Questa è la storia di Maya, una ragazzina di Milano che a 13 anni ha ingaggiato una guerra senza quartiere contro quello che riteneva essere il suo più acerrimo nemico: il cibo.
A poco a poco ha smesso di mangiare, ha sfidato il suo corpo ai limiti dell’impossbile, è stata sospesa tra la vita e la morte e poi, lentamente, è risalita dal baratro e ha detto addio al suo fantasma pelle e ossa. E per aiutare tutte le ragazze affette da anoressia (il disturbo del comportamento alimentare che interessa l’1 per cento della popolazione) ha scritto un libro intitolato Imparerò ad amarmi (edizioni Piemme), usando il verbo futuro con la consapevolezza che ancora non si ama del tutto e che è sempre sull’orlo del precipizio.
Certo, ora ha appena compiuto 17 anni e ha imparato a volersi un po’ di bene, a non punire il suo corpo di adolescente con comportamenti autolesionistici. Ma non ha ancora recuperato integralmente uno sguardo verso se stessa pieno di clemenza e amorevolezza, testimone del detto che siamo noi i peggiori giudici di noi stessi.
Per capire bene il suo percorso a ostacoli abbiamo intervistato Maria Monaco, la mamma, e Maya che, senza volerlo, incarna molti problemi della Gen Z.
I primi disturbi e la sfiducia in se stessa
Fino a 13 anni Maya è stata una ragazzina solare, piena di amiche e di vitalità, con la passione del pattinaggio sul ghiaccio. Sportivissima, andava a pattinare appena possibile postando spesso video in pista sul suo profilo Tik Tok, insieme ad altre clip in cui cantava o si divertiva a ballare in top e short. Piovevano like, anche più di 1.000, i follower aumentavano di giorno in giorno.
«Ma poi sono subentrate difficoltà scolastiche, le prime note sul diario, diverse incomprensioni con i professori», racconta la mamma di Maya. «In seconda media mia figlia viene bocciata e da questo momento inizia per lei un periodo di profondo malessere e di scarsa fiducia nelle sue capacità. Il rapporto con gli insegnanti, che non approvano in generale il suo comportamento, soprattutto le dirette su Tik Tok, non è buono. Maya viene bocciata una seconda volta, in terza media, e comincia a manifestare un comportamento strano a tavola».
A volte dice che non ha fame e salta la cena, altre volte cincischia con la forchetta ma mette in bocca poco o nulla. Inizia a fissarsi sui condimenti e pretende di mangiare riso, pasta o passati di verdura senza un filo di olio. “Che cos’è questo? Olio? Ti avevo detto di non metterlo!”, urla contro sua mamma. E lei che cerca di difendersi: “ma no, non è olio, è solo l’acqua di cottura”.
L’incontro “devastante” con l’App contacalorie
Grazie a un video su Tik Tok, Maya riesce a scaricare un'App contacalorie che diventerà la sua ossessione. Non si pesa sei volte al giorno come molte anoressiche, ma diventa dipendente da questa App che le consente di tenere sempre a portata di mano le calorie che introduce, quelle che può ancora permettersi in quel giorno secondo calcoli bizzarri, il valore calorico di un dato alimento, il suo peso, la sua composizione in grassi e zuccheri.
Non serve neanche inserire i dati di un prodotto: basta scannerizzare il codice a barre e l’App ti dice vita, morte e miracoli. E Maya è un genietto nelle tecnologie digitali, non le sfugge niente e controlla tutto quello che ingerisce, fosse anche una fetta di mela.
«Comincia a dimagrire a vista d’occhio, scende rapidamente a 36 chili. Inutile che le intimi di mangiare: non servono ricatti, minacce o premi. Lei è convinta di avere le cosce sempre troppo grosse, sproporzionate al suo busto snello e con i muscoli scolpiti dal pattinaggio», rivela mamma Maria. «Insomma non si piace, né fisicamente né come persona. A volte ammette di sentirsi inadeguata a tutto, una ragazza “sbagliata”. Così si punisce, tiene il corpo a stecchetto, anche se all’inizio le forze non le mancano: irrequieta e con l’argento vivo addosso, continua a camminare, anche in casa, a ballare, a correre e a pattinare. Ma poi diventa così debole che deve rinunciare a tutto, anche al suo sport preferito».
La bilancia è impietosa: il peso continua a scendere. La mamma la fa visitare in un centro ospedaliero specializzato nel trattamento dei disturbi alimentari, chiede di ricoverarla, ma non c’è posto per Maya e si limitano a metterla in lista di attesa. Passa il tempo e nessuno la chiama, costole e vertebre ormai si possono contare. Così si rivolge a un altro ospedale sperando che qualcuno la prenda in carico, ma anche lì non c’è un posto libero e la inseriscono in una seconda lista di attesa. Allora i genitori di Maya, disperati, pensano di farla ricoverare privatamente, anche a costo di indebitarsi.
«L’ho portata in due centri privati ma il primo mi ha detto che non prendevano ragazze di 14 anni (troppo giovani!) mentre per il secondo Maya aveva un BMI (Body Mass Index) troppo basso, pari a 13, e non volevano assumersi la responsabilità di seguire una ragazzina che era arrivata a pesare 33 chili per 1,60 di altezza», confessa Monica ripercorrendo con la mente quei dolorosi dinieghi.
