Bufale o speranze fondate? Dai social network ai siti più seri, la Rete abbonda ogni giorno di notizie sui tumori. Nuove cure o test diagnostici miracolosi sembrano ormai a portata di mano, ma quando si esaminano da vicino, si scopre una realtà molto più complicata.
«C’è una iperproduzione di notizie sul tema», osserva Carmine Pinto, presidente nazionale di Aiom, Associazione italiana oncologia medica. «Alcune università e centri di ricerca pubblicizzano, a volte in modo enfatico, sperimentazioni appena avviate, generando molta confusione.
I pazienti dovrebbero fidarsi del proprio oncologo. E stare certi che, se c’è una nuova cura approvata, lui ne è a conoscenza ». Vediamo allora, cone cosa c’è di concreto tra le novità di cui si è parlato di recente.i, che cosa c’è di concreto tra le novità di cui si è parlato di recente.
Il super pc che individua la cura giusta è ancora in fase di rodaggio
La Ibm ha investito milioni su Watson, il supercomputer capace di “suggerire” all’oncologo la cura migliore in pochissimo tempo. Secondo uno studio pubblicato dalla rivista Neurology Genetics, in 10 minuti ha trovato una possibile terapia per un tumore cerebrale, compito che un team di espertiha svolto in 160 ore.
E, l’anno scorso, presso l’Istituto di medicina dell’università di Tokyo, ha risolto un raro caso di leucemia mieloide. Watson dispone di tutto lo scibile più avanzato sui tumori: milioni di cartelle cliniche e protocolli di cura, 200 libri e 300 pubblicazioni mediche, inseriti nel sistema dai medici del prestigioso Memorial Sloan–Kettering Cancer Center di New York.
Si usa in 55 centri nel mondo (è diffuso soprattutto in Asia e Sud America, poco negli Usa e in Europa, assente in Italia ), che si collegano ai maxi server del software. «Potrà rivelarsi utile grazie alla sua enorme capacità di calcolo. Ma va ancora rodato e difficilmente sostituirà la decisione finale dell’oncologo. Al massimo sarà un supporto», commenta il nostro esperto.
In effetti, anche l’Ibm ammette che Watson sarà pronto a dare una risposta per circa l’80% dei casi solo entro fine anno. Ed è comunque un sistema che va “nutrito” continuamente con l’inserimento (manuale) dei dati.
Il selfie che diagnostica il cancro al pancreas è poco più di un gioco
Si chiama Biliscreen, ed è una app per cellulare testata dalla University of Washington. Tramite la fotocamera inquadra gli occhi di una persona e avverte sui rischi di un tumore al pancreas quando scova un accumulo eccessivo di bilirubina, prima che questo sia reso visibile dal classico ingiallimento della sclera (la parte bianca).
«Sarebbe bello, ma appare poco più che un gioco», taglia corto il dottor Pinto. «La colorazione gialla può essere la spia di tante patologie, dall’ittero alla calcolosi. Per collegarla a un tumore occorrono esami ben più approfonditi».
La "penna" che scova il tumore è in fase di sperimentazione
MacSpec, una sorta di penna inventata all’Università del Texas, si appoggia su un tessuto sospetto del paziente, rilascia una goccia d’acqua che si mescola con le cellule umane e in pochi secondi verifica la presenza di metaboliti tipici di un tumore. Secondo i ricercatori, i test su 253 persone si sono rivelati esatti nel 96% dei casi.
«La strada è buona, ma è solo una sperimentazione, e non ha ancora applicazione nella realtà», dice l’esperto. E comunque non sarà certo un dispositivo venduto in farmacia, perché funziona solo se collegato a uno strumento sofisticato (lo spettrometro di massa) ed è destinato ai chirurghi oncologi, che otrebbero usarlo dopo un’operazione per valutare se tutto il tessuto tumorale è stato asportato.
Il virus Zika “mangia” le cellule cancerose, ma è solo uno studio
Il virus Zika aggredisce le cellule progenitrici dei neuroni del cervello. Allora, i ricercatori dell’Università della California, hanno pensato di “dirigerlo” forzatamente contro le cellule staminali di un particolare tipo di cancro cerebrale, il glioblastoma. E dai primi test, in provetta e sui topi, sembra che davvero le annienti.
«Siamo sempre nel campo della sperimentazione, ancora ben lontani da una cura che utilizzi il virus Zika come “medicina”», dice l’esperto. E, in ogni caso, anche secondo i ricercatori non sarebbe una terapia a sé, ma andrebbe in aiuto alla chemio tradizionale, per eliminare quelle cellule che hanno resistito al trattamento.
La chemio per i tumori al seno piccoli non è un protocollo di cura
In molti pensano che un cancro al seno sotto il cm di diametro sia meno grave e quindi andrebbe evitato il peso della chemioterapia dopo l’asportazione. Ma uno studio del Centro Eortc di Bruxelles, da poco presentato, assicura che anche questo tumore ritorna nel 25% dei casi e con metastasi più aggressive.
Quindi va “bombardato”. «Lo studio conferma qualcosa che ormai gli oncologi sanno e cioè che i tumori sono diversi tra loro e si differenziano non solo per dimensione, ma anche in base a tipologia e biologia della neoplasia ed età del paziente.
Ognuno necessita dell’approccio migliore. Ma anche sotto il cm di diametro non è detto che sia per forza la chemio, oggi disponiamo di altri strumenti, come l’immunoterapia», afferma l’esperto.
3 nuove molecole promettenti per il cancro al polmone
Ancora oggi, meno del 20% dei malati di cancro al polmone sopravvive a 5 anni dalla diagnosi. Ma le cure farmacologiche contro questa patologia sono tra le grandi novità dell’ultimo Congresso europeo di oncologia (Esmo). Come la molecola durvalumab, ormai a livello di studio clinico di fase 3, quello che precede l’immissione in commercio.
È stata testata su pazienti resistenti a chemio e radioterapia dando ottimi risultati. Fa ben sperare anche un’altra molecola in fase 3, l’osimertinib, efficace contro le metastasi cerebrali che spesso accompagnano il tumore al polmone. Infine, alectinib riduce la progressione della malattia e di metastasi cerebrali in una tipologia particolare di tumore, quello Alk-positivo.
Il farmaco è già stato approvato negli Usa e dall’Agenzia europea del farmaco, mentre l’Agenzia italiana non ha ancora autorizzato la commercializzazione. Manca solo questo step.