Una ricerca italiana apre la strada a nuove strategie per la diagnosi e la terapia della SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica. Una malattia rara, dall’impatto drammatico. A oggi infatti, si sa ancora ben poco. È certo che alla base c'è una degenerazione dei motoneuroni, cioè delle cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria. Ma purtroppo non esistono ancora terapie che siano in grado di fermare la malattia.
Per questo, la ricerca appena pubblicata ha un valore particolare. Gli studiosi dell'Istituto Mario Negri di Milano e della Città della Salute di Torino, hanno indagato l’attività di un particolare enzima, chiamato ciclofillina A. «Sono circa 20 anni che studiamo questo enzima, inizialmente per identificarne il ruolo come biomarcatore», spiega Valentina Bonetto, ricercatrice dell’Istituto Mario Negri di Milano, e coordinatrice dello studio.
«La nostra ipotesi è che la ciclofillina A abbia un ruolo protettivo nei confronti dei motoneuroni. Per concretizzare questa nostra ipotesi, con tecniche di ingegneria genetica abbiamo privato modelli animali di questo enzima e abbiamo notato che sviluppavano, per l’appunto, una malattia neurodegenerativa molto simile alla SLA. Da qui, i test su persone malate che hanno confermato la carenza di ciclofillina A».
Non solo. In particolare i ricercatori della Città della Salute di Torino hanno anche individuato un paziente SLA portatore di una mutazione genetica che rende l’enzima inattivo. «Si tratta di una mutazione estremamente rara», sottolinea la dottoressa Bonetto. «ma rappresenta comunque un altro segnale da non sottovalutare e ci suggerisce che la ciclofillina A è effettivamente un tassello importante da investigare per capire i meccanismi alla base della degenerazione dei motoneuroni».
La SLA è una malattia multifattoriale. Significa che esistono più fattori che concorrono alla sua insorgenza. Per capirne di più, sono in corso in tutto il mondo diversi studi. Tra le ipotesi, oltre alla suscettibilità genetica, c’è il ruolo dei fattori ambientali, che possono avere un ruolo tossico, come i pesticidi, i metalli pesanti e il fumo di sigaretta. E si sa di sicuro che è una malattia più frequente tra gli over 60. «La carenza dell’enzima sembra partecipare al meccanismo che porta alla malattia», dice la dottoressa Bonetto. «Se allora riusciamo a contrastare questa cascata di eventi negativi, forse possiamo essere in grado di cambiare le sorti dei pazienti».
Per questo le ricerche non si fermano, e ora comincia una nuova fase. «Tutte le evidenze emerse dai nostri studi sembrano indicare che la carenza dell’enzima contribuisca allo sviluppo della malattia», sottolinea la dottoressa Bonetto. «Questo è importante perché ci dimostra che abbiamo un possibile bersaglio terapeutico.
Ora il nostro lavoro è quello di testare in laboratorio utilizzando vari modelli sperimentali approcci terapeutici, come principi attivi farmacologici o terapia genica, per individuare la strategia più efficace nell’incrementare il livello della ciclofillina A e far sì che l’enzima svolga il suo ruolo protettivo nei confronti dei motoneuroni, a tutto vantaggio di un arresto, o comunque di un rallentamento, della SLA. Le ricerche nei modelli animali sono già in corso e speriamo di avere risultati promettenti al più presto».
gennaio 2022
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