I keto drink, ovvero le bevande che contengono chetoni, rappresentano gli integratori più gettonati del momento. Disponibili in vari gusti, per esempio, alla fragola o al cioccolato, si trovano in polveri solubili o capsule. Vengono acquistati, per lo più online, da uomini e donne desiderosi di smaltire in fretta i chili accumulati durante la “ferma” della quarantena e tornare a sfoggiare una linea invidiabile, in vista della temuta prova-costume.
Come agiscono i corpi chetonici
Ma come agiscono questi corpi chetonici all'interno del nostro organismo? Mantengono davvero le promesse tanto reclamizzate? Accelerare lo scioglimento dei grassi, potenziare la muscolatura e regalare una sferzata di energia? Purtroppo no.
Si tratta dell'ennesima trovata di marketing, non supportata da evidenze scientifiche. Anzi, pensare di imboccare la scorciatoia dei chetoni esogeni (assunti cioè dall'esterno e non prodotti dal nostro organismo) non fa dimagrire e nuoce alla salute. La dottoressa Diana Scatozza, medico specializzato in scienza dell'alimentazione e farmacologia a Milano, ci spiega perché dire no agli integratori di chetoni.
Come e perché si producono i chetoni endogeni
I chetoni sono sostanze acide sintetizzate dal fegato a partire dai grassi. In caso di diete “estreme”, in cui la quota di zuccheri semplici e complessi viene ridotta ai minimi termini, il corpo umano attiva un meccanismo salvavita per produrre energia, indispensabile per mantenere inalterate tutte le funzioni vitali. Non potendo ricavarla dai carboidrati, prima fonte energetica, mobilizza i grassi di deposito che arrivano in quel laboratorio di analisi, sintesi e trasformazione chiamato fegato. «Quest' organo trasforma i grassi in corpi chetonici che, entrando nel ciclo di Krebs e nella catena di respirazione cellulare, vengono convertiti in energia di pronto utilizzo», spiega la dottoressa Diana Scatozza. «Grazie a questa manovra di salvataggio anche i neuroni del cervello non vanno in deficit energetico ma ricevono il nutrimento necessario per funzionare al meglio».
I prodotti a base di chetoni disponibili sul mercato
I chetoni che entrano nella composizione dei più svariati integratori e che mimano alla perfezione quelli prodotti dal nostro organismo sono tre: l'acido acetoacetico, l'acido betaidrossibutirrico e l'acetone. Ma vi sono prodotti dimagranti che racchiudono anche derivati di chetoni, come i dichetoni di cui il più usato è il diatecile, o precursori degli stessi come l'ultrapubblicizzato MCT (Medium Chain Tryglicerides).
MTC è una sigla che si riferisce agli acidi grassi a media catena presenti soprattutto nell'olio di cocco e di palma che sono molto ricchi di C8 (acido caprilico) e di C10 (acido caprico), due “materie prime” subito trasformate dal nostro fegato in chetoni. Per questa ragione l'olio di MCT è l'ingrediente di molte bevande dal sapore gradevole (vaniglia, cocco, banana, cacao e altri gusti golosi), promosse sia come sostitutivi pasto sia come smart drink per atleti tesi a incrementare i loro livelli di energia.
Perché i chetoni non funzionano
Nella logica delle aziende produttrici fornire i chetoni dall'esterno dovrebbe indurre il nostro corpo a utilizzare questi come fonte energetica. È come se gli dessimo il messaggio di essere a dieta, quando magari continuamo a seguire lo stesso regime alimentare, senza alcuna restrizione calorica. «Il nostro corpo, però, è una “macchina intelligente” che non si lascia ingannare facilmente», avverte la dottoressa Scatozza. «Se riceve i chetoni dall'esterno, non è certo invogliato a utilizzare le riserve lipidiche per produrli da sé. Così i grassi non vengono mobilizzati né tanto meno “bruciati”, come viene millantato da pubblicità ingannevoli. Anzi, se li trova già pronti e disponibili, per l'effetto rebound non attiva quel processo fisiologico di chetogenesi necessario per perdere peso.
Stesso discorso vale per chi ricorre agli integratori chetonici mentre segue una dieta fortemente ipoglucidica. Se si è in carenza di zuccheri, l'organismo provvede già da sé a formarli e non c'è alcun bisogno di assumerne altri con bevande e compresse varie. Fatto che non solo “frena” la lipolisi ma che comporta anche un eccesso di chetoni, endogeni ed esogeni, destinati ad accumularsi all'interno dell'organismo».
Tutti i rischi di un surplus di chetoni
Quando queste sostanze acide superano i valori-limite si verifica una condizione negativa per la salute chiamata chetoacidosi. «Il Ph dei tessuti e del sangue, che normalmente è neutro (compreso tra 7 e 7,4) scende progressivamente verso valori acidi, come 5 o anche 4», prosegue la dottoressa Scatozza. «Tale acidosi tissutale comporta un sovraccarico di lavoro per i reni, chiamati a smaltire una marea di scorie acide, specie se l'utilizzo degli integratori è associato a una dieta iperproteica fortemente sbilanciata e penalizzante i carboidrati.
Intaccando anche le proteine, sempre come meccanismo di compensazione, l'organismo si trova così in una condizione di “autointossicazione”, pieno di chetoni e tossine acide che i reni si sforzano di espellere con le urine. Uno stress che spesso fa alzare l'azotemia, spia della funzionalità renale. Occorre, quindi, invertire il senso di marcia e tornare in una situazione di riequilibrio metabolico, se non si vuole incorrere in problemi: mal di testa, debolezza, mancanza di forze e di concentrazione, nausea, vomito, confusione mentale e disturbi neurologici. Senza contare l'alito che sa di acetone, esattamente come quello dei bambini piccoli che, con la febbre alta, rifiutano di mangiare».
Perchè è importante seguire una dieta equilibrata
Invece di affaticare il corpo con queste sostanze di scarto, è bene seguire una dieta equilibrata lasciando che sia lui stesso ad attivare la chetogenesi per far fronte ai propri bisogni energetici. «Personalmente sconsiglio sia gli integratori di chetoni sia le diete a bassissimo indice glicemico», prosegue l'esperta.
«Per dimagrire, basta ridurre la percentuale di carboidrati e zuccheri semplici al 40 per cento dell'introito calorico giornaliero: 70 grammi di pasta o riso integrale e 50 grammi di pane, gallette, fette biscottate o crackers sono sufficienti a non andare in chetosi spinta ma abbastanza stimolanti per avviare il processo di smaltimento dei grassi».
In altre parole, le scorciatoie non servono a nulla. Per perdere peso in maniera graduale e costante, con risultati stabili nel tempo, è meglio consultare un dietologo in grado di prescrivere regimi ipocalori ci ben bilanciati invece che affidarsi alle ultime mirabilia strillate dal dottor Google.
articolo pubblicato il 22 giugno 2020
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