Ogni anno, secondo i dati della World Heart Federation, le malattie cardiovascolari sono responsabili di 17,5 milioni di morti premature, un numero destinato a salire a 23 milioni entro il 2030.
Piccole scelte di salute quotidiana, come quella di mangiare e bere in modo sano, possono però fare la differenza e aiutare a prevenire queste patologie. A tal proposito, arrivano dall’ultimo Congresso europeo di cardiologia, appena conclusosi a Barcellona, studi che da una parte ribadiscono quelle che ormai possono considerarsi certezze e altri che spostano i riflettori su nemici o amici “alimentari” della salute cardiovascolare finora sottovalutati.
In vista della Giornata Mondiale del cuore (29 settembre) dedicata proprio all’informazione sui rischi legati alle malattie cardiovascolari e alla promozione di stili di vita salutari, abbiamo chiesto al dottor Lorenzo Menicanti (direttore scientifico e direttore dell’area di Cardiochirurgia dell’Irccs Policlinico San Donato oltre che responsabile Scientifico di COR – La ricerca italiana sul cuore) di farci da guida tra punti fermi e nuove ipotesi, per portare in tavola i cibi giusti.
Il dibattito sulla giusta quota di grassi
Fino a ieri le indicazioni sul consumo di grassi non si discutevano: le linee guida per la prevenzione cardiovascolare suggerivano un apporto non superiore al 30% delle calorie quotidiane.
Di recente, però, una ricerca di cui hanno parlato i giornali di tutto il mondo, ha causato lo scompiglio. Secondo lo studio Pure, condotto su oltre 135 mila persone provenienti da 18 Paesi a basso, medio e alto reddito, un’alimentazione con un introito di carboidrati superiore al 60% dell’apporto calorico quotidiano e un basso contenuto di grassi sarebbe associata a un maggior rischio di mortalità cardiovascolare.
Di contro, aumentare la quota di lipidi fino a coprire il 35% dell’apporto calorico quotidiano ridurrebbe la mortalità. Dobbiamo dunque aumentare il consumo di condimenti e cibi grassi? La risposta è no.
Occorre infatti chiarire meglio il significato della ricerca. «Bisogna considerare che gli studi hanno analizzato popolazioni con abitudini alimentari diversissime tra loro. Inoltre, in molti dei Paesi coinvolti gioca un ruolo cruciale la povertà, che finisce per “confondere” i risultati, perché chi è indigente consuma sì più carboidrati che grassi e proteine, ma è anche esposto ad altri fattori che aumentano la mortalità, come precarie condizioni igieniche», commenta il dottor Menicanti.
«Ciò detto, una dieta con più del 60% di carboidrati, tanto più se raffinati, è sicuramente sbilanciata: oltre a essere priva di un adeguato apporto di grassi e proteine, può col tempo rendere difficile il controllo della glicemia e del peso, fattori di rischio per la salute cardiovascolare. Un incremento dei grassi anche al 35% è quindi consigliabile in chi ha questo tipo di alimentazione».
Nel nostro Paese, invece, la dieta mediterranea è il regime alimentare ideale, con il 60% di carboidrati e il 30% di grassi (soprattutto polinsaturi, come quelli dell’extravergine d’oliva)».
Frutta e verdura: le “nuove” porzioni
Lo stesso studio Pure ha confermato l’effetto protettivo di frutta e verdura, in particolare se consumate fresche, in virtù dell’alto contenuto di antiossidanti, affermando, però, che sono sufficienti 3-4 porzioni al giorno, superate le quali non ci sarebbero ulteriori benefici.
Molti lo hanno interpretato come la caduta del “mito delle 5 porzioni al giorno”. «In realtà si tratta solo di un’ulteriore conferma, perché 5 porzioni di frutta e verdura in peso corrispondono, in media, a un totale di 400 grammi e nello studio si raccomanda, come assunzione protettiva, proprio quella che va da 375 a 500 grammi quotidiani», rivela il medico.
Sale: mai più di 5 grammi al giorno
È un nemico del cuore, ma non solo perché, come è noto, è tra i responsabili dell’aumento della pressione arteriosa, a sua volta chiaro fattore di rischio cardiovascolare. Secondo uno studio durato 12 anni e condotto su oltre 4000 persone, un consumo superiore a 13,7 grammi di sale al giorno raddoppia il rischio di insufficienza cardiaca rispetto a un’assunzione inferiore a 6,8 grammi quotidiani.
«Il sale sembra infatti danneggiare anche il microcircolo» spiega l’esperto. «Si confermano, quindi, le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, di non superare i 5 grammi al giorno, facendo attenzione anche al sale nascosto nei cibi pronti».
Il caffè? è protettivo
Secondo uno studio presentato al Congresso di cardiologia e condotto per 10 anni su oltre 22.500 persone, chi beve 4 tazze di caffè al giorno ha un rischio inferiore del 64% di mortalità per tutte le cause rispetto a coloro che non lo bevono raramente o per nulla.
«Il merito è probabilmente della caffeina ma anche dei polifenoli presenti nella bevanda. Chiaramente, come hanno sottolineato anche i ricercatori, il consumo di caffè è benefico all’interno di una dieta sana e in persone sane: ricordo che chi per esempio soffre di aritmie, dovrebbe invece limitarlo il più possibile, perché la bevanda potrebbe scatenarle», sottolinea il dottor Menicanti.
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Articolo pubblicato sul n. 40 di Starbene in edicola dal 19/9/2017