Suicidi fra gli anziani, Italia maglia nera in Europa

La solitudine e la perdita di ruolo sociale sono le principali cause di depressione nella terza età: il basso tono dell’umore non va mai sottovalutato, perché può sfociare in eventi tragici, dettati dalla disperazione



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Non tutti i primati sono positivi. È il caso di quello che vede l’Italia “maglia nera” in Europa per i suicidi tra gli anziani, visto che il 38% di chi si toglie la vita nel nostro Paese ha più di 65 anni. A pesare di più è la solitudine: stando ai dati Eurostat, il 14% degli anziani non ha nessuno a cui chiedere aiuto e il 12% non ha una persona di fiducia con cui confidarsi, a fronte di una media europea del 6,1%.

«Nella maggior parte dei casi, i suicidi compiuti o tentati fra la popolazione anziana sono associati a un disturbo depressivo, e spesso sono eventi “ragionati”, cioè pianificati e organizzati, raramente d’impulso», commenta il dottor Davide Vernè, psicologo della Fondazione Don Carlo Gnocchi a Torino.

«Sono più frequenti tra gli uomini: secondo gli ultimi dati, 40 casi su 100 mila, rispetto ai 5 casi su 100 mila che coinvolgono il gentil sesso. Non è solamente merito della maggiore resilienza femminile, ma anche della spiccata capacità delle donne di reinventarsi dal punto di vista sociale».

Perché gli anziani sono depressi

In effetti, il senso di solitudine si amplifica al momento del pensionamento, quando si vive una perdita del proprio ruolo sociale: le donne compensano lo stop sul lavoro con nuove (e vecchie) occupazioni, come prendersi cura della casa, cucinare, aiutare i nipoti, fare volontariato e così via.

«Gli uomini sono culturalmente meno inclini a queste attività, per cui vedono gli impegni diradarsi e iniziano a sentirsi “inutili” in una società che identifica l’importanza dell’individuo a seconda di quello che è in grado di fare», evidenzia il dottor Vernè. «Oltretutto, nella terza età possono comparire delle malattie croniche che penalizzano ulteriormente i rapporti sociali e magari comportano una sofferenza fisica, che incide anch’essa, a volte pesantemente, sul tono dell’umore».

Quando la depressione è spia di demenza

Se la depressione appare per la prima volta in età avanzata e non ci sono alle spalle altri periodi di “down”, è bene non sottovalutare il problema: talvolta, un basso tono dell’umore rappresenta il segnale anticipatore di un imminente deterioramento cognitivo.

«È abbastanza frequente che, in presenza di un declino cognitivo patologico, la depressione si manifesti prima di franchi disturbi della memoria: il motivo sta nel fatto che ad essere segnato dal decadimento indotto dall’età sono anche “circuiti” che coinvolgono il lobo frontale, la zona del cervello collegata all’iniziativa, alla voglia di fare progetti, allo sguardo fiducioso verso il futuro», descrive il dottor Vernè.

Per questo motivo, quando in un familiare anziano notiamo tristezza, calo della spinta vitale, perdita di interessi, isolamento sociale e clinofilia (si tende a rimanere nel letto anche senza dormire), è sempre bene richiedere il consulto di uno specialista per indagare il problema.

Come identificare i segnali di allarme

Generalmente, quando la depressione prende il sopravvento, il suicidio può essere visto come l’unico modo per risolvere problemi esistenti, perché il peso della sofferenza impedisce di cercare sbocchi alla crisi e di entrare in contatto con persone che potrebbero essere di aiuto.

I tentativi di suicidio possono essere messi in atto non soltanto in modo diretto, ma anche indiretto attraverso comportamenti che portano a lasciarsi morire, a non alimentarsi, a non curarsi adeguatamente.

Per i familiari, quali campanelli d’allarme consentono di riconoscere la vera depressione da una normale tristezza? «L’aspetto principale è la presenza di un umore fisso verso il basso, immodificabile, con perdita d’interesse e, spesso, disturbi del sonno: anche gli eventi positivi oppure le cose che prima regalavano gioia diventano stressanti», spiega il dottor Vernè. Per esempio, se prima dava felicità avere i nipoti in giro per casa, adesso basta il pensiero del loro arrivo a creare fastidio.

Cosa fare

Oltre a un consulto specialistico, nella terza età è fondamentale continuare a socializzare. Per coltivare relazioni salutari, si possono sfruttare associazioni di volontariato, circoli (sportivi, ricreativi o culturali), corsi (di cucito, pittura, bricolage), gite organizzate, orti comuni, parrocchie.

«La famiglia, inoltre, deve abbattere il retaggio culturale che considera normale il declino cognitivo dovuto all’età: la perdita di interessi, di memoria, di contatto sociale e di vitalità va sempre indagata», conclude l’esperto. «Altri segnali da non sottovalutare sono i disturbi del sonno e il dimagrimento, che talvolta è dovuto al fatto che gli anziani smettono di cucinare perché non ricordano più come si preparano alcuni piatti. Non lasciamoli soli, stimoliamoli, coinvolgiamoli e chiediamo aiuto ai primi segnali di depressione».

maggio 2024


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