Le interminabili liste d’attesa per le visite mediche specialistiche stanno mettendo in ginocchio la sanità pubblica italiana. Un fenomeno che coinvolge gran parte delle regioni. Ora al danno si aggiunge la beffa: un’operazione di controllo dei Carabinieri dei NAS, svolta tra luglio e agosto insieme al Ministero della Salute, svela una serie di irregolarità commesse da medici e infermieri che in tutta Italia favorivano amici, conoscenti e pazienti privati permettendo loro di bypassare le liste d’attesa per essere sottoposti in anticipo alle prestazioni specialistiche. Ventisei persone sono state denunciate per una serie di reati (dalla falsità ideologica e materiale alla truffa aggravata, passando per peculato e interruzione di pubblico servizio).
Dottori finti malati per dedicarsi al lavoro autonomo
Il vizio di far ‘scavalcare la fila’ agli amici, eludendo le classi di priorità, coinvolge specialisti dal Nord al Sud (nove medici sono stati denunciati per questo dai NAS di Milano, Torino, Perugia e Catania). Ma le violazioni sono anche di altro tipo: è il caso di tre medici denunciati dai NAS di Reggio Calabria per aver prestato servizio in un ambulatorio privato sebbene assunti con contratto in esclusiva dalle aziende sanitarie pubbliche. O dei NAS di Perugia che hanno scoperto un radiologo che svolgeva attività privata in un altro ospedale, mentre si fingeva in malattia e due infermieri che effettuavano esami del sangue per privati, attestando falsi ricoveri.
Le ispezioni sono state condotte nei mesi estivi dai NAS effettuando accessi in 1.364 tra ospedali, ambulatori e cliniche, sia pubblici che privati in convenzione con il SSN, analizzando 3.884 liste e agende di prenotazione per prestazioni ambulatoriali relative a diverse tipologie di visite mediche specialistiche ed esami. Sono finiti sotto la lente dei Carabinieri anche istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e strutture private accreditate. Obiettivo dell’operazione: accertare il rispetto dei criteri che il Piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) prevede per assicurare il corretto accesso alle prestazioni del SSN e garantire l’equa e tempestiva erogazione dei servizi sanitari.
Prestazioni rinviate per allungare le ferie del personale sanitario
I dati dell’indagine hanno portato alla luce 1.118 casi di affanno delle strutture ospedaliere nella gestione delle liste di attesa, con rallentamento dei tempi previsti dal PNGLA nel 29% dei casi. I ritardi sono dovuti anzitutto a “carenze funzionali e organizzative dei presidi ospedalieri e degli ambulatori, diffusa carenza di personale medico e tecnici specializzati, mancanza di adeguati stanziamenti ed attrezzature”. Un rallentamento che in 138 casi non ha consentito di rispettare le classi di priorità (urgente, breve e differibile), con le visite mediche riprogrammate ‘con calma’ in 120 giorni. In 195 situazioni i NAS hanno scoperto la sospensione o la chiusura delle agende di prenotazione con procedure non consentite. Ma c’era anche chi slittava le visite per andare in ferie. Come quattordici tra dirigenti e medici, scoperti dai Carabinieri a Palermo, Reggio Calabria, Latina e Udine e denunciati per interruzione di pubblico servizio per aver chiuso le agende di prenotazione a luglio e agosto, posticipando le prestazioni “al fine di consentire al personale di poter fruire delle ferie estive o svolgere indebitamente attività a pagamento”.
Tempi d’attesa eterni e diritto alla salute negato
Il caos delle liste allungate da favoritismi e imbrogli peggiora lo scenario, già a tinte fosche, dei ritardi nelle prestazioni. A monitorare i tempi per le visite specialistiche in quattro regioni d’Italia – Lazio, Emilia Romagna, Liguria e Puglia – ad esempio, è l’ultima indagine di Cittadinanzattiva di luglio scorso. Uno studio condotto su tre Asl per ogni regione su sei diverse visite ed esami (visita cardiologica, ginecologica, pneumologica, oncologica, ecografia addominale, mammografia), realizzato nell’ambito della campagna di mobilitazione permanente “Urgenza sanità” promossa dall’associazione dei consumatori, abbinata a una petizione per chiedere il superamento delle liste di attesa.
Mentre i dati di Emilia Romagna e Lazio pur essendo critici non destano preoccupazione, il report fotografa una situazione desolante in Puglia, con picchi dello 0% di rispetto dei tempi per una visita pneumologica o oncologica all’ASL di Lecce con priorità D (entro 30/60 giorni). Non va meglio a Bari dove il rispetto dei tempi è garantito solo nel 9,38% dei casi per una visita ginecologica con priorità B (entro 10 giorni) e nel 14,39% per un’ecografica completa all’addome con priorità B. Va molto male anche in Liguria dove si devono aspettare 159 giorni nell’AS Ligure 1 (Imperia) per una visita cardiologica con priorità D. Se ne aspettano 253 per una mammografia con priorità P, nell’AS Ligure 5 (Spezzino), e ben 270, pari a cinque volte quelli previsti dalla legge, per un’ecografia addominale completa con priorità D, nell’AS Ligure 3 (Area metropolitana di Genova).
Un terzo degli italiani rinuncia alle cure o paga di tasca propria
A fronte di tempi d’attesa biblici un terzo degli italiani (33,3%) ha dichiarato di aver rinunciato nel 2022 a prestazioni o interventi sanitari per indisponibilità delle strutture sanitarie e liste di attesa troppo lunghe, andamento che è aumentato nel 2023, secondo quanto rivelano i dati del Rapporto sul Sistema sanitario italiano “Il termometro della salute”, curato da Eurispes ed Enpam.
Quando non rinunciano alle cure, gli italiani scelgono di spendere di tasca propria per prestazioni e farmaci in tutto o in parte (pagamento di un ticket) non coperti dal SSN annualmente quasi 40 miliardi di euro. Infine sono sempre di più coloro che scelgono di stipulare un’assicurazione sanitaria per accorciare i tempi e rivolgersi a cliniche e ambulatori privati.
settembre 2023