Hai l’intestino sottosopra? Prendi un probiotico. Sei sempre stanca, raffreddata e con le difese immunitarie a terra? Un probiotico potrebbe aiutare. Hai la pelle secca o hai notato sul viso una nuova ruga? Esiste un probiotico anche per questo.
Ed è facile procurarselo: dagli yogurt ai latti fermentati, dagli integratori fino ai cosmetici di ultima generazione, i probiotici sono ovunque. L’interesse per questi microrganismi “a favore della vita” (dal greco pro-bios), che superano la barriera gastrica dello stomaco e giungono vivi e attivi nell’intestino ripopolandolo di batteri “buoni”, è sempre più ampio.
Negli ultimi 10 anni, sono state oltre 15 mila le pubblicazioni scientifiche sui probiotici e oltre 50 mila quelle sul microbiota, l’insieme dei microrganismi che popolano l’intestino (fonte: PubMed). «Questo boom», spiega la nutrizionista Antonella Losa, «è motivato dal fatto che c’è stata una vera rivoluzione copernicana intorno al nostro ombelico. Prima si riteneva che i probiotici potessero essere benefici “solo” per riequilibrare una flora batterica alterata o aiutare il nostro sistema immunitario, dal momento che il 70% di tutte le cellule capaci di generare anticorpi sono nella mucosa della parete intestinale. Oggi sappiamo che questi microrganismi sono in grado di influenzare distretti anche molto lontani dall’intestino, come il cervello, il cuore, la pelle. Persino il nostro umore. In altre parole, ci si è resi conto che intervenire sul microbiota può fare la differenza sulla salute di tutto il nostro organismo».
Mantengono libere le arterie
Nei Paesi occidentali c’è un killer silenzioso, le cui armi sono i depositi adiposi sulle pareti delle arterie. Quando il colesterolo ostruisce le arterie coronariche e quelle cerebrali, si apre la strada a infarti o malattie degenerative. «È la cosiddetta aterosclerosi, che può rimanere a lungo silente, finché la placca non si ingrandisce e ostruisce del tutto l’arteria», spiega la nostra esperta.
«In particolare, lo scorso ottobre, uno studio pubblicato sulla rivista Applied Microbiology and Biotechnology ha rivelato che questa patologia è favorita da una sostanza (detta Tmao), che si accumula a seguito della trasformazione effettuata da parte del microbiota su componenti alimentari specifici (colina e carnitina). Rimodulando il microbiota con alcuni ceppi probiotici attualmente allo studio, presto si potrà prevenire l’accumulo di Tmao e, dunque, ridurre il rischio di aterosclerosi».
Agiscono sull’umore
Ormai da anni si sente parlare dell’intestino come del nostro “secondo cervello”. E lo scorso agosto l’University College di Cork (Irlanda) ha pubblicato sull’autorevole Physiological Reviews una revisione di tutti gli studi scientifici riguardanti l’impatto del microbiota su cervello e comportamento. La conclusione è sorprendente: dalla salute del microbiota dipende il modo in cui rispondiamo a paura e stress.
E si è visto anche che disturbi come ansia e depressione possono essere favoriti da scorretti comportamenti alimentari. «I ricercatori hanno scoperto che il microbiota agisce sull’intestino favorendo o contrastando la produzione di alcune sostanze, i peptidi, che, secreti dalle sue pareti, entrano nel circolo sanguigno e arrivano al cervello, condizionando il nostro umore», prosegue la dottoressa Losa. «Inoltre, dall’analisi emerge che alcuni probiotici appartenenti ai generi bifidobacterium e lactobacillus hanno mostrato effetti promettenti su stress, ansia e depressione in studi sugli animali e sull’uomo».
Frenano l’invecchiamento
Un recente studio pubblicato sulla rivista Bmc Microbiology ha individuato i 35 generi batterici più associati all’invecchiamento, con il progressivo declino delle funzioni benefiche del microbiota intestinale e un parallelo aumento dello stato infiammatorio. Un lavoro importante, perché suggerisce lo sviluppo di probiotici mirati a mantenere il microbiota in uno stato che “assomigli” a quello di un’età più giovane. Un altro lavoro pubblicato sulla rivista scientifica Biofilm and Microbiomes ha invece messo in correlazione il grasso addominale con la flora intestinale, evidenziando come le specie appartenenti al genere blautia siano meno presenti nel microbiota via via che aumenta il grasso viscerale. Da qui l’idea di contrastare l’accumulo di grasso addominale con probiotici “ad hoc”.
La più grande banca dati del mondo
Per celebrare i 100 anni dalla creazione del suo primo yogurt, Danone ha deciso di aprire ai ricercatori di tutto il mondo la sua monumentale collezione di ceppi probiotici. La più grande banca dati del mondo raccoglie oltre 1.600 ceppi depositati nel centro di ricerca Danone a Parigi-Saclay e i 193 ceppi di fermenti lattici e bifidobatteri custoditi nell’Istituto Pasteur di Parigi.
«È un cerchio che si chiude e al contempo apre possibilità infinite per la ricerca», ha commentato Alberto Salvia, amministratore delegato Danone Italia. «Il nostro primo yogurt fu infatti prodotto a Barcellona nel 1919 da Isaac Carasso per rafforzare la salute di suo figlio Daniel (detto Danòn, da cui il nome dell’azienda) e degli altri bambini provati dalle dure condizioni post-belliche. Venne messo a punto sfruttando quelle colture di probiotici che il pioniere degli studi sui fermenti lattici Élie Metchnikoff, microbiologo e Nobel per la medicina, stava perfezionando all’Istituto Pasteur di Parigi». Nei successivi 100 anni Danone ha costruito un’esclusiva collezione di fermenti di alta diversità genetica offerti ora alla comunità scientifica internazionale. «Perché siamo convinti che la scienza aperta sia il miglior modo per approfondire la ricerca sul ruolo dei fermenti nell’intestino e nella salute generale», conclude Alberto Salvia.
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Articolo pubblicato sul n. 48 di Starbene in edicola dal 12 novembre 2019