a cura di Paola Rinaldi
Se funziona poco, il metabolismo rallenta e si riducono le funzioni vitali, sia fisiche che mentali. Se lavora troppo, il corpo accelera le sue prestazioni, con tutti i rischi di un’eccessiva iperattività. Pigra o su di giri, la tiroide gioca un ruolo fondamentale nel metabolismo e nella funzionalità di molti organi, per cui è importante tenerne sotto controllo il corretto funzionamento. Ecco un estratto dell’intervista di Radio RTL 102.5 al professor Alfredo Pontecorvi, endocrinologo del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma (alla fine dell’articolo, trovi il link per ascoltare la versione integrale).
Professor Alfredo Pontecorvi, vogliamo iniziare con una panoramica generale sulla tiroide?
Si tratta di una ghiandola endocrina, situata alla base del collo, che produce particolari sostanze chimiche che chiamiamo ormoni. Questi vengono rilasciati nel sangue e poi trasportati alle cellule e ai tessuti bersaglio, dove esplicano la loro azione. Gli ormoni tiroidei sono principalmente due: la tiroxina, nota anche come T4, e la triiodotironina, o T3. Poi ce n’è un terzo, meno comune, chiamato calcitonina.
La tiroide sembra onnipresente, la sentiamo spesso nominare perché associata a tantissimi sintomi. È davvero così?
Sì, in effetti quelle tiroidee sono patologie piuttosto comuni, soprattutto nelle donne, ma spesso questa ghiandola viene ingiustamente associata a molti sintomi generici, che invece non hanno nulla a che fare. Soprattutto quando parliamo di ipotiroidismo, in cui la tiroide funziona in modo insufficiente, i sintomi sono davvero aspecifici: stanchezza, depressione, sonnolenza e tendenza a prendere peso. Nell’ipertiroidismo invece, in cui la tiroide funziona in modo eccessivo, si può assistere a un aumento del tessuto intorno agli occhi per la sindrome di Basedow-Graves, una forma di malattia tiroidea autoimmune. Ma talvolta una protrusione del globo oculare può essere dovuta a una miopia grave, che può simulare la malattia di Basedow-Graves.
Quanto incide l’ereditarietà nelle malattie della tiroide?
Le patologie tiroidee sono molto più comuni nelle donne e hanno una familiarità multi-genetica, causata cioè da tante piccole alterazioni che si trasmettono nel ramo femminile della famiglia. Una delle complicanze più comuni è la formazione di noduli tiroidei, che si verificano quando la tiroide lavora in modo eccessivo e si ingrossa, formando degli ingrossamenti anomali e ben circoscritti. Sono molto comuni, soprattutto se di piccole dimensioni, e possono essere riscontrati in oltre il 50 per cento delle persone che si sottopongono a un’ecografia della tiroide. Per questo motivo, è importante che le ecografie tiroidee vengano effettuate solo in caso di familiarità per problemi tiroidei o in presenza di sintomi sospetti, per evitare di individuare noduli innocui che potrebbero creare inutile preoccupazione, visto che circa il 95 per cento di questi ingrossamenti è benigno e non rappresenta un pericolo per la salute.
Quali sono i principali nemici della tiroide?
Mi piace definire la tiroide “un rivelatore della contaminazione ambientale”, come è stato drammaticamente dimostrato dopo l’esplosione della centrale nucleare di Černobyl, che ha causato un’elevata incidenza di tumori della tiroide nei giovani sotto i vent’anni residenti in quelle zone. Altre sostanze che possono avere effetti negativi su questa ghiandola sono gli additivi utilizzati per rendere antiaderenti le pentole e le padelle, nonché le sostanze ignifughe che rivestono i divani e le poltrone. Curiosità: l’ipertiroidismo è una patologia molto comune anche nei gatti.
Come possiamo proteggere la tiroide?
Attraverso la prevenzione. Per esempio, una carenza di iodio nell’alimentazione è spesso alla base della formazione di noduli tiroidei, ma possiamo facilmente correggere questa carenza utilizzando sale iodato al posto del comune sale da cucina. Basti pensare che in paesi come Austria e Svizzera, dove la carenza di iodio è molto diffusa a causa della presenza di montagne, la sostituzione del sale ha permesso di ridurre significativamente la prevalenza del gozzo e dei noduli tiroidei. Teniamo conto che l’assunzione giornaliera di iodio raccomandata è di circa 150 microgrammi, che si possono ottenere consumando 5 grammi di sale iodato. Ci sono alcuni luoghi poi, come le mense scolastiche, dove l’utilizzo di sale iodato è obbligatorio e questo contribuisce a ridurre la carenza di iodio nella popolazione italiana.
Quindi, la sola assunzione adeguata di iodio può contribuire a prevenire la formazione di noduli tiroidei?
Sì, perché aiuta la ghiandola a funzionare in maniera ottimale senza sforzo eccessivo. Tuttavia, qualora venisse riscontrato un nodulo tiroideo, è importante sottoporsi a un’ecografia per determinarne le caratteristiche. Se l’ecografista lo ritiene benigno, la probabilità che sia maligno è molto bassa e l’ecografia assume lo stesso valore diagnostico dell’agoaspirato, una metodica minimamente invasiva che andrebbe riservata solo ai noduli che presentano caratteristiche sospette.
Puoi ascoltare l’intervista completa al professor Alfredo Pontecorvi, endocrinologo del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma su RTL 102.5 Play News “Lifestyle”: Patologie della tiroide con Ludovica Marafini, il Conte Galè e Ilaria Arpino