Arriva un’altra erre. Quella di Riparo. Allo slogan “Riduco, riuso e riciclo”, che sta segnando la direzione della nuova economia circolare per dire basta allo spreco e frenare lo sperpero di risorse del pianeta, si aggiunge adesso la necessità di riparare.
Perché aggiustare quello che non funziona più, allungando la vita dei prodotti, vuol dire acquistarne e quindi produrne di meno, riducendo così impiego di risorse e immissione di CO2 nell’atmosfera che sono la diretta conseguenza dei processi industriali di produzione.
«Estendere di un solo anno la vita di aspirapolveri, computer, lavatrici e cellulari europei farebbe risparmiare 4 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, pari alle emissioni prodotte da 2 milioni di auto», spiega Ugo Vallauri, fondatore di The Restart Project, il movimento internazionale che ha appena lanciato la campagna europea sul diritto di riparare la tecnologia. Già, perché se ridurre lo spreco di cibo o riciclare vestiti e arredamento è una responsabilità alla portata di tutti, riparare un frigorifero o un computer non è così semplice e non sempre dipende da noi.
Obsolescenza programmata? No, grazie
La Ue ha messo a punto dei regolamenti che stanno per diventare legge proprio in questi giorni. «A partire da marzo 2021, alcune categorie di elettrodomestici potranno essere messe in commercio solo se saranno costruite in maniera tale da rendere semplice lo smontaggio ai fini della riparazione», continua Vallauri. «Inoltre, le aziende dovranno garantire la produzione e la commercializzazione dei relativi pezzi di ricambio per almeno 7 anni da quando il prodotto viene ritirato dal mercato. È una grande conquista perché finora si è stati costretti a buttare e ricomprare anziché riparare».
La nuova legge europea è un colpo alla cosiddetta “obsolescenza programmata” cioè la tendenza da parte delle aziende hi-tech a ridurre il ciclo di vita dei loro prodotti in modo da venderne di più. «È la prima volta, in tutto il mondo, che si interviene per legge a fissare criteri di riparabilità dei prodotti: finalmente ci si è resi conto come produrre meno sia il primo passo per inquinare meno: i dati dimostrano infatti che l’80% dell’impatto dei prodotti tecnologici sull’ambiente è nella fase di produzione e non di utilizzo».
Manuali di riparazione per tutti
«Un altro obiettivo della campagna europea è rendere accessibile a tutti i cittadini, e non solo ai riparatori professionisti, i manuali di riparazione e i pezzi di ricambio, consentendo ai consumatori di sprecare meno e di risparmiare», continua l’esperto.
La seconda conquista è affiancare agli elettrodomestici in vendita una tabella di riparabilità, simile a quella dell’efficienza energetica, per comunicare a colpo d’occhio ai consumatori quanto sia riparabile un prodotto. Infine la comunità mondiale dei “fixer” vorrebbe allargare queste leggi Ue a tutte le categorie di prodotti hi tech, compresi gli smartphone, i device più soggetti a ricambio continuo.
«La sua durata media è di tre anni ma se fosse riparabile (e non si spingesse sull’acceleratore del design innovativo), il vantaggio per l’ambiente sarebbe enorme: nel 2018 ne sono stati venduti in tutto il mondo 1,9 miliardi. Se li tenessimo anche un solo anno in più, avremmo risparmiato la CO2 che per esempio l’Irlanda emette in un anno», conclude Ugo Vallauri.
I restarters in Italia
Anche nel nostro Paese il movimento degli “aggiustatori” si sta dando da fare. «Attualmente siamo una ventina di gruppi sparsi in tutta la penisola», spiega Savino Curci, fondatore di Restarters Milano (Facebook.com/RestartersMilano). «Organizziamo incontri in cui si riparano piccoli elettrodomestici e stiamo ottenendo un grande successo: sempre più gente li richiede. Spesso ci troviamo tra le mani per esempio frullatori che non funzionano più solo perché si è sfilacciato il cavo nella presa di alimentazione. È una riparazione alla portata di tutti che fa bene all’ambiente e al portafogli», conclude l’esperto.
Anche l’italia fa la sua parte
È attualmente in esame al Senato la proposta del disegno di legge 615 contro l’obsolescenza programmata dei prodotti, che pone limiti ancora più stringenti alle case produttrici rispetto a quelli dei regolamenti europei.Si vuole vietare, per esempio,
non solo di mettere in atto tecniche di costruzione che rendono impossibile, difficoltosa od onerosa la riparazione, ma anche porre un limite al costo delle parti di ricambio, prevedendo sanzioni penali per chi non si adegua.
Una giornata dedicata
Il 19 ottobre è la Giornata mondiale dei riparatori e per l’occasione si terranno i “Restart party”, gli eventi in cui ci si incontra per “aggiustare”. Firenze ne ha già organizzati 41, risparmiando 816 chili di spazzatura tecnologica e l’emissione di 9mila chili di CO2 nell’ambiente, ma anche in Europa ci sono appuntamenti dedicati.
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Articolo pubblicato sul n. 44 di Starbene in edicola dal 15 ottobre 2019