle ossa provoca dolore, che è piuttosto tipico, perché a differenza dell’artrite tende a placarsi in condizioni di riposo.

Seppure possa interessare tutti i distretti, l’artrosi coinvolge soprattutto gli arti inferiori: ginocchia, anche e piedi, oltre a colonna vertebrale e mani. Il sintomo principale è il dolore articolare, a cui segue la disabilità funzionale dell’arto.

«Nel caso delle ginocchia, la terapia conservativa con le cellule staminali è indicata in quei pazienti che sono ancora troppo giovani per una protesi ma presentano già un’artrosi avanzata oppure in chi non è ancora pronto per l’intervento dal punto di vista radiografico e della sintomatologia ma lamenta qualche fastidio a causa di un’artrosi moderata», indica l’esperto.

«Le cellule staminali sono potenzialmente utili anche per i soggetti più anziani e con un’artrosi avanzata, ma che non vogliono o non possono sottoporsi all’intervento chirurgico e hanno solo un beneficio parziale con le infiltrazioni tradizionali a base di acido ialuronico».

Come si utilizzano le cellule staminali

Al paziente viene prelevata una piccola quantità di midollo osseo (dalla cresta iliaca) o di tessuto adiposo (in genere dalla zona addominale), che viene poi centrifugata con appositi macchinari in modo da separare la componente di Plasma ricco di piastrine (Prp) dal cosiddetto buffy coat, quella frazione di sangue anticoagulato che contiene la maggior parte dei globuli bianchi e delle piastrine.

Una volta ottenuto il concentrato utile, questo viene iniettato con una siringa nelle articolazioni da trattare, come una normale infiltrazione.

Quali sono i tempi di recupero

Uno dei principali vantaggi del trattamento conservativo con le cellule staminali sta nei tempi di recupero più rapidi rispetto alla chirurgia tradizionale. Tuttavia, questi possono variare a seconda di diversi fattori, tra cui le condizioni generali di salute del paziente e la risposta individuale al trattamento.

«Di solito, bisogna aspettare un mese prima di fare attività fisica, in modo da sfiammare l’articolazione, ma per il resto si può riprendere da subito una vita normale», assicura il dottor Regazzola.

Per quanto tempo è possibile rimandare l’intervento chirurgico? «Dipende dalle richieste funzionali del paziente, cioè dalle sue esigenze e dallo stile di vita, oltre che dall’estensione del danno articolare», tiene a precisare Regazzola. «In base alle attuali evidenze scientifiche, il trattamento con le cellule staminali offre buoni risultati nel breve termine, mediamente per 2-3 anni, ma non si può escludere un beneficio maggiore», ammette l’esperto. «L’importante è associare sempre altri trattamenti, come la fisiokinesiterapia e le infiltrazioni con acido ialuronico, perché questa terapia non è risolutiva».

Il trattamento si può ripetere

Eventualmente, il trattamento si può ripetere. Se un tempo veniva considerato un esempio di one shot treatment, dove il paziente andava trattato solo una volta, oggi sappiamo che la terapia con le staminali può essere ripetuta.

«A quel punto, però, è bene valutarne l’effettiva utilità», conclude il dottor Regazzola. «Tra l’altro, non in tutte le regioni questo trattamento viene coperto dal Servizio sanitario nazionale e il paziente potrebbe ritrovarsi a dover sostenere costi pari a 3000-3500 euro per ogni infiltrazione. Di fronte a queste cifre importanti, bisogna capire se la strada è corretta in base alla radiografia e all’esame clinico».


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