Risponde il dott. Paolo Pizzinelli, cardiologo e internista a Milano
È un apparecchio salvavita: in caso di fibrillazione ventricolare, una grave aritmia che azzera la contrattilità del cuore impedendogli di pompare sangue, è in grado di erogare un impulso elettrico che “resetta” le cellule cardiache, ripristinando così il battito normale.
L’incidente è più frequente in chi ha le coronarie malate, una cardiopatia dilatativa o ha già avuto un infarto, ma può colpire anche un cuore sano, dopo uno stress acuto, o un’attività fisica molto intensa che ha mandato a corto di potassio l’organismo.
Poter intervenire subito fa la differenza: grazie allo shock elettrico del defibrillatore, le possibilità di salvezza aumentano sino all’85%. Ecco perché ormai questi apparecchi sono presenti in molti punti strategici, come impianti sportivi, stabilimenti balneari, aeroporti o centri commerciali.
Tutti possono imparare a usarli: si applicano sul torace della persona da soccorrere due elettrodi, in modo che il dispositivo effettui una serie di elettrocardiogrammi.
Se riscontra che è in corso una fibrillazione ventricolare segnala (di solito attraverso un pulsante a forma di triangolo con l’immagine di un fulmine) di essere pronto per effettuare la scarica.
Premendo il tasto, il soccorritore avvia la procedura: in quel momento nessuno deve toccare l’infortunato perché rischia di rimanere fulminato.
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Articolo pubblicato sul n. 32 di Starbene in edicola dall 25/7/2017