di Ida Macchi
Articolo pubblicato sul n.26 di Starbene in edicola dal 14/06/2016
di Ida Macchi
In soli due anni, dal 2012 al 2014, il numero di chi soffre di celiachia è aumentato del 15%. Si mantiene costante, invece, il trend che vede una maggiore incidenza di questa malattia nel gentil sesso (il rapporto è di 2 a 1), così come l’esistenza del cosiddetto “iceberg celiaco”: a ogni caso diagnosticato se ne aggiungono da 3 a 5 che passano inosservati. Il perché?
A volte i sintomi sono così sfumati che trascorrono anche 7 anni prima che il problema venga riconosciuto. Con tutti i rischi che ne derivano: i bambini possono avere ritardi di crescita mentre le donne una riduzione della fertilità. Per questo è importante non sottovalutare i sintomi che funzionano realmente da campanelli d’allarme. Ecco che cosa c’è da sapere e come tenere la malattia sotto controllo.
CI SI PUÓ AMMALARE DA ADULTI?
Sì. «La celiachia può manifestarsi, senza aver avuto avvisaglie durante l’infanzia, quando si è ormai adulti », spiega il dottor Luca Elli, gastroenterologo e responsabile del Centro per la prevenzione e la diagnosi della malattia celiaca, Policlinico di Milano. «Il rischio di ammalarsi, al pari di quello che succede nei bambini, è più alto per chi ha un genitore che è già celiaco (le probabilità aumentano del 20%).
Ma qualsiasi sia l’età in cui si manifesta l’intolleranza, piccoli e adulti sono accomunati da un identico destino: divieto assoluto di mettere in tavola pane, pasta, pizza, e biscotti contenenti glutine, una sostanza proteica presente nei derivati di grano, segale e orzo. La sua ingestione, anche in quantità minime, fa produrre al sistema immunitario anticorpi che aggrediscono le mucose di quella parte d’intestino (il tenue) deputata all’assorbimento dei nutrienti», chiarisce l’esperto.
CHI É SENSIBILE AL GLUTINE É CELIACO?
«No. La sensibilità è una reazione al glutine che non innesca la produzione di autoanticorpi», chiarisce Elli. «Nonostante ciò, provoca una serie di disturbi intestinali comuni alla celiachia: gonfiori addominali, diarrea, stipsi, spasmi intestinali. L’eliminazione del glutine dalla dieta può ridurli o farli scomparire».
L'INTOLLERANZA CAUSA SEMPRE DISTURBI INTESTINALI?
«Diarrea e dolori addominali, spesso associati ad arresto della crescita e calo di peso, sono i segnali più tipici della celiachia nei bambini. Sono molti,però, i casi subdoli, caratterizzati da anemia isolata, bassa statura o, addirittura, assenza di sintomi», mette in guardia il professor Carlo Catassi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università politecnica delle Marche.
«Anche in circa un terzo degli adulti l’intestino non dà alcun segnale d’allarme e la malattia si manifesta attraverso segnali più sfumati: mal di testa, dolori alle ossa, crampi, formicolii e stanchezza. Oppure, per mezzo di certe forme di anemia o di osteoporosi precoci: l’intestino non assorbe ferro e calcio e l’organismo va a corto di preziosi nutrienti», spiega il dottor Elli.
IL COLON IRRITABILE PUÓ DIPENDERE DAL GLUTINE?
No. «La sindrome dell’intestino irritabile è legata a un’ipersensibilità di quest’organo. Con la complicità di stress, ansia, emozione e colpi di freddo i muscoli dell’intestino si contraggono in modo anomalo provocando spasmi, gonfiore e attacchi di diarrea, spesso alternati a periodi di stipsi. Questo succede indipendentemente dall’assunzione o meno di cibi contenenti glutine», spiega il dottor Elli.
PER DIAGNOSTICARE LA CELIACHIA È SUFFICIENTE LA VISITA DAL GESTROENTEROLOGO?
«No, occorre effettuare anche un esame del sangue per la ricerca di anticorpi specifici (antitransglutaminasi). Se il test è negativo e si hanno disturbi intestinali, si tratta solo di sensibilità al glutine», rassicura Elli. «Se invece è positivo, è necessaria anche una gastroscopia con il prelievo di un piccolo campione della mucosa dell’intestino tenue, rivolgendosi ad un centro specializzato (trovi l’elenco su celiachia.it). In caso di celiachia, i villi (le piccole propaggini delegate all’assorbimento dei nutrienti) sono appiattiti».
QUESTO VALE ANCHE PER I BAMBINI?
«Non sempre. Spesso bastano soltanto gli esami del sangue (anticorpi antitransglutaminasi e anticorpi anti endomisio)», spiega il professor Catassi. «Se i valori dei primi sono almeno 10 volte superiori a quelli considerati normali, e il test degli anticorpi antiendomisio è positivo, è certo che il piccolo soffre di celiachia e non è necessario alcun ulteriore accertamento».
INTRODURRE PRESTO IL GLUTINE NELLA DIETA DEL BEBÉ AUMENTA I RISCHI?
«Semolino e pastine possono tranquillamente entrare a far parte della dieta del piccolo dai 6 mesi», spiega Catassi. «Le recenti linee guida della Società europea di pediatria, gastroenterologia, epatologia e nutrizione hanno dimostrato che, facendolo, non si espone il bambino a un maggior rischio di soffrire di celiachia».
ESISTE UNA CURA?
«Occorre eliminare tutti i cibi che contengono le farine proibite: si possono sostituire con altri cereali alternativi ma sicuri (mais, riso, grano saraceno, miglio), alcune leguminose come la soia e la quinoa e l’amaranto o con alimenti gluten free.
La dieta azzera tutti i rischi legati alla malattia, ma attenzione anche ai prodotti che possono celare glutine: dentifrici, fermenti lattici, salumi, farmaci e aceti balsamici. Per non perdere la testa fra etichette varie, ci si può rivolgere all’Associazione italiana celiachia, o scaricare l’app gratuita Aic Mobile sul tuo smartphone: dopo aver inquadrato il codice a barre del prodotto che vuoi acquistare, ti dice se è valutato come idoneo dall’Associazione italiana celiachia.
QUANDO SI PUÓ TORNARE A MANGIARE PASTA E PANE?
«Mai, perché con la celiachia l’intolleranza al glutine è permanente», risponde il dottor Elli. «Tentare un riavvicinamento è una manovra ad alto rischio: il sistema immunitario “riconosce” subito le farine proibite e si mette nuovamente in allerta, ricominciando a produrre anticorpi», dice l’esperto.
INFLUISCE SULLA FERTILITÀ
Le difficoltà di concepimento possono dipendere dalla celiachia: «A volte, l’unica spia della malattia è proprio la cicogna che non riesce a prendere il volo o il ripetersi di aborti spontanei: utero, tube e ovaio sono in perfetta salute, ma la gravidanza si interrompe da sola, entro i primi 3 mesi», spiega il gastroenterologo Luca Elli.
«Questo perché probabilmente gli anticorpi non agiscono solo sull’intestino, ma impediscono anche la fecondazione o il corretto impianto dell’embrione», conclude l’esperto.
Articolo pubblicato sul n.26 di Starbene in edicola dal 14/06/2016
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