Dagli anni Ottanta l’importanza dello stretching è stata sempre più riconosciuta, anche perché certificata da sempre nuovi studi. Una ricerca dell’università di Brisbane, in Australia, ne ha evidenziato l’utilità per preservare la flessibilità con l’avanzare dell’età, mentre gli studiosi del dipartimento di fisioterapia dell’Università Maximilian, di Monaco di Baviera, hanno stabilito che riduce di oltre il 50% i dolori muscolari.
Un lavoro dell’ateneo di Londra, inoltre, assicura che lo stretching contribuisce a migliorare la performance negli atleti professionisti. «Allungare i muscoli fa sì che si mantengano elastici, in più scioglie le contratture e riduce il rischio di infortuni», conferma Simone Morelli, personal trainer e docente di scienze motorie all’Università dell’Insubria di Varese.
Oggi per fare stretching ci si ispira allo yoga
«Il primo stretching praticato era quello balistico: si raggiungeva l’allungamento massimo e poi si molleggiava. Una pratica però ad alto rischio di trauma, perché a una brusca tensione come quella del molleggio, le fibre muscolari rispondono con una rapida contrazione», prosegue il nostro esperto.
«Un’altra variante datata è quella dello stretching dinamico, che prevede slanci controllati di braccia e gambe, senza rimbalzi, aumentando ampiezza e velocità di esecuzione con l’obiettivo di raggiungere un equilibrio tra il muscolo che si contrae e quello che si allunga. Ma anche questa tecnica può esasperare gli scompensi posturali».
Così oggi in gran parte delle palestre viene proposto lo stretching statico messo a punto da Bob Anderson, allenatore sportivo di team nazionali americani.
«Ispirandosi alle posizioni e all’attenzione al respiro dello yoga, Anderson ha codificato e dettato regole ed esercizi: praticare lo stretching dopo un adeguato riscaldamento o comunque alla fine dell’attività sportiva, raggiungere la posizione di massimo allungamento in modo lento e mantenerla senza molleggi per 15-30”; fermarsi prima di avvertire dolore e non trattenere il fiato ma abbinare una respirazione profonda, rilassata», spiega Morelli.
In seguito il metodo è stato perfezionato da nuove tecniche, alle quali si ispirano gli esercizi che ti proponiamo qui sopra e che puoi eseguire anche ogni sera per sciogliere le tensioni accumulate nella giornata.
L'importanza di riequilibrare
Oltre a rilassare, lo stretching 2.0 ha come obiettivo anche il riequilibrio posturale con metodiche come la Pnf (Proprioceptive neuromuscolar facilitation): «Si basa su esercizi divisi in 4 tempi. Si inizia con un allungamento, da raggiungere in modo lento; lo si mantiene per 20”, attivando negli ultimi 6 il muscolo da fermi; poi ci si rilassa per 5” prima di ripetere per 30”. Il tutto per 3-5 volte», illustra sempre l’esperto. «L’obiettivo? La tenuta isometrica “inganna” i propriocettori, le terminazioni nervose che inviano le informazioni al cervello, e permette con il secondo allungamento di guadagnare una maggiore ampiezza di movimento».
Un’altra tecnica è quella dello stretching globale attivo, che focalizza l’azione sulle catene muscolari. «Quando si compie un’azione, ad esempio la flessione del braccio, è importante considerare tale movimento non generato da un singolo muscolo ma da un insieme di fasci che, in maniera sinergica, compiono il lavoro. Questo vale anche per l’elasticità: quindi, se c’è una contrattura bisogna tener presente tutti i muscoli della stessa catena. Ogni posizione di allungamento evolve in maniera progressiva, lavorando anche sulla respirazione, sino a coinvolgere nel loro insieme le fasce tra loro collegate», spiega Simone Morelli.
L’ultima novità consiste poi nel Deep Stretching - Metodo Canfora: «L’obiettivo è coinvolgere i muscoli più profondi, quelli più vicini allo scheletro e che svolgono un’azione costante di sostegno al nostro corpo, garantendoci l’equilibrio. E che spesso, a causa di posture scorrette o blocchi emotivi, lavorano male», spiega l’ideatrice Elena Canfora, che è anche maestra di meditazione.
«Si lavora sdraiati a terra, a occhi chiusi, inspirando profondamente ed espirando lentamente (ma senza mai forzare il flusso del respiro), per sbloccare il diaframma e sciogliere le tensioni. Al tempo stesso si agisce anche sulla parte emotiva, perché il rilassamento porta a una diminuzione degli ormoni legati allo stress e a una riduzione dei processi infiammatori».
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