È possibile ammalarsi una seconda volta di Covid? La domanda sorge spontanea dopo la divulgazione di uno studio preliminare firmato King's College di Londra che sostiene che l'immunità, dopo il contagio, sembra indebolirsi in pochi mesi, con livelli anticorpali, in alcuni pazienti, non più rilevabili.
A dar credito a questa ipotesi il caso di una donna a Pozzuoli, ritornata positiva dopo la malattia, esattamente come un evento precedente in provincia di Verona.
Abbiamo chiesto un parere al nostro virologo, Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi di Milano.
Professore, come dobbiamo interpretare il nuovo studio inglese?
«Lo studio inglese è un "pre-print", cioè pubblicato per stimolare il dibattito scientifico prima dell'approvazione (peer rewiew) del comitato di "saggi" della rivista scientifica, che ha il compito di fare le pulci a tutti gli studi che vogliono essere pubblicati definitivamente», spiega Pregliasco. «Quindi, da questo punto di vista, siamo ancora a un livello che richiede ulteriori apperofondimenti, prima di poter dire "è proprio così"».
Che cosa pensa dei casi italiani di persone che si sono ammalate di nuovo?
«Non è certo che si tratti di "ricadute"», commenta il virologo. «Esistono i falsi positivi e i falsi negativi, e anche il tampone non è infallibile. È anche soggetto all'errore umano: può succedere, per esempio, che nell'inserirlo nel naso la manovra sia fatta non in modo perfetto e non si riesca a prelevare sufficiente muco dal naso, soprattutto se la carica virale è bassa».
Quindi non abbiamo ancora certezze sul tema?
«A oggi non abbiamo casi chiari di persone che hanno avuto davvero una ricaduta», conclude Pregliasco. «L'unica certezza arriva dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che dice che dopo 10 giorni dall'inizio dei sintomi più altri 3 dalla totale cessazione di quest'ultimi si può parlare di guarigione, al punto da non richiedere il tampone obbligatorio, anche se in Italia per sicurezza lo facciamo sempre».
articolo pubblicato il 15 luglio 2020