Forte, nei pensieri. Serena, nelle azioni. Felice, nel cuore. Su queste fondamenta poggia la giornalista e conduttrice televisiva Eleonora Daniele, 43 anni e una bimba, Carlotta, in arrivo a giugno, ancora al timone di Storie italiane, in onda su Raiuno, per raccontare agli italiani che cosa sta succedendo da noi e nel resto del mondo al tempo del Coronavirus. Senza sbandierare né toni eroici né allarmistici, per quanto sia incinta di sette mesi. Ed è della sua capacità di vivere con consapevole naturalezza la gravidanza che ha parlato a Starbene.
Eleonora, come sta procedendo la situazione?
Sto bene, va avanti nel migliore dei modi. I controlli medici sono positivi, la bambina cresce, si muove, scalcia. Intanto, io sto tenendo sotto controllo il peso. Da un mese, non mangio più dolci. Mi stavo appassionando troppo a quelli con la crema, l’unica voglia che ho avuto in gravidanza! Per il resto, seguo una dieta sana ed equilibrata: proteine, tanta verdura, pochi carboidrati - solo un piatto di pasta in bianco - e frutta secca. In piccole quantità. È buona e smorza la fame. Da settembre non tocco vino, solo acqua. Ho rinunciato anche alla Coca Cola, che i primi mesi mi ha aiutato a contenere una forte nausea. Per fortuna, è passata e adesso non ne ho più bisogno. Togliendo le bibite gassate e gli zuccheri, l’esame della curva glicemica mi ha dato ragione: è tutto nella norma.
Insomma, hai una gravidanza tranquilla in tutti i sensi…
Fin dall’inizio, l’ho vissuta come un dono di Dio. Prima di rimanere incinta, pensavo di dovermi sottoporre a qualche cura ormonale per dare una mano alla natura. Dopo i 40 anni, si fa un po’ più di fatica a concepire. Non è stato il mio caso: io desideravo moltissimo un figlio, ed ecco che è arrivato da solo in un momento speciale, praticamente con il mio matrimonio. È come se questa bambina avesse voluto vivere con me e mio marito questo periodo di felicità. Certo, sono consapevole che l’ingresso di una terza persona nella mia esistenza ha cambiato e cambierà le abitudini. Irrilevante, credo che dare la vita sia uno dei cardini più importanti dell’umanità.
La felicità di diventare madre incoraggia anche la tua professione?
Una donna incinta non è una donna malata. Se sta bene, come sto bene io, può tranquillamente lavorare fino al nono mese, come dice la legge sulla maternità. Su questo punto, non ho dubbi: credo che sia un diritto da rispettare quello di poter esistere in ambito lavorativo pure con il pancione. È un traguardo del mondo femminile che dobbiamo difendere, anche per onorare le lotte delle nostri madri e nonne!
Da dove trai questa forza fisica e mentale, in particolare ora, con l’emergenza sanitaria?
Da mia figlia, sicuramente. In questa fase, difficile, è la bambina che sta portando me, non viceversa. Carlotta ha un’energia trascinante, nonostante che sia grande, dice la ginecologa, come un cesto d’insalata. Non so, il mio sesto senso di madre mi fa immaginare che sia un esserino forte e capace di darmi coraggio.
Non hai paura per te e per lei?
Dalla mia parte ho una certezza “scientifica”: gli specialisti mi hanno rassicurato che non c’è trasmissibilità del virus tra madre e feto, e ciò mette al riparo da rischi. Detto questo, prendo tutte le precauzioni igienico-sanitarie per scongiurare il pericolo: in studio tutto è sanificato, non ci sono ospiti e collaboratori, mi trucco, pettino e vesto da sola. No, non ho paura. Rischi non ne corro, e per carattere è nei momenti difficili che tiro fuori la “tigre che c’è in me”. Semmai, la mia preoccupazione attuale investe la stabilità del Paese. Adesso, quello che mi spaventa di più è il post-epidemia: l’incapacità di prevedere un futuro prossimo per l’Italia, soprattutto da un punto di vista economico e sociale.
Cosa ti manca di più in questa quarantena collettiva?
