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Uniti contro il morbillo: perché il vaccino è l’unica prevenzione

Siamo uno dei Paesi dove la malattia fa più vittime. L’allarme viene dall’Organizzazione mondiale della sanità, che raccomanda il vaccino come unica arma di prevenzione efficace e sicura

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In Europa, il morbillo continua a colpire adulti e bambini con numeri record. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione mondiale della sanità: nel 2018, si sono ammalate oltre 60mila persone, più del doppio rispetto all’anno precedente, il numero più alto registrato negli ultimi 10 anni. L’Italia, con ben 2.526 casi, è, nella classifica dei 53 paesi europei monitorati dall’Oms, uno dei primi 7 in cui la malattia ha avuto una delle incidenze maggiori.


Chi rischia di più

Nulla di strano: «Nel 2017, nel nostro Paese la copertura vaccinale è stata pari a circa il 90% della popolazione, ma è solo arrivando al 95% che si realizza l’immunità di gruppo e l’obiettivo “morbillo free”. Non solo: non è omogenea su tutto il territorio, e questo fa sì che prendano il via focolai epidemici, come è successo di recente a Rimini, dove si registra il più basso tasso di copertura vaccinale della Romagna», sottolinea Fabrizio Pregliasco, virologo e ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano.

«Il morbillo è tra le malattie più contagiose: si diffonde attraverso le piccole goccioline di saliva che si emettono parlando e un solo malato riesce a infettare ben 15 persone. Inoltre, non è una banale malattia dell’infanzia come si crede: può complicarsi con sovrainfezioni batteriche come otiti e polmoniti, o dare il via a un’encefalite, una grave infezione del cervello che può portare alla morte, o lasciare danni permanenti.

A rischiare di più sono i bebè sotto l’anno, ma anche chi si ammala in età adulta, come capita oggi: la maggior parte dei contagiati ha tra 15 e 39 anni, età in cui l’infezione è più violenta». Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, infatti, il morbillo è responsabile di un numero di morti compreso tra 30 e 100, ogni 100mila persone colpite.


Come immunizzarsi

Come proteggersi ? Con il vaccino che, nonostante le campagne no vax, è lo strumento più efficace e sicuro per evitare di ammalarsi: nove casi su dieci di contagio vengono diagnosticati in persone non vaccinate. «È disponibile in formulazione trivalente (che copre anche da rosolia e parotite) o quadrivalente (che protegge anche contro la varicella). Contiene un virus vivo attenuato e, anche se non è tra i vaccini obbligatori, viene raccomandato dalle autorità sanitarie», spiega Pregliasco.

«È indicato per grandi e piccoli e prevede due dosi, da effettuare secondo un preciso calendario: nei bebè, la prima va somministrata tra i 12 e i 15 mesi di vita (sino al 9° mese di vita il neonato è protetto dagli anticorpi della mamma, se vaccinata o se ha già contratto il morbillo), la seconda a 5-6 anni.

Giovani e adulti che non si sono ammalati da piccoli, invece, devono effettuare le due dosi a distanza di almeno 4 settimane, l’una dall’altra: la prima protegge circa il 93-95% dei vaccinati, dopo la seconda la protezione sale al 97%. Si può effettuare il vaccino anche nel sospetto di avere avuto un contatto con un malato di morbillo, durante la fase di contagio: somministrato entro 72 ore, ha una discreta efficacia protettiva e, nel caso ci si ammali ugualmente, i sintomi sono più lievi».

Nessun problema se lo si effettua e si è già avuto in passato la malattia, o se si è già stati vaccinati da piccoli: il secondo ciclo vaccinale aumenta la protezione immunitaria, senza rischi di “sovradosaggio”, o di effetti collaterali imprevisti o potenziati. «Quelli più frequenti? Dolore e gonfiore transitori nella sede di iniezione e, in un 5% dei casi, febbre e ingrossamento dei linfonodi, destinati a risolversi da soli. Le reazioni allergiche gravi sono rarissime: meno di un caso per milione di dosi», precisa il virologo.


Cosa fare se ci si ammala

Che fare però se ci si ammala? «Occorre rivolgersi subito al medico che, con la sola visita, può diagnosticarlo con certezza», suggerisce il dottor Pregliasco. «Non esistono però farmaci specifici per il morbillo, e le cure sono solo sintomatiche, cioè rivolte ad attenuare i disturbi.

Sono identiche per grandi e piccoli: riposo, evitando le dosi massicce di Tv che possono aumentare i fastidi agli occhi, che con il morbillo diventano più sensibili. Ok a luci soffuse e poco abbaglianti e, se necessario, all’utilizzo di un normale collirio», suggerisce il dottor Pregliasco.

«Importante la reidratazione: con la febbre, l’organismo perde molti liquidi che vanno reintegrati. Sì, perciò, a tè leggeri, spremute, tisane e brodi vegetali. Per abbassare la febbre, è bene utilizzare antipiretici a base di paracetamolo. No, invece, agli antibiotici: l’infezione è virale (è provocata dal paramixovirus), ed è il sistema immunitario che provvede a garantire la guarigione».

Occhio alle complicanze, in agguato soprattutto nei bambini molto piccoli e negli adulti: otiti, congiuntiviti, laringiti, bronchiti, polmoniti. Non dipendono dal virus del morbillo, ma da germi che approfittano della riduzione delle difese immunitarie per entrare in azione. Occorre perciò mantenere un filo diretto con il medico che, se necessario, prescriverà antibiotici specifici. Attenzione, infine, a segnali che potrebbero essere la spia di un’encefalite, da affrontare con un ricovero ospedaliero immediato: febbre elevata, stato di confusione, difficoltà a parlare e a sentire, rigidità della nuca, vista sdoppiata. Se non ci sono complicanze, il rientro a scuola o al lavoro può avvenire 5 giorni dopo la scomparsa delle tipiche macchioline cutanee dell’infezione. Occorre però mettere in conto un periodo di 15 giorni di convalescenza nei quali evitare sforzi fisici, viaggi ed esposizione al freddo: la ripresa dell’organismo dopo il morbillo è molto lenta».


Come si riconosce il morbillo

Il morbillo ha un’incubazione di circa 9-14 giorni. Al suo esordio si manifesta con starnuti, tosse secca, occhi arrossati che lacrimano e febbre, sintomi simili a quelli di una sindrome parainfluenzale, che tendono però a peggiorare con il passare dei giorni.

Inizia poi la fase di maggior contagiosità, caratterizzata dalla comparsa di puntini bianchi all’interno della bocca. A 3-4 giorni di distanza si manifestano anche le classiche macchioline rosso vivo (l’esantema) localizzate inizialmente dietro le orecchie e il viso. In breve, però, si estendono a tutto il corpo, dove rimangono per 4-7 giorni, durante i quali i rischi di contagio diminuiscono, anche se la febbre si mantiene costantemente sui 39-40 gradi. Poi l’esantema comincia a scomparire (a partire dal collo), la febbre cala e la guarigione avviene nel giro di 10-12 giorni. A volte rimane una desquamazione della pelle che dura per qualche giorno, ma che non richiede cure. Una volta guariti, l’organismo guadagna un’immunità che dura per tutta la vita.



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Articolo pubblicato nel n° 13 di Starbene in edicola da 12 marzo 2019

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