Arriveremo mai all’elisir di lunga vita? La ricerca scientifica sta aprendo nuove strade in tema di cure anti-invecchiamento. Progressi che non rispondono solo al naturale desiderio di vivere a lungo, ma anche al trend demografico: secondo l’Onu, nel 2050 un abitante su cinque sarà over 60 e, in Europa, vivremo in media fino a 85-90 anni.
Insomma, servono tecniche capaci di far vivere al meglio anche la terza età. E, magari, prolungare l’esistenza più ancora di quanto facciano sperare le aspettative di vita di oggi. Ecco 3 filoni affascinanti e molto promettenti.
La molecola della longevità
Gli ultracentenari in buone condizioni sono 1 su 10mila nel mondo industrializzato. Qual è il loro segreto? Forse la ricerca genetica ha trovato la chiave giusta.
«Abbiamo verificato che tra questi soggetti c’è un’alta concentrazione di una proteina, una variante particolare della molecola BPIFB4, ribattezzata Lav (longevity associated variant)», spiega Annibale Puca, professore dell’Università di Salerno, impegnato in questa ricerca insieme alla Irccs Multimedica, NeuroMed e all’Istituto di tecnologie biomediche del Cnr di Segrate (MI).
Questa variante attiva nel corpo una serie di funzioni che contrastano l’invecchiamento, in particolare stimolando l’enzima eNOS, responsabile della produzione dell’ossido nitrico, la più importante molecola protettiva della funzione vascolare.
«Finora, negli esperimenti condotti sui topi, introdurre il gene modificato ha davvero prolungato di alcuni mesi la loro vita», racconta il professore. In più, non sui topi, ma tramite modelli sperimentali, si sono registrati benefici anche a livello di rigenerazione dei vasi, il che sarebbe utilissimo nel trattare le ischemie.
«Proseguendo di questo passo, potrebbero volerci solo tre anni per sintetizzare un farmaco per l’uomo, da prendere per bocca, capace di curare le più comuni degenerazioni del sistema cardiocircolatorio», commenta Puca.
Le trafuzioni di sangue “giovane”
La parabiosi, cioè la tecnica di praticare trasfusioni di sangue e plasma di soggetti giovani ad altri più anziani è una strada di ricerca percorsa sin dagli anni ’50 che ha più volte dato buoni risultati nei test sugli animali, meno nell’uomo. Ora è tornata di moda.
Negli Usa sono in corso alcuni tentativi un po’ pionieristici, come quello della start up Ambrosia Llc che ha coinvolto 600 volontari (paganti), tutti con età superiore a 35 anni, che si sottopongona trasfusioni di sangue da under 25, mentre il personale registra i valori di una serie di bio-marcatori prima e dopo la seduta.
I risultati verranno diffusi nel luglio 2018. Invece, il gruppo del neuroscienziato Tony Wyss-Coray (Università di Stanford e della Southern California) sta sperimentando la tecnica come antidoto contro l’Alzheimer e ha appena presentato a un convegno mondiale a Boston i primi risultati di un test su 18 persone affette dalla malattia.
Sono state trattate con quattro trasfusioni di 250 ml plasma, a distanza di una settimana, proveniente da soggetti di età fra i 18 e i 30 anni. Risultati? Nel 95% dei casi c’è stato un miglioramento significativo della capacità di svolgere attività quotidiane.
Invece, non si registrano benefici significativi a livello di capacità cognitiva e di umore ma, visto il campione così limitato, il risultato incoraggia a proseguire.
La restrizione calorica
Ridurre le calorie non serve solo a perdere peso, ma attiva meccanismi in grado di allontanare i più comun rischi della vecchiaia: ecco perché la cosiddetta “restrizione calorica” può essere considerata una vera e propria opzione terapeutica.
Le diete da seguire ispirate a questo modello si sprecano: da chi consiglia alcuni giorni al mese di digiuno totale, a chi impone, nel corso delle 24 ore, di tenere lo stomaco libero almeno 14 ore.
I principali esperti italiani hanno fatto il punto sul tema in un incontro da poco svolto all’Università di Firenze. Ecco che cosa ne è emerso. «Gli schemi rigidi non servono.
Il mix vincente è quello che prevede alcuni giorni di riduzione netta delle calorie (1000/1700 calorie per le donne, 1200 /2400 per gli uomini), alternati alla dieta mediterranea come mantenimento costante», spiega Antonino De Lorenzo, direttore della Scuola di specializzazione in scienza dell’alimentazione all’UniversitàTor Vergata di Roma.
I giorni di riduzione obbligano il corpo a bruciare i grassi in eccesso per trovare energia. Questa “forzatura” attiva diversi processi benefici, come il ritardo della morte cellulare, una maggiore produzione di antiossidanti (come il glutatione) e un maggior quoziente respiratorio (ossia il rapporto tra ossigeno e anidride carbonica inspirati).
Tutti elementi che contrastano i principali fattori di rischio dell’età avanzata, come diabete, problemi cardiovascolari e alcuni tumori.
«Nei giorni “a stecchetto” vanno ridotti solo i lipidi, non le proteine, e occorre mantenere anche una buona quota di carboidrati, per non perdere forza e massa muscolare», dice l’esperto. La dieta deve però essere personalizzata seguendo la “calorimetria indiretta”, ossia l’analisi del dispendio energetico a riposo.
«Due donne (stesso peso e altezza) possono bruciare da 1260 fino a 2250 calorie al giorno, a seconda che abbiano un metabolismo lento, medio o veloce. Mai sottovalutarlo».
L’età più felice? Dopo i settanta
Oltre a vivere più a lungo, gli anziani sono sempre più attivi e felici. Lo rivela la ricerca Truth about age, condotta su 24mila persone da McCann Worldgroup. I “senior” vedono la loro fase della vita come un momento di opportunità, al punto che due terzi dei settantenni hanno dichiarato che “non è mai troppo tardi per un appuntamento romantico”.
E, a sorpresa, sono i giovani quelli preoccupati di invecchiare: in Italia il 39%delle persone fra 30 e 39 anni ammette di pensare alla propria età tutti i giorni, mentre la percentuale scende al 22% tra 50 e 60 anni.
E le multinazionali stanno studiando campagne pubblicitarie ad hoc. «Per anni i media hanno dipinto gli anziani come “ferri vecchi” annoiati davanti alla tv, contrapposti ai millennials che trainano il mercato: non è più così», dice Giuseppe Caiazza, Ad di Ipg-McCann Italia.
«Un esempio? Gli acquirenti di prodotti “bio”, in costante crescita, sono costituiti per metà da over 50».
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Articolo pubblicato sul n. 48 di Starbene in edicola dal 14/11/2017