Mammografia: scova il tumore prima che faccia danni

Gli esperti non hanno dubbi: l’esame è indispensabile per la diagnosi precoce. Per prevenire la malattia, invece, servono dieta corretta e
attività fisica



di Chicca Belloni

Il botta e risposta tra Beppe Grillo e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin sull’utilità delle mammografie per la prevenzione del tumore al seno ha scatenato un grande sconcerto e tanta confusione. Vediamo allora di fare chiarezza. Cominciamo con i dati: questo tumore lo scorso anno ha colpito 48.000 donne, un numero, secondo gli esperti, destinato a crescere nel futuro. Per fortuna, però, aumentano anche le chance di farcela; la percentuale di sopravvivenza è dell’87% a cinque anni dalla diagnosi e arriva al 98% se il tumore viene scoperto grazie alla mammografia.

Ma quali sono i comportamenti che ci aiutano a tenerlo lontano e come organizzare il proprio programma di controlli? Abbiamo rivolto queste (e altre domande) alla professoressa Adriana Bonifacino, responsabile dell’Unità di Senologia dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma, e alla professoressa Debora Rasio, specialista in Oncologia della stessa struttura e ricercatrice nutrizionista dell’Università La Sapienza di Roma.

Dice che la mammografia non aiuta la prevenzione?
Occorre fare chiarezza su che cosa si intende con questa parola. «La prevenzione primaria è quella che, attraverso alimentazione e attività fisica ci permette di ridurre il rischio di ammalarci», spiega Adriana Bonifacino. «Invece la prevenzione secondaria, o diagnosi precoce, è l’insieme delle strategie (prime fra tutte la mammografia, e poi ecografia, risonanza magnetica, agoaspirato, biopsia) che ci consente di scoprire la malattia in una fase iniziale, quando è possibile fare terapie conservative».

A quale età si devono iniziare i controlli?
«La prima mammografia va prevista a 40 anni», precisa Bonifacino. «Se in famiglia ci sono più casi di tumore al seno, si può anticipare a 35 anni». I programmi di screening gratuito prevedono l’esecuzione di una mammografia all’anno (o ogni due) tra 50 e 69 anni, perché questa è la fascia di età più a rischio. Ma i controlli vanno continuati anche dopo. Il 35% dei tumori mammari coinvolge le donne oltre i 70 anni».

Le radiazioni possono essere rischiose?
«Assolutamente no: non è stato dimostrato alcun danno da raggi legato alla mammografia eseguita periodicamente», rassicura Adriana Bonifacino. «È invece provato che il beneficio supera gli eventuali rischi».

Quando fare l’ecografia?
«Questo esame non prevede l’utilizzo di radiazioni, ma di ultrasuoni, e può essere fatto anche più precocemente, per esempio se si prende la pillola da molto tempo (gli ormoni possono favorire la formazione di un tumore) o si hanno noduli evidenti alla palpazione. E si può continuare a ripeterlo periodicamente senza limiti di età. Nella maggior parte dei casi, soprattutto nei seni giovani, l’ecografia va alternata alla mammografia: un anno una, un anno l’altra», dice Bonifacino.

L’autopalplazione è utile?
«Ancora oggi il 70% delle donne scopre di avere un nodulo con la palpazione. La percentuale sarebbe più bassa se tutte facessero mammo ed ecografia», puntualizza l’esperta. «In ogni caso conoscere e prendere confidenza con il proprio seno, senza temere di toccarlo, può aiutare a cogliere le variazioni nell’intervallo tra un’indagine strumentale e l’altra: un cambiamento del colore della pelle, piccole escoriazioni del capezzolo o fuoriuscita di liquido sono segnali che dovrebbero essere comunicati subito al medico di fiducia».

Un'alimentazione corretta serve a restare sane?
«Sì, è ormai provato che un terzo dei tumori è legato a una dieta sbilanciata», spiega la professoressa Debora Rasio. «Il periodo in cui stare più attente è quello della menopausa (prima il cibo ha un peso minore). Le persone sovrappeso e obese producono più estrogeni, che favoriscono lo sviluppo dei tumori. Quindi tieni sotto controllo il peso con una dieta per l’80% rappresentata da vegetali, che sia a basso contenuto di zuccheri, di grassi e proteine animali».

