Pfas e pericoli per la salute: l’esposizione è sottostimata

Uno studio di Greenpeace Italia e CNR-IRSA sottolinea i rischi di usare in cucina acqua contaminata da Pfas. L’organizzazione ambientalista chiede una legge per mettere al bando questi pericolosi inquinanti



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Bollire gli alimenti in acqua contaminata, ad esempio da PFAS (composti perfluoroalchilici), come è accaduto ad alcune famiglie del Veneto, non riduce la presenza degli inquinanti. Anzi, è vero il contrario: la concentrazione di queste sostanze nell’acqua di cottura aumenta di pari passo con il tempo di ebollizione, fino ad arrivare a decuplicarsi nei cibi cotti in questo modo rispetto a quelli irrigati con la stessa acqua, ma consumati crudi.

A smentire il luogo comune è un’indagine di laboratorio condotta da Greenpeace Italia e CNR-IRSA. Lo studio è consistito nel campionamento dell’acqua del pozzo ma anche del suolo e della frutta e dei vegetali coltivati nella corte agricola di una famiglia di Lonigo (Vicenza). Acqua utilizzata da questo nucleo familiare per decenni, fino alla primavera 2023.

"L'assorbimento dell'acqua durante la lessatura – si legge nel report - è un processo fondamentale in cucina. L’acqua penetrando negli alimenti può trasferire i PFAS che la contaminano e contribuire alla contaminazione dei cibi cucinati". Sono state lessate nell’acqua del pozzo contenente PFAS, e poi analizzate, porzioni di pasta, riso, carote, patate e manzo. È ormai documentato come la regione Veneto dal 2013 risenta di un grave inquinamento da composti perfluoroalchilici di acque sotterranee, superficiali e potabili. Lonigo, in particolare, si trova nella "zona rossa", quella a maggior impatto di contaminazione.

C’è anche da dire che la Regione Veneto ha provveduto in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità, nell’ambito del proprio piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta a PFAS, a distribuire acqua trattata per la rimozione dei composti alla maggior parte dei residenti nelle zone più contaminate. In questo modo si è registrata una progressiva riduzione delle concentrazioni sieriche di PFAS negli individui partecipanti al 2° round di sorveglianza (2020-2023) rispetto ai soggetti monitorati durante il 1° round (2017-2019).

Pasta e riso assorbono più sostanze tossiche

Le analisi, condotte impiegando acqua con livelli di contaminazione molto elevati (anche se – si precisa in una nota - il numero di prove eseguite sia limitato e le considerazioni che ne derivano necessitino di ulteriori conferme), rivelano che i cibi cotti in acqua con PFAS possono diventare a loro volta una fonte di questi inquinanti. Più dura l’ebollizione e più cresce la concentrazione di queste sostanze tossiche nell’acqua di cottura.
Inoltre, la loro presenza nei cibi cotti varia in base al tipo di alimento: la pasta e il riso, che assorbono più acqua durante la cottura, rivelano i livelli più elevati di PFAS, seguiti nell’ordine da patata, carota e manzo.

Nel corso della sperimentazione, è stato valutato l'assorbimento d'acqua confrontando il peso dell'alimento alla fine della cottura con quello dell'alimento non cotto. Riso e pasta hanno più che raddoppiato il loro peso iniziale, carota e patata hanno evidenziato un leggero incremento di peso (circa il 7%), mentre il manzo ha subito una discreta perdita di peso, pari al 42%.

Greenpeace: serve una legge per mettere i PFAS al bando

«La ricerca evidenzia che l’esposizione della popolazione agli PFAS è stata finora sottostimata - commenta Giuseppe Ungherese, responsabile campagna inquinamento di Greenpeace Italia - e che molte persone, non solo in Veneto ma anche in altre regioni italiane come Piemonte e Lombardia, dove è stata scoperta la presenza di questi pericolosi inquinanti nell’acqua, possono essere esposte a contaminazione anche attraverso la cottura dei cibi. Per tutelare la collettività, oltre a erogare alla popolazione acqua pulita priva di PFAS, servono provvedimenti come il divieto dell’uso e la produzione di queste pericolose sostanze sull’intero territorio nazionale».

Alcuni test condotti sempre da Greenpeace hanno rilevato infatti la presenza di PFAS anche nelle acque potabili di diverse località della Lombardia (nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Milano, Lodi, Varese) a seguito dei quali l’associazione ambientalista ha presentato sei esposti alle relative Procure.

Cosa sono i PFAS

I PFAS sono sostanze usate per rendere impermeabili al grasso e all’acqua le superfici, tra cui gli imballaggi per alimenti, come i cartoni della pizza. Ma si usano dagli anni ’50 anche nell’industria tessile, nella produzione di detersivi, padelle anti-aderenti, smalti, vernici, pitture e schiume antincendio.

I PFAS sono sostanze ampiamente diffuse e pericolose per la salute. Sono stati rintracciati negli alimenti, nell’acqua e nel sangue, persino quello dei neonati. Sono “persistenti e bioaccumulabili e possono causare vari effetti avversi nella fauna selvatica e nell'uomo” come spiega sul proprio sito il gruppo di lavoro Ocse sui PFAS, istituito nel 2012. L’équipe riunisce esperti di Paesi membri e non membri dell'Ocse del mondo accademico, dei governi, dell'industria per cercare alternative più sicure per la salute umana e l’ambiente.

I PFAS sono riconosciuti come interferenti endocrini, in grado di alterare tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni. L’esposizione a queste sostanze è stata associata a problemi alla tiroide, diabete, danni al fegato e al sistema immunitario, cancro al rene e ai testicoli e impatti negativi sulla fertilità. Una recente ricerca dell’Università di Padova e dell’Istituto di neuroscienze del Cnr, pubblicata a maggio sull'International Journal of Molecular Sciences, ha svelato in che modo favoriscano l’ipertensione e il rischio cardiovascolare.

La loro produzione è stata bandita negli Usa, ma è ancora ammessa in Ue, anche se una proposta presentata a gennaio all'Agenzia Ue per le sostanze chimiche (Echa) da cinque Paesi membri (Danimarca, Germania, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia) ne chiede la messa al bando.

dicembre 2023


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