di Oscar Puntel
Strategie aggiornate per la gestione dei casi di meningite, un piano vaccini appena approvato (fino al 2019) e gli ultimi dati epidemiologici condivisi dalle regioni. Sono le principali novità emerse dagli “Stati generali della meningite”, organizzati dalla Simit, la Società italiana di malattie infettive e tropicali, proprio intorno alla patologia che sta preoccupando gli italiani. I numeri aggiornati ci permettono di capire il comportamento della malattia, la sua diffusione sul territorio, chi e perché deve proteggersi.
In base ai dati aggiornati al 16 novembre 2016 del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Prevenzione della Salute presso l’Istituto Superiore di Sanità, il numero di casi di malattia sistemica da meningococco, in Italia, risulta in lieve aumento negli anni 2012-2015 (nello specifico erano 138 nel 2012, poi sono gradualmente aumentati fino ad arrivare a 196 nel 2015). L’incidenza nel 2015 è stata di circa 1 caso ogni 300.000 abitanti. Nel 2016 (alla data del 16 novembre) sono stati segnalati 178 casi. «Se ogni infezione dovesse avere risonanza mediatica, sarebbe un allarme continuo: avremmo statisticamente due nuovi casi ogni tre giorni circa. Tutto ciò non deve spaventare, così come non si deve abbassare l’attenzione. Per questo la vaccinazione è importante. È l’unico strumento efficace per prevenire o ridurre le manifestazioni della malattia», sottolinea Massimo Andreoni, primario malattie infettive al Policlinico Tor Vergata di Roma.
UN NUOVO CALENDARIO
Grazie ai nuovi dati epidemiologici, diramati ufficialmente al summit sulla meningite, e alle ultime ricerche scientifiche su questa patologia, il Ministero ha aggiornato il calendario vaccinale per il prossimo triennio. «Queste vaccinazioni non sono obbligatorie», precisa Marco Tinelli, segretario nazionale della Simit, ma il Ministero le raccomanda per favorire l’immunità di gregge, una protezione globale della popolazione. Se si vaccinano in molti, si riduce la possibilità di circolazione di virus o batteri e quindi si abbassa il rischio di contrarre agenti infettivi». Ecco che cosa prevede il nuovo piano vaccinale sulla meningite, valido per il triennio 2017-2019:
- La vaccinazione per il meningococco B va fatta nei bambini entro il primo anno di vita: nello specifico a 3-4 mesi e poi un richiamo al sesto mese. Vengono effettuati altri due richiami al 13esimo e al 15esimo mese.
- Il vaccino per il meningococco C (quello che ha dato più preoccupazioni in questo periodo) va fatto nei bambini al 13esimo mese di età.
- Il vaccino tetravalente ACYW va fatto agli adolescenti (dagli 11 ai 18 anni), a prescindere dalle vaccinazioni effettuate durante l’infanzia e a chi viaggia all’estero in aree endemiche (in particolare Nord Africa e Medio Oriente). È consigliato anche a tutti coloro che viaggiano all’estero e devono partecipare a eventi affollati, come concerti o manifestazioni. È, inoltre, fortemente consigliato a chi soffre di particolari patologie, per esempio i portatori di immunodeficienze congenite o acquisite.
COSA DICONO GLI ULTIMI DATI
Dietro questo calendario aggiornato, ci sono i nuovi dati sulla meningite, diffusi dalla Simit, dai quali risulta che la fascia d’età più colpita è l’infanzia. Ci spiega l’esperto: «Fino a 4 anni di vita, il tasso di incidenza è stato di 3,7 ogni 100mila bambini nel 2015 (per fare un confronto, nello stesso anno, l’incidenza nella popolazione generale è stata di 0,32 casi per 100mila persone).
Il tasso di infezione nei bambini è più alto perché i piccoli hanno il sistema immunitario in formazione, quindi più esposto alle infezioni. I dati ci dicono anche che fino a 4 anni è più probabile riscontrare infezioni da meningococco B e che l’infezione da meningococco C risulta più rischiosa successivamente. Per questo il piano prevede di sottoporre il vaccino anti-B nel primo anno di vita, con alcuni richiami nei mesi successivi, mentre l’anti-C viene inoculato dopo il primo anno di vita», dice il dottor Tinelli.
CHI SONO I PORTATORI SANI
Il meningococco è un batterio subdolo, perché circola molto. «In qualsiasi momento un numero di persone che va dal 10% al 20% della popolazione può diventare “portatore sano” di meningococco. Se contraiamo il batterio, questo alberga nelle nostre vie nasali, magari per qualche settimana, senza necessariamente sviluppare alcuna patologia. La maggior parte delle persone lo ha ospitato almeno una volta nella vita. Può diventare “cattivo” in un caso su mille», avverte Tinelli.
La domanda a questo punto è: per quali persone il meningococco diventa “cattivo” e porta a meningite? «Non lo sappiamo», risponde il nostro esperto. «Ma sospettiamo che ci sia una base genetica in questo meccanismo: il batterio attacca chi non è “robusto” dal punto di vista delle difese immunitarie. Ecco perché si insiste sulle vaccinazioni: sono fondamentali, perché permettono di ridurre la presenza del batterio responsabile, impedendo che diventi patogeno per alcuni, le cui difese immunitarie sono più deboli per costituzione genetica».
L’AIUTO DELLA RETE E IL NUOVO TEST MICROBIOLOGICO
I reparti di malattie infettive degli ospedali italiani sono tutti in rete, per condividere le scelte operative nella gestione delle malattie e i dati su eventuali focolai infettivi. «Tutti i Centri di malattie infettive hanno a disposizione uno strumento diagnostico di ultima generazione: si tratta di un nuovo test microbiologico, in grado di fornire una diagnosi di meningite, nel giro di pochissimi minuti (prima erano necessarie ore). È un test sicuro e costoso, deciso dall’infettivologo quando si trova davanti a un caso sospetto, e che viene effettuato sul liquor, il liquido che avvolge il nostro sistema nervoso centrale (il liquor viene prelevato con una puntura lombare).
febbraio 2017
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