I farmaci antiacidi più famosi per combattere il reflusso gastroesofageo, gli inibitori della pompa protonica (Ppi), hanno conquistato la notorietà proprio grazie alla loro efficacia: spengono in fretta quel dolore terribile che l’acido prodotto dallo stomaco provoca risalendo nell’esofago.
«Il rovescio della medaglia è che spesso se ne abusa, mettendo a rischio la salute», commenta Marco dal Fante, gastroenterologo responsabile del servizio di endoscopia di Humanitas Pio X di Milano. «Su questo punto è intervenuta l’Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti ospedalieri (Aigo) con dati preoccupanti: un paziente su 2 assume gli inibitori senza averne bisogno.
Il problema? Si è rilevato un aumento delle segnalazioni di eventi avversi da uso prolungato di Ppi, fra i quali l’osteoporosi, per ridotto assorbimento del calcio, o lo sviluppo di polipi gastrici fundici, delle specie di cisti per fortuna non precancerose, ma da controllare».
Che fare? «Questi farmaci vanno prescritti dallo specialista dopo aver valutato se fare una gastroscopia e verificato che non ci sia una infezione da Helicobacter da eliminare preventivamente», spiega dal Fante. «Una volta prescritti, vanno presi solo per il periodo segnalato dal medico, non all’infinito o per conto proprio».
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Articolo pubblicato sul n. 26 di Starbene in edicola dal 13/07/2017