Non sempre la data di scadenza sulla confezione rappresenta il reale “the end” per un alimento. Ne parliamo in vista della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, che dal 2020 si celebra ogni 5 febbraio per ricordare come sprecare cibo significhi anche sciupare le risorse impiegate nelle fasi di coltivazione o allevamento, lavorazione e trasporto. Qui trovate anche alcuni cibi che, con le dovute accortezze, si possono consumare oltre la data di scadenza, più precisamente oltre il termine minimo di conservazione. Ecco come regolarsi e quali sono.
Cosa vuol dire "consumare preferibilmente entro"
Fra le prime regole anti-spreco c’è quella di interpretare bene la dicitura riportata sulla confezione, perché “da consumarsi preferibilmente entro” non significa che al sopraggiungere del giorno indicato dobbiamo gettare tutto nella spazzatura. «Questa dicitura indica il cosiddetto termine minimo di conservazione e viene utilizzata per gli alimenti che hanno una maggiore stabilità e possono essere consumati in sicurezza anche oltre le indicazioni riportate in etichetta», spiega la dottoressa Eleonora Conti, biologa nutrizionista. Più nello specifico, dopo la data di scadenza, potremmo notare una perdita di alcune caratteristiche organolettiche e nutrizionali, ma siamo sicuri dal punto di vista sanitario.
«Dunque, se l’ideale è comprare di volta in volta solo ciò che occorre, evitando di fare acquisti in eccesso, quando troviamo in dispensa un cibo scaduto, nessun allarmismo», tranquillizza l’esperta. Per capire se è ancora buono, aguzziamo la vista e l’olfatto, prestiamo attenzione alla confezione (occhio a rigonfiamenti o rotture), per poi concentrarci sul prodotto, che non deve avere alterazioni del colore o dell’odore, né segni di muffa, schiume, macchie o altri segni visibili di deterioramento.
«Se aspetto, odore e consistenza sono normali, possiamo fare un’ulteriore verifica assaggiandone una piccola quantità: quando il sapore è acre, acido o francamente rancido, meglio smaltire il cibo nell’umido per non correre rischi». Ovviamente, le regole valgono solamente se le confezioni scadute sono ancora chiuse e perfettamente integre, mentre tutto cambia per i cibi aperti, che possono essere stati contaminati attraverso l’aria, il gocciolamento di liquidi, le superfici o gli utensili della cucina, le nostre mani quando prendiamo pezzi di cibo dal pacco. Ma, in generale, la norma a cui dobbiamo sempre ricorrere è l’uso del buon senso, valutando di volta in volta il singolo alimento in tutte le sue caratteristiche. In fondo, con la crisi che imperversa, meglio imparare ad essere più saggi per evitare inutili sprechi.
- Pasta secca e riso
Mediamente, questi prodotti riportano una scadenza che si aggira intorno ai due anni, ma possono essere consumati anche dopo quel termine senza creare danni o comportare particolari rischi per la salute: si tratta di alimenti, infatti, con una percentuale molto bassa di acqua “libera”, cioè di acqua immediatamente disponibile ai microrganismi per il loro sviluppo. «A grandi linee, se conservati in un luogo fresco e asciutto, all’interno di confezioni integre, risultano ancora commestibili anche dopo uno o due mesi dalla scadenza». L’unico motivo per cui dobbiamo necessariamente buttarli è se hanno sviluppato farfalline, ragnatele, larve o parassiti visibili ad occhio nudo.
- Biscotti secchi e cracker
Se ben sigillati e conservati in un luogo fresco e asciutto, possono essere consumati in sicurezza dopo qualche mese dalla scadenza. «L’unico rischio è che perdano gran parte delle loro proprietà organolettiche, come sapore, consistenza e croccantezza, aspetto sensoriale molto importante per questo tipo di prodotti».
- Pane in cassetta o grattugiato
Se dal punto di vista sensoriale il pane in cassetta va incontro a una perdita di sapore e consistenza, può essere consumato in tranquillità anche un mese dopo il termine minimo di conservazione indicato. «Il pane grattugiato, invece, può durare anche due o tre mesi in più, a patto di essere conservato correttamente, in modo tale da evitare la formazione di umidità e, quindi, di muffa».
- Cibi in scatola
Pomodori pelati, tonno in scatola, legumi conservati, sughi pronti, sottaceti e compagnia hanno una scadenza piuttosto lunga, variabile da due a tre anni, che può essere ulteriormente superata anche di un paio di mesi se le confezioni non sono mai state aperte. «L’ingestione va evitata, invece, se notiamo la presenza di muffa oppure un odore acre».
- Olio extravergine di oliva
La vita media di un olio extravergine di oliva non è lunghissima, perché il prodotto andrebbe consumato entro 12/18 mesi dall’estrazione per godere a pieno di tutte le sue qualità organolettiche e delle preziose sostanze antiossidanti in esso contenute.
- Caffè, cioccolato e spezie
L’ideale è consumarli entro sei mesi, al massimo un anno, dalla data di confezionamento: trascorso questo arco di tempo, perderanno le loro qualità organolettiche, aspetto fondamentale per questi prodotti, ma non si corrono rischi per la salute. In particolare, anche dopo due mesi (fino a un massimo di quattro), non ci sarà nessun problema dal punto di vista della sicurezza alimentare.
- Pesce e piatti surgelati
In teoria, gli alimenti surgelati non hanno una scadenza, a patto che vengano conservati a una temperatura sempre uguale o inferiore a -18° C. La data riportata sulla confezione, però, assicura il mantenimento di tutte le caratteristiche organolettiche (qualità, colore e sapore), per cui è bene rispettarla. Detto ciò, si può sgarrare anche di uno o due mesi.
- Uova
In linea di massima, possono essere consumate fino a 28 giorni dal momento della loro deposizione, anche se il consiglio è quello di mangiarle entro 15-20 giorni. «La deperibilità delle uova è spesso correlata al tipo di cottura: se devono essere consumate crude o alla coque, meglio non andare oltre i tre giorni successivi alla data di scadenza; se invece vogliamo friggerle, possiamo arrivare a una settimana dopo la data di scadenza».
- Latte, yogurt e latticini
Qui cambia tutto, perché sui prodotti deperibili sparisce l’avverbio “preferibilmente” e resta solamente la dicitura “da consumare entro”: significa che ci troviamo di fronte a una data di scadenza vera e propria, che deve essere riportata per legge su tutti gli alimenti da conservare in frigorifero in quanto possono facilmente sviluppare microrganismi (soprattutto batteri e muffe) che non solo ne alterano aspetto, odore e sapore, ma possono anche renderli pericolosi per la salute. «In ogni caso, lo yogurt può essere consumato in sicurezza anche dopo sei giorni, ma attenzione che sia ben sigillato e che non siano presenti rigonfiamenti sulla confezione. I formaggi freschi, invece, vanno incontro velocemente a fenomeni di deterioramento: meglio consumarli entro la data riportata, ma dopo due giorni sono ancora sicuri».
Cibi senza la data di scadenza
In questa categoria rientrano diverse tipologie di alimenti, come bevande alcoliche, aceto, sale o zucchero, per cui la normativa non impone l’obbligo di riportare una data di scadenza o un termine minimo di conservazione perché si tratta di prodotti che durano nel tempo e che possiamo quindi consumare senza problemi anche sul lungo periodo.
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