I conflitti di interesse nel settore possono compromettere la sicurezza e l’efficacia dei vaccini?
I potenziali conflitti di interesse ci sono, perché sono le aziende farmaceutiche a produrre i vaccini e a studiarne, a proprie spese, gli effetti, prima di commercializzarli. E sempre loro “finanziano” l’Agenzia europea del farmaco (Ema), l’ente chiamato a verificare tali studi per autorizzare o meno l’uso dei vaccini (come di altri farmaci).
Per molti, dato che “dietro c’è innanzitutto l’interesse a vendere farmaci”, non ci si può fidare di quanto sostengono i produttori. «Gli studi su efficacia e sicurezza dei vaccini,anche se finanziati dalle aziende,seguono regole molto rigorose imposte da enti pubblici regolatori.
Inoltre l’Ema non è in realtà finanziata dalle aziende, che pagano una sorta di tassa per poter sottoporre gli studi a una valutazione, indipendentemente dal risultato delle verifiche. Ciò non toglie che il conflitto di interesse esista, e che si debba fare di più per limitarlo.
Per esempio, si potrebbe affidare la sorveglianza degli eventi avversi ad agenzie terze», spiega Lopalco. «Un’azienda che nascondesse i rischi di un proprio vaccino, comunque, avrebbe un danno di immagine ma soprattutto economico elevatissimo, tanto che al primo problema è spesso la stessa a ritirare un prodotto prima ancora che lo faccia l’autorità di controllo».
«Anche perché i guadagni sui vaccini sono molto inferiori a quelli di altri farmaci», aggiunge Roberto Burioni, docente di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
«Secondo il Rapporto Osmed, nel 2015 per i vaccini abbiamo speso in Italia 317,9 milioni di euro (l’1,4% della spesa totale farmaceutica), mentre solo per antiacidi e antiulcera si è speso più di un miliardo di euro».