In Italia, secondo i dati diffusi dal Ministero della salute, il consumo di sale è pari a 11 g al giorno per gli uomini e a 9 per le donne, circa il doppio (nel primo caso un po’ di più, nel secondo un po’ di meno) rispetto ai 5 g quotidiani raccomandati dall’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità.
I rischi di questa pessima abitudine? Moltissimi, come spiega il dottor Riccardo Paloscia, gastroenterologo a Viterbo e autore del libro Nostro sale quotidiano (Silvio Pellico editore, 8 €): «Eccedere con il sale costringe a un superlavoro i reni. Questi organi hanno il compito di eliminare le tossine prodotte dal nostro organismo, riassorbendo i minerali che altrimenti andrebbero persi con le urine. Se però la quantità di sale è eccessiva, i reni devono anche trattenere molta acqua: serve per diluire il sodio (uno dei componenti, l’altro è il cloro, davvero pericoloso per la salute) ed evitare che finisca nel sangue in concentrazioni eccessive».
Avrai notato che quando mangi la pizza, il prosciutto crudo o il pecorino (tutti alimenti particolarmente sapidi), senti il bisogno di bere di più. È un meccanismo di difesa del tuo organismo. Le conseguenze? «Ritenzione idrica, aumento del volume del sangue (tradotto in parole semplici significa che ce n’è di più in circolazione), con possibilità nelle persone predisposte di avere un’impennata della pressione arteriosa e, a cascata, diversi problemi a essa collegati, tra i quali l’aumento del rischio di infarto e ictus», spiega il nostro esperto.
Sotto accusa il cibo pronto
Secondo i dati dell’Istat, i problemi cardio e cerebrovascolari (uniti a ischemie e altre malattie cardiache) sono responsabili del 35-40% delle morti registrate ogni anno nel nostro Paese. Eppure al cibo saporito non rinuncia nemmeno la grande maggioranza di chi è iperteso e dovrebbe seguire menu iposodici. A farlo è soltanto il 19% delle donne e il 9% degli uomini.
Siamo dei pessimi cuochi oppure è anche colpa delle aziende del food che stentano a collaborare? Secondo l’Istituto superiore di sanità, in Italia oltre il 50% del sale che ingeriamo ogni giorno è contenuto nei cibi consumati fuori casa. Sul banco degli imputati i piatti pronti, precotti o industriali. E poi i dadi per brodo, gli alimenti conservati, i salumi, i formaggi stagionati, le salse di soia, gli snack come patatine e noccioline, i fiocchi di cereali, il pane: tutti andrebbero fortemente limitati o eliminati. È stato calcolato che, se rispettassimo i consigli dell’Oms, il rischio di avere un ictus si ridurrebbe del 23% e quello di ammalarci di cuore del 17%.
Ma non solo, tanti altri sarebbero infatti i vantaggi per la salute: «Un’eccessiva quantità di sodio nella dieta è collegata anche a un rischio più alto d’infezioni di Helicobacter pylori, gastriti e tumori dello stomaco, maggiori perdite di calcio dalle ossa attraverso le urine e quindi probabilità elevate di soffrire di osteoporosi e andare incontro a fratture, in particolare del femore. Perché allora non adottare una “controcucina”, fatta di olio usato a crudo, erbe aromatiche e spezie capaci di esaltare il sapore originale di un cibo in modo intelligente?», si domanda il dottor Paloscia.
Ma si può fare la scelta giusta
Mettere insieme un menu a basso contenuto di sale non è certo facile, però è possibile.
Per riuscirci, abituati a leggere l’etichetta nutrizionale che c’è sugli alimenti: «La quantità di sale deve essere indicata per legge sulla maggior parte dei prodotti confezionati. Prima di metterne uno nel carrello, confrontalo con altri appartenenti alla stessa categoria: ti accorgerai che le differenze, in fatto di sale, sono a volte notevoli», avverte il nostro esperto.
«Impara poi a ragionare per porzioni. Armati di una calcolatrice e verifica quanto sale viene fornito da 20, 50 o ancora 80 grammi, cioè dalla quantità di quell’alimento che effettivamente consumi. All’inizio potrà sembrarti macchinoso, ma vedrai che alla fine riuscirai a riconoscere al volo che cosa acquistare».
E per i prodotti venduti al banco? Come scoprire il loro grado di sapidità? Per esempio andando sul sito della Società italiana di nutrizione umana (sinu.it); oppure consultando le tabelle degli alimenti del Centro di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (nut.entecra.it).
Attenta, però: riportano il contenuto di sodio, per cui devi dividere il valore indicato per 40 e moltiplicarlo per 100, perché un etto di sale è costituito da circa 40 g di sodio e 60 g di cloro.
«Quando poi sei in cucina, prova ad aggiungere gradualmente meno sale (e sempre iodato) alle tue ricette, in modo da abituare il tuo palato e quello dei tuoi familiari a un sapore più “sano”. Insaporisci invece i cibi con erbe aromatiche fresche e spezie, ricche tra l’altro di sostanze che rallentano l’invecchiamento delle cellule. E aumenta il consumo di frutta e verdure fresche: forniscono infatti potassio, l’antagonista del sodio che aiuta a regolarizzare i valori della pressione sanguigna», ti esorta ancora una volta il dottor Riccardo Paloscia.
Per scoprire il menu a basso contenuto di sale studiato per te dal nostro esperto, sfoglia la gallery!
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