Alla fine di novembre la Commissione europea ha deciso di prorogare per altri 5 anni l’autorizzazione a usare in agricoltura il glifosate (glifosato, nel linguaggio comune), un diserbante economico, efficace e molto diffuso che però è finito nell’elenco delle sostanze probabilmente cancerogene.
Non è stata una decisione facile: vietarne l’uso significava rischiare una perdita di competitività economica rispetto al resto del mondo dove il potente diserbante è usato senza limiti.
Al momento non esistono erbicidi così efficaci e l’unica alternativa sarebbe l’eliminazione meccanica delle infestanti e la rotazione delle colture, con un notevole aumento dei costi agricoli.
«Permetterne ancora l’impiego, come è stato fatto, vuol dire però non applicare il principio di precauzione nei confronti di un prodotto che suscita molti dubbi in termini di salute umana e ambientale», spiega Rolando Manfredini, responsabile sicurezza alimentare di Coldiretti.
«Per questo la decisione europea di prolungarne l’uso era stata rinviata molte volte: la Germania, che si era sempre astenuta, stavolta ha detto sì, mentre Francia e Italia (contrarie) hanno già promesso di adottare politiche più forti di quelle della Ue, mettendo il pesticida fuorilegge rispettivamente a partire dal 2022 e dal 2020».
Nel frattempo sono arrivate le contestazioni. «L’industria chimica conta su questi 5 anni di proroga per mettere a tacere i problemi», dichiara la Coalizione #StopGlifosato, che raccoglie 45 associazioni italiane tra cui Legambiente, Greenpeace e l’Associazione culturale pediatri. Slow Food ha definito questa decisione una catastrofe ambientale ed ecologica.
In Italia si può usare solo come diserbante pre-semina e non sulle colture «Le ricerche scientifiche ci dicono che nel 45% dei terreni europei ci sono tracce di glifosato e che le particelle vengono disperse nell’ambiente con il vento e la pioggia, inquinando le falde acquifere e danneggiando non solo le difese naturali delle piante, dei funghi e degli organismi viventi del suolo ma anche la nostra salute», afferma il fondatore Carlo Petrini.
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Articolo pubblicato sul n. 52 di Starbene in edicola dal 12/12/2017