Come essere sicuri che una tisana alla camomilla non contenga anche altre erbe? Che un trancio di pesce spada non sia addirittura carne di squalo? O ancora che una carne macinata di manzo non sia stata mischiata con altra di suino? Con il "Dna barcoding", il codice a barre del Dna. Ovvero un'etichetta speciale: garantisce che i prodotti acquistati corrispondono a quanto riportato sulle confezioni, grazie all’analisi del Dna dell’alimento, che viene confrontato con una sequenza depositata in database internazionali.
«Negli Stati Uniti è già una realtà con controlli obbligatori sul pesce importato», spiega Fabrizio De Mattia, amministratore di FEM2 Ambiente, spin off accreditata dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca che effettua l’analisi su molti prodotti ittici (tranci, pesce panato o in scatola), sulle farine, tisane e tè.
Molte aziende anche in Italia, infatti, ormai chiedono il “Dna barcoding”. «Ambiscono a una certificazione di qualità su base genetica, anche se di fatto non ci sono controlli obbligatori», continua De Mattia.
Per questo FEM2 Ambiente ha creato un logo che permette al consumatore di capire quali prodotti hanno superato “l’esame del Dna”. L’analisi è possibile su tutte le specie animali e vegetali. «Sui prodotti sottoposti a elevate temperature o a processi chimici, però, può non essere efficace, perché queste lavorazioni possono deteriorare la sequenza genetica», conclude De Mattia.
Fai la tua domanda ai nostri esperti
Articolo pubblicato nel n° 20 di Starbene in edicola dal 30 aprile 2019