Riconoscere il tumore del cavo orale precocemente oggi è possibile grazie a uno spazzolino. Sì, hai capito bene, proprio uno spazzolino simile a quello per la pulizia dei denti, ma utilizzato per eseguire uno specifico test salivare. Il prototipo, frutto della ricerca condotta da Studium Genetics, spin-off di Alma Mater Studiorum, è stato messo a punto dal professor Luca Morandi, biologo molecolare associato dell’Università di Bologna, con la collaborazione di Davide Gissi, odontoiatra, e Achille Tarsitano chirurgo maxillofacciale, mentre è stato testato nella pratica clinica presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.
Un test epigenetico per diagnosi precoce
«Si tratta di un test con una duplice funzione per la diagnosi precoce e per la prognosi» spiega Luca Morandi. «La diagnosi precoce è fondamentale in questa tipologia di tumori perché nella maggior parte dei casi arriva in fase tardiva quando il tumore è già in stadio avanzato (stadio 3 e stadio 4), quindi il tumore è di dimensioni notevoli e si fa fatica ad asportarlo chirurgicamente».
Un ritardo che può essere letale. Oggi circa il 50% dei pazienti non sopravvive dopo 5 anni dalla diagnosi. «Il cavo orale dovrebbe essere facilmente esplorabile anche perché si dovrebbe andare dal dentista almeno una volta all’anno – rimarca il biologo molecolare -, invece non sempre ciò accade e questi tumori evolvono velocemente. Non solo, la biopsia che fino a oggi permetteva di diagnosticare il tumore del cavo orale, molte volte viene rifiutata dal paziente perché giudicata traumatica e invasiva».
Lo spazzolino salvavita
Quindi il test salivare potrebbe rivoluzionare la diagnostica e il paradigma di cura di questi tumori. «L’esame è di facile esecuzione e assolutamente non invasivo», prosegue Morandi. «Si effettua nelle zone considerate a rischio per la presenza di lesioni preneoplastiche. Possono essere leucoplachie (macchie bianche) oppure eritroplachie (macchie rosse). Le prime sono presenti nel 2,6% della popolazione, ma solo una piccola percentuale (3,5%) evolve in tumore. Al contrario le macchie rosse nell’80% dei casi sono forme cancerose.
Esiste poi una terza condizione che riguarda un'infiammazione diffusa della mucosa orale (lichen planus orale), che diventa cancerosa nell’0,5% dei pazienti. In tutti i casi, una volta individuata la lesione sospetta, si passa lo spazzolino dotato di setole direttamente sulla lesione senza creare dolore o fastidio al paziente. Il test è fondamentale nell’identificare i pazienti con carcinoma squamoso del cavo orale e displasia di alto grado, oltre alle leucoplachie, eritroplachie e i lichen planus che evolveranno in tumore. I campioni della mucosa vengono raccolti in una provetta con una soluzione che ne permette la conservazione a temperatura ambiente».
L’analisi di 13 geni del Dna per la percentuale di rischio
Il campione viene poi processato in laboratorio per analizzare lo stato del Dna in 13 geni associati alla malattia. «L’obiettivo è diagnosticare precocemente i carcinomi e quali lesioni sono a rischio. Mediante un algoritmo brevettato viene eseguito un calcolo che genera un punteggio di rischio preciso e attendibile. La soglia è 1.06. Al di sopra il paziente è positivo e quindi sarà indirizzato verso un centro di patologia orale o chirurgo maxillo-facciale che potrà eseguire la biopsia e poi in base al referto istologico procedere chirurgicamente».
Lo studio dei 13 geni presenti nel DNA permette di avere uno screening con una sensibilità del 97% e una specificità dell’88%. Il che significa una precisione superiore ad altri test oggi utilizzati nelle campagne di prevenzione, come la mammografia che ha una sensibilità dell’80-85% o il PSA della prostata che pur avendo una sensibilità del 93% ha una specificità solo del 20%. Il test epigenetico valuta quindi le modifiche del Dna e può essere ripetuto a cadenza annuale o biennale a secondo delle indicazioni dello specialista.
Chi sono i soggetti a rischio
L’insorgenza del carcinoma orale avviene solitamente nella fascia di età tra i 50 e i 60 anni. Secondo i dati dell’Oms sono circa 745.000 i casi segnalati in tutto il mondo con un tasso di sopravvivenza a 5 anni del 50% della popolazione interessata.
«Ad essere più colpiti sono i grandi fumatori e gli alcolisti», puntualizza il biologo molecolare. «Tra le popolazioni più a rischio ci sono India e Pakistan per l’abitudine della popolazione di masticare foglie di tabacco o di betel. Esiste poi un’altra categoria a rischio e si tratta di soggetti che contraggono l’HPV. In questo caso, grazie ai vaccini attendiamo nei prossimi anni una diminuzione dei casi».
Il ruolo del test salivare può essere determinante anche per il monitoraggio della malattia a distanza di alcuni mesi dall’insorgenza. «Il rischio di recidiva è molto alto, più di qualsiasi altra forma di tumore», precisa Morandi. «Per questo il test deve essere ripetuto anche dopo la rimozione chirurgica del carcinoma per monitorare il follow up e intervenire tempestivamente nel caso di ricomparsa di cellule tumorali».
Allo studio uno spazzolino per tumori orofaringei e del naso
Nonostante sia appurata l’utilità del test salivare per la prevenzione e la prognosi del tumore del cavo orale, oggi il Sistema Sanitario Nazionale non prevede la rimborsabilità. Quindi il test - acquistabile on line dal dentista, dall’otorino o dal chirurgo maxillofacciale sul sito di Studium Genetics ad un costo di circa 200 euro – è a carico del paziente.
«Grazie alla collaborazione con l’IRCCS San Raffaele intendiamo diffondere l’uso del test salivare per ridurre la mortalità del tumore del cavo orale nel giro di qualche anno», conclude lo specialista. «Nel frattempo, tra due mesi sarà messo a punto uno spazzolino con una forma più allungata, simile a quello utilizzato per il Covid, per riconoscere in anticipo i soggetti potenzialmente a rischio di sviluppare tumori della faringe o del naso».
novembre 2023
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