di Gianluca Liva, dell’associazione Factcheckers
Come ogni anno, con grande puntualità, sono comparse su Facebook varie foto accompagnate da una lunga didascalia che mostrano le losche procedure cliniche finanziate da Telethon, la fondazione che si occupa raccolta di fondi per la ricerca medica.
Le fotografie mostrano animali soffrenti durante quelle che dovrebbero essere pratiche di sperimentazione. Il monito che leggiamo è sempre quello: la ricerca che viene finanziata utilizza metodi che procurerebbero alle cavie terribili sofferenze.
Le foto che circolano in questo periodo sono state scattate in altri contesti e in altri anni. Una in particolare mostra una scimmia mentre viene “marchiata” con una penna da uno scienziato. Si tratta di una foto scattata addirittura nel 1947. Telethon, però, è nata nel 1966 negli Stati Uniti e in Italia è arrivata solo nel 1990. La fotografia immortala, tra l’altro, una delle fasi di ricerca per combattere la poliomelite, una battaglia contro la malattia che si risolse in una vittoria per tutta l’umanità, grazie alla creazione del vaccino.
I testi che accompagnano immagini crude come in questo caso puntano il dito contro i metodi disumani impiegati nella sperimentazione animale e tirano sempre in ballo il termine “vivisezione”. Tutto ciò non è possibile. La normativa italiana che regola la sperimentazione sugli animali è ferrea e tiene notevolmente in considerazione la salute e la sofferenza dell’animale.
Su bufale.net è stata fatta una ottima analisi del testo di legge, in cui punto per punto emerge la rigorosità che lo contraddistingue. In più, in nessun caso si può parlare di vivisezione. L’uso del termine “vivisezione” per apostrofare dispregiativamente la pratica della sperimentazione animale è ora legalmente considerata diffamazione. Come riportato da Il Sole 24 Ore, “È del 19 luglio la sentenza 14694/2016 della III sezione civile della Cassazione a carico della promotrice di un sito internet contro l’utilizzo degli animali a scopo scientifico, che aveva utilizzato il termine “vivisettori” con chiara connotazione invettiva per definire i ricercatori di un istituto in cui vengono impiegati animali per esperimenti scientifici”.
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Articolo pubblicato sul n. 5 di Starbene in edicola dal 16/1/2018