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Vaccini, perché fanno sempre discutere

Le polemiche su questo tema sono sempre più accese. Ecco le risposte degli esperti ad alcune domande chiave

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di Valeria Ghitti


Dici vaccini e scoppia, quasi immancabile, la polemica tra chi si schiera a favore e chi contro.

L’ultimo caso riguarda l’inchiesta della trasmissione tv Report volta, nelle intenzioni degli autori, a far luce soprattutto sulla vaccinovigilanza (il sistema pubblico di verifica di eventuali effetti collaterali in questo settore della salute) e le possibili reazioni avverse (in particolare dell’antipapilloma virus) ma che di fatto ha contribuito a risollevare dubbi su tutto il mondo delle vaccinazioni. Perché finisce sempre (o quasi) così quando si affronta questo argomento?

La questione vaccini è anche politica?

«I vaccini, oltre che un tema medicoscientifico, sono un tema sociale e politico, dal momento che i piani vaccinali sono decisi dai governi e rivolti a tutta la popolazione», sottolinea Pier Luigi Lopalco, professore di igiene e medicina preventiva all’Università di Pisa, epidemiologo e, a lungo, coordinatore delle politiche vaccinali nel Centro europeo per la prevenzione ed il controllo delle malattie di Stoccolma.

Quando entrano in gioco la propaganda e il dibattito tra partiti aumenta la confusione. Lo dimostra la bagarre che si è scatenata qualche giorno fa tra i nostri politici, dopo un editoriale del quotidiano New York Times contro le posizioni anti vaccini espresse da alcuni 5 Stelle.

Il rischio di effetti collaterali è alto?

I vaccini si somministrano a persone sane, e quindi le potenziali reazioni avverse della vaccinazione spaventano molto di più dei rischi che si corrono a non farla.

«Se di fronte a un farmaco che prendiamo quando stiamo male siamo pronti a rischiare un effetto collaterale, con i vaccini, che assumiamo da sani, è difficile, a livello psicologico, accettare anche un rischio minimo. Si finisce per dare più peso ai possibili effetti avversi della vaccinazione che a quelli che derivano dal non farla», sottolinea Lopalco.

«Dati e studi scientifici ci dicono, però, che nella gran maggioranza dei casi, gli effetti collaterali sono lievi, di tipo locale e transitori (febbre leggera, gonfiore nel punto dell’iniezione), oppure facilmente risolvibili», spiega Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

«Quelli gravi sono rarissimi e decisamente inferiori a quelli scatenati dalla malattia che si vuole prevenire. Per esempio, il vaccino contro il morbillo ha un rischio di allergie gravi o encefaliti in un caso ogni milione di dosi, ma la probabilità di morire per la malattia è di un caso ogni 3000 contagiati, e uno ogni 1000 di avere un’encefalite», conclude l’esperto.

I vaccini sono tutti necessari?

Anche la distinzione tra vaccinazioni  obbligatorie e raccomandate, nel nostro Paese ha contribuito a far credere che le prime fossero necessarie, le seconde meno.

«L’obbligo era legato a un particolare contesto storico di emergenza sanitaria, ma oggi tutti i vaccini inseriti nei livelli essenziali di assistenza sono ugualmente importanti», spiega Rezza.

«L’inserimento, infatti, viene fatto sulla base di approfondite valutazioni che tengono conto non solo dell’efficacia e della sicurezza del vaccino, ma anche della diffusione della malattia e del rapporto tra i benefici legati alla vaccinazione e i costi, di salute ma anche economici, legati invece alla sua mancata effettuazione».

I vaccini contengono sostanze pericolose?

Sul contenuto dei vaccini si sollevano ciclicamente accuse di pericolosità, sempre smentite: l’ultima riguarda la presenza nei vaccini dei cosiddetti contaminanti, in particolare “nanoparticelle” (cioè parti microscopiche) di metalli pesanti, come l’alluminio.

«L’Agenzia del farmaco francese ha fatto un accurato studio scientifico analizzando i principali vaccini e dimostrando che il contenuto di nanoparticelle è molto inferiore a quello assunto quotidianamente, e senza rischi, mangiando o bevendo. L’alluminio, per esempio, è presente solo in alcuni vaccini per migliorare la risposta immunitaria, ma lo è in quantità assolutamente sicure», aggiunge Caterina Rizzo, del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità.

«Inoltre, prima di entrare in commercio, campioni di ogni lotto di vaccini vengono puntualmente sottoposti a controlli terzi, tra cui quelli dell’Istituto superiore di sanità, proprio per escludere contaminazioni».

La vaccinovigilanza funziona?

Per vaccinovigilanza intendiamo l’insieme delle attività di raccolta, valutazione, analisi e comunicazione degli eventi avversi che seguono la vaccinazione. Si basa soprattutto sulle segnalazioni spontanee.

«In Italia sono ancora molto limitate rispetto ad altri Paesi Europei. Si tratta quindi di incentivarle e stimolarle », sottolinea Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano.

C’è però chi lamenta di trovarsi davanti a medici che si rifiutano di farle. «Hanno l’obbligo di segnalare qualsiasi evento avverso, ma anche il cittadino può occuparsi direttamente della segnalazione senza passare dal medico: basta compilare un modulo e spedirlo via mail», sottolinea Lopalco.