Nell'abisso più nero, fino all'incontro con Carolina Kostner
Il tempo passa e Maya diviene uno scheletro che cammina. Anzi, ormai cammina poco perché priva di forze e anche il pediatra le suggerisce di non andare a scuola per risparmiare energie. A un controllo, si scopre che ha un versamento pericardico, un eccessivo aumento di liquido nella membrana che avvolge il cuore. Perché è proprio questo, il cuore, l’organo che cede per primo. Il medico non le rilascia il certificato di idoneità al pattinaggio e Maya cade in depressione. Ma no, di riprendere a mangiare non se ne parla proprio.
«Tutti dicono di volermi aiutare, a cominciare da mia mamma. Ma io penso che l’unica cosa che vogliono è farmi ingrassare», dichiara Maya nel suo libro autobiografico. Ormai è nel loop della disistima, delle cosce grosse, del rifiuto a oltranza del cibo. «Continuava a dimagrire sotto gli occhi e alla fine non riusciva neanche più a parlare, biascicava qualcosa e aveva sempre freddo. Così faceva spesso un bagno caldo e l’aiutavo a uscire dalla vasca perché priva di energie, come un sacco vuoto e informe. A volte le mettevo la mano sul collo per sentire se respirava ancora. Non passava giorno che non telefonassi ai due ospedali in cui era stata messa in lista di attesa per sapere se si era liberato un posto. Ma niente», racconta mamma Maria.
«Alla fine arriva Natale del ’22, Maya si sforza di mangiare una fetta trasparente di panettone dietetico da lei scelto con cura, ma subito vomita», prosegue la mamma. «Il suo stomaco si è ristretto al lumicino e non riesce più a trattenere nulla. Ai primi di gennaio del 2023 noto che ha delle macchie rosso-bluastre sul petto che tendono ad allargarsi su tutto il corpo: sono delle petecchie, segno che anche la circolazione comincia a cedere. Allora la porto in pronto soccorso e mi metto a urlare: o la ricoverate subito o chiamo i carabinieri! Finalmente la ricoverano ma la situazione è più grave del previsto: pesa 24 kg, i suoi organi non funzionano più e finisce in terapie intensiva».
Quindici giorni nel braccio della morte, con il sondino naso-gastrico per l’alimentazione forzata e il suo corpicino appeso a fili e macchinari. Mamma Maria ricorda: «“Preparatevi al peggio”, ci avverte la pediatra. Giorni da incubo, poi Maya ritorna in reparto, ma di mangiare non la sfiora l’idea. Per fortuna ha il sondino che lei all’inizio rifiuta con forza ma che è l’unica ancora di salvezza contro una sfilza di rifiuti. Come si è sbloccata la situazione? Ho fatto venire in ospedale la sua insegnante di pattinaggio, che l’ha un po’ persuasa a riprendere ad alimentarsi per ricominciare a danzare sul ghiaccio, e il giorno del suo 15° compleanno le ho portato due sorprese: una torta e la campionessa di pattinaggio artistico su ghiacchio Carolina Kostner».
Maya è commossa dalla gioia, il suo mito è venuta in ospedale apposta per trovare lei. Insieme assaggiano una fetta di torta.
In cammino verso la ripresa
«Quando ero in ospedale veniva un assistente a cercare di convincermi a mangiare. Ma poiché io non mi lascio persuadere facilmente, rimandavo indietro il vassoio. Così lui un giorno mi ha sequestrato il cellulare, l’ha nascosto e mi ha detto: o mangi i fagiolini o non te lo restituisco», riferisce Maya che alla fine ne mastica uno, mentre nasconde gli altri dentro il pugno, facendoli cadere sul pavimento vicino al letto di ospedale.
L’assistente se ne accorge ma alla fine le restituisce il cellulare che è il auo unico contatto con l'esterno (non vede nessuno, solo mamma e papà possono andare a trovarla). Da questo momento Maya inizia a fare tutti i giorni le live con il vassoio dell’ospedale, il sondino che le pende dal naso e lei che spiega ai suoi amici virtuali che cosa sta mangiando. A dire il vero non mangia molto, però il ghiacchio si è rotto, qualcosa riesce a mandar giù e dopo tre mesi viene dimessa dall’ospedale con un peso di 38 chili.
Sono passati due anni dalle dimissioni. Maya è sempre a quota 38: non ha perso peso ma neanche preso. Quindi un risultato accettabile. Però quella vocina che le dice che non deve mangiare la sente ancora.
«Non è una vocina, è una voce nella mia testa», mi corregge subito lei. «Mi dice che non merito di nutrirmi. I dolci sono una gratificazione e io non ho fatto niente per meritare di gratificarmi. Le scorse feste di Natale ho mangiato pochissimo, quanto basta per sopravvivere senza dover tornare in ospedale. Tutto questo sfilare di torroni, tortellini e panettoni... le feste, con la loro sovrabbondanza di cibo, mi mettono a disagio».
Tutte le sere Maya cena virtualmente con le "amiche" di TikTok, che aspettano le sue live per mettersi a tavola. Discutono di cibo, ma mangiano poco tutte quante, qualcuna è anoressica e cerca più vicinanza che ricette. Allora le chiedo se, ora che ha compiuto 17 anni, ha mai pensato di trovare supporto in una psicoterapia: forse una psicoterapeuta specializzata in DCA (disturbi del comportamento alimentare) riuscirebbe a zittire questa sua voce interiore. «Sì, la neuropsichiatra del San Paolo mi ha detto che a breve devo iniziare le sedute con la psicologa, ma io non ci credo molto». Noi invece ci crediamo, cara Maya. E dovresti crederci anche tu.
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