Ci sono cibi salvaseno?
«La frutta e la verdura ci riforniscono di sostanze antinfiammatorie e antiossidanti», afferma la nutrizionista. «Una dieta “verde” aiuta anche a gestire gli effetti collaterali delle cure per chi si è già ammalato e a ridurre il rischio di recidive. Tra le verdure, non rinunciare alle crucifere (cavolo cappuccio, rucola, cavolini). Sì alla frutta secca: contiene acidi polinsaturi che, invece di arricchire i grassi sottocutanei, s’inseriscono nelle membrane cellulari, favorendo la comunicazione tra una cellula e l’altra e attenuando le infiammazioni. Ok poi alle spezie e ai soffritti: far passare le verdure nell’extravergine stimola la produzione di bile e l’eliminazione delle tossine liposolubili».

Dobbiamo stare attente alle porzioni?
«Sì. Anche al numero dei pasti: mangiare spesso, per esempio, stimola ormoni responsabili della crescita tumorale. Bisognerebbe fare una colazione ricca, un pranzo bilanciato e una cena frugale  (possibilmente non tardi) con cereali integrali, verdura, pesce», suggerisce Rasio. «Un lungo digiuno notturno permette al nostro corpo di riparare e rigenerare le cellule difettose che sono più a rischio di degenerazione».

Praticare sport tiene alla larga il tumore?
«Sì, l’attività fisica permette di tenere sotto controllo il peso, ma, soprattutto, rimette in equilibrio i nostri ormoni, quelli della crescita e quelli sessuali, l’insulina, il cortisolo, il glucagone», conferma Debora Rasio. «Lo sport è un farmaco potentissimo, anche per chi è stata operata e sta facendo le cure,  perché contrasta gli effetti collaterali, primo tra tutti la stanchezza.Correggere l’alimentazione e iniziare l’attività fisica, dopo la diagnosi, arriva a dimezzare il rischio di recidiva di molti tumori».

Fumo e alcol che ruolo hanno?
«È dimostrato che la sigaretta aumenta il rischio, soprattutto in menopausa, ma non sono chiari i motivi. Anche l’alcol può favorire l’insorgenza di un tumore e lo fa in modo direttamente proporzionale alle quantità: bere più di un bicchiere di vino al giorno, dicono le statistiche, aumenta del 7% le probabilità di ammalarsi», conclude la professoressa Rasio.

È vero che chi allatta ha meno probabilità di ammalarsi?
«Allattare fa bene; ma anche le donne che lo hanno fatto si devono sottoporre agli esami periodici di mammografia edecografia: uniche vere armi efficaci per prevenire il tumore», avverte la senologa.

Chi ha avuto casi in famiglia deve fare più esami?
«Certamente no se la malattia ha colpito una sola persona (una nonna, una sorella, la mamma) dopo i 50 anni: il rischio per questa patologia non aumenta», precisa Bonifacino. «Se invece i casi in famiglia sono più numerosi (2-3) e, soprattutto, accertati in un’età inferiore, si dovranno fare esami più ravvicinati. Ma sarà il senologo a decidere e a consigliare, eventualmente, se fare il test (che è un banale prelievo del sangue) per la ricerca di una mutazione genetica per i tumori della mammella e dell’ovaio (BRCa1 e 2). Bisogna ricordare che poco più del 10% dei tumori della mammella è su base genetica. Sui circa 50.000 casi in Italia, in pratica, solo poco più di 5000 sono dovuti alla mutazione».

La prevenzione a tavola
Una dieta corretta aiuta a tenere alla larga il tumore al seno. Ecco i cibi da privilegiare e quelli da evitare.

Rucola - Contiene glucosinolati, che aiutano a eliminare le sostanze tossiche. Mangiala 3-4 volte alla settimana.

Curcuma - È la spezia salvaseno per eccellenza (la trovi nel curry). Usala per insaporire i tuoi piatti.

Noci - Sono ricche di acidi grassi polinsaturi che spengono le infiammazioni. Ok a 4-5 al giorno come spuntino

Zucchero -Come il pane bianco, scatena picchi di insulina, che favoriscono la crescita delle cellule tumorali.

Formaggi - I dati epidemiologici dicono che chi consuma tutti i giorni latticini ha più probabilità di recidive.

Patate fritte - Cotte ad alte temperature, contengono acrilammide, che può aumentare il rischio di tumore

Articolo pubblicato sul n.22 di Starbene del 19/05/2015 in edicola

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