La mia famiglia, che abita a Padova e che non posso vedere. Soprattutto mia madre, anziana: mi preoccupo più di lei che di me. Amici, feste, divertimento? Non uscivo prima, non esco ora: sono una persona solitaria per natura, e dopo una settimana di lavoro intenso mi piace passare il weekend in casa e avere tempo per coltivare i miei interessi, scrivere per esempio. Certo, in tempi normali ad aprile iniziavo ad andare al mare, non riuscirò a farlo quest’anno. Peccato, guardare l’acqua mi dà una grande sensazione di pace, di libertà. E di protezione, circondata da una natura sterminata come il mare.
Parlando di futuro, che mondo immagini per tua figlia?
Non penso che ci sarà un mondo migliore, spero che lei faccia qualcosa per renderlo più bello. La vita è fatta di passato, presente e futuro e, purtroppo, ci ritroveremo sempre davanti a pregiudizi, ignoranza, prospettive sbagliate, individualismo. Però, una cosa me la auspico: Carlotta sarà un cittadino migliore perché proverò a insegnarle ad affrontare la vita nella maniera più giusta possibile. È l’educazione che i genitori danno ai bambini che può modificare il corso dell’umanità. Sono le persone che cambiano il mondo, non è il mondo che cambia rispetto al tempo che passa.
Sogni nel cassetto per Carlotta?
«La vedo pittrice. È una proiezione strana, il disegno non è una mia passione. Magari in questo transfert c’è il ricordo di mia nonna Carlotta, lo stesso nome che darò alla piccola. Disegnava su stoffa quadri che poi ricamava. Ecco, mia figlia prenderà qualcosa da questa nonna, importantissima nella mia infanzia. Mi ha amato moltissimo, e sentire la sua presenza affettuosa e costante mi ha dato la possibilità di vivere con una personalità, la mia, forte. Una donna che era legata a me da un cordone ombelicale, e da nonna a nipote e da madre a figlia questo cordone non si è mai spezzato.
C’è un messaggio speciale che vuoi mandare ai nostri lettori?
Ora la situazione generale è pesante e drammatica, niente e nessuno deve essere dimenticato. Però, non dobbiamo inventarci molto, anzi rispettiamo questo stop all’attivismo a tutti i costi. Finora siamo andati troppo veloci, adesso è il momento di fermarci. La pandemia è un messaggio della natura che ci deve fare riflettere, e molto. In silenzio, per ascoltare chi ci sta accanto, chi sta male, chi ha bisogno di noi. Per mettere da parte, in fondo, il nostro egoismo.
LA GRAVIDANZA "OVER" AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
«Raramente la donna incinta contrae infezioni pericolose, perché gode di una protezione ormonale e di un sistema immunitario efficiente», spiega Antonio Canino, ginecologo all’ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. Il bambino poi, sembrerebbe al sicuro.
Non ci sono infatti evidenze scientifiche che dimostrino la possibilità di una trasmissione del Covid-19 da madre a feto. Inoltre, al contrario di quanto si è visto per l’influenza normale, in caso di malattia la gravidanza e il parto non aggravano i sintomi, compresa la polmonite.
Infine, non esistono indicazioni al cesareo “obbligatorio” in caso di infezione: si valuta in base alle condizioni della madre e del bambino. «Secondo l’Oms, se la mamma prende il Coronavirus in forma lieve, può anche allattare», aggiunge Canino.
Per il resto, le Società scientifiche di ginecologi, neonatologi, pediatri, ostetriche e anestesisti-rianimatori hanno varato un documento congiunto in cui si raccomanda alle future mamme di seguire le stesse norme di sicurezza anti-Covid 19 valide per tutti, innanzitutto l’igiene delle mani. Anche il tampone va effettuato solo in presenza di sintomi conclamati. Insomma, il rischio virus non riserva attenzioni particolari in gravidanza.
«Come sempre, per le donne over 40 il decorso standard richiede qualche attenzione in più», aggiunge Canino. «Con l’avanzare degli anni aumenta il rischio di gestosi (ipertensione arteriosa e insufficienza renale) e di diabete gestazionale». Problemi che si allontanano cercando di mantenere (nonostante la “clausura”) un’attività fisica regolare fino alla fine del terzo trimestre perché si instaurano, infatti, spesso nelle donne che acquistano troppi chili in gravidanza: non bisogna superare i 14.
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Articolo pubbicato nel n° 15 di Starbene, in edicola e nella app dal 24 marzo 2020