I conflitti di interesse nel settore possono compromettere la sicurezza e l’efficacia dei vaccini?

I potenziali conflitti di interesse ci sono, perché sono le aziende farmaceutiche a produrre i vaccini e a studiarne, a proprie spese, gli effetti, prima di commercializzarli. E sempre loro “finanziano” l’Agenzia europea del farmaco (Ema), l’ente chiamato a verificare tali studi per autorizzare o meno l’uso dei vaccini (come di altri farmaci).

Per molti, dato che “dietro c’è innanzitutto l’interesse a vendere farmaci”, non ci si può fidare di quanto sostengono i produttori. «Gli studi su efficacia e sicurezza dei vaccini,anche se finanziati dalle aziende,seguono regole molto rigorose imposte  da enti pubblici regolatori.

Inoltre l’Ema non è in realtà finanziata dalle aziende, che pagano una sorta di tassa per poter sottoporre gli studi a una valutazione, indipendentemente dal risultato delle verifiche. Ciò non toglie che il conflitto di interesse esista, e che si debba fare di più per limitarlo.

Per esempio, si potrebbe affidare la sorveglianza degli eventi avversi ad agenzie terze», spiega Lopalco. «Un’azienda che nascondesse i rischi di un proprio vaccino, comunque, avrebbe un danno di immagine ma soprattutto economico elevatissimo, tanto che al primo problema è spesso la stessa a ritirare un prodotto prima ancora che lo faccia l’autorità di controllo».

«Anche perché i guadagni sui vaccini sono molto inferiori a quelli di altri farmaci», aggiunge Roberto Burioni, docente di microbiologia e virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

«Secondo il Rapporto Osmed, nel 2015 per i vaccini abbiamo speso in Italia 317,9 milioni di euro (l’1,4% della spesa totale farmaceutica), mentre solo per antiacidi e antiulcera si è speso più di un miliardo di euro». 

C’è chi parla ancora di autismo come conseguenza delle vaccinazioni: cosa sappiamo oggi di sicuro in merito?

La presunta relazione tra vaccini e autismo è nata da una frode, ma per la mamma al cui figlio viene diagnosticata la malattia proprio nei mesi successivi a una vaccinazione è facile continuare a credere che le due cose siano collegate.

«“Dopo” la vaccinazione, però, non significa automaticamente “a causa” della vaccinazione. Se pensiamo che in media 90 bambini su 100 vengono vaccinati durante il primo anno di vita, è facile capire che tutto ciò che avviene in questo anno può essere correlato temporalmente alla vaccinazione», spiega il professor Lopalco.

«Servono poi studi e valutazioni approfonditi e complessi, per arrivare a capire con sicurezza se c’è o meno un nesso causale. E per quanto riguarda l’autismo, le ricerche lo hanno sempre escluso categoricamente», ribadisce Rizzo.

I vaccini sono efficaci al 100%

Non tutti i vaccini sono efficaci allo stesso modo: alcuni, come quello per la pertosse, non danno immunità per tutta la vita e quindi richiedono richiami. Nessuno poi dà una copertura del 100%, cioè su 100 vaccinati ci sarà sempre qualche persona (per esempio 5 dopo la prima dose dell’antimorbillo, che ha un’efficacia del 95%, che diventa 1 dopo la seconda dose) su cui il vaccino non ha effetto.

«Tuttavia anche i meno efficaci, come quello della parotite, guadagnano in efficacia grazie all’immunità di gregge, perché più persone vengonovaccinate, minore è il rischio che chi non è protetto si ammali», spiega l’immunologo Roberto Burioni. È grazie ai vaccini che è scomparso il vaiolo e anche polio e difterite, da noi, sono praticamente sparite.

Il vaccino anti-Hpv protegge davvero?

Il nuovo piano vaccinale lo raccomanda a ragazze e ragazzi dagli 11 anni di età. Ma il vaccino anti-Hpv è uno di quelli che fa sorgere dubbi sulla sicurezza ed efficacia.

«Milioni di ragazze e ragazzi sono stati vaccinati e, a oggi, dopo 11 anni di vaccinazioni, si può dire che il vaccino è sicuro», afferma il farmacologo Silvio Garattini. «Rappresenta una valida prevenzione contro l’infezione da papilloma virus, causa accertata di tumore del collo dell’utero».

Quanto è efficace nel suo compito di prevenzione oncologica? «Sicuramente è fondamentale, perché blocca l’insorgenza delle 
lesioni correlate all’Hpv sul nascere», afferma Francesco Raspagliesi, direttore del centro Hpv dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano.

«Comporterà una riduzione stimata delle displasie cervicali (che possono degenerare in tumore del collo dell’utero) del 90%, e l’introduzione del nuovo vaccino nonavalente aumenterà ulteriormente la protezione, pur non sostituendo il pap-test.

Inoltre, avrà effetti anche su altre aree interessate dall’infezione (vulva, vagina, orofaringe, regione perianale e pene) oltre che sui condilomi: nei Paesi dove la vaccinazione è stata da più a lungo introdotta, i primi risultati sono già visibili», conclude l’esperto.

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Articolo pubblicato sul n. 21 di Starbene in edicola dal 9/05/2